Mi è venuto a trovare un caro amico, Tonino, che non vedevo da tempo. Anche se non si è mai interessato di discipline interiori, in varie occasioni gli ho detto che seguo l’antroposofia di Rudolf Steiner.
Un buon caffè, discorsi di cronaca familiare, auguri per le festività, poi ecco arrivare una sfilza di domande, vero scopo della visita: «Che significa che sei “scaligeriana”? Mi devo preoccupare? Hai aderito a qualche setta particolare, una specie di società segreta? Sapevo che tu fossi antroposofa, steineriana. Che significa che invece sei tutt’altro? Perché non me ne hai mai parlato? Si tratta di un segreto che non vuoi svelare? Mi hai detto una volta che la tua famiglia è originaria di Verona, c’è per caso una organizzazione collegata a quella città, e per questo gli adepti si definiscono scaligeriani?».
Gli chiedo a mia volta come sia pervenuto a conoscere quello che lui sembra considerare un “marchio d’infamia”, o forse solo una mia estrema ingenuità per la quale io sia stata catturata da qualcosa di tenebroso.
Mi dice di essere andato a vedere di recente, qui a Roma, insieme ad altri amici, una mostra steineriana, e che parlando con qualcuno presente in sala, ha fatto il mio nome. La risposta è stata che la persona in questione, cioè io, non è steineriana, bensí scaligeriana. Forse il tono non era dei piú encomiastici, e questo ha creato in Tonino una preoccupazione che l’ha spinto a venire a trovarmi e a farmi le domande indagatorie.
L’ho tranquillizzato dicendo che questa definizione, che non mi disonora ma della quale sono al contrario molto onorata, è stata coniata per le persone che negli anni hanno seguito gli insegnamenti di un Maestro che si chiamava Massimo Scaligero. Il quale ha vissuto sempre a Roma, non a Verona. E seguiva l’insegnamento di Rudolf Steiner, un insegnamento puramente steineriano.
«Ma la definizione che mi hanno dato mi è sembrata di contrapposizione…» ha replicato lui.
«Forse ci sarà qualche incomprensione fra le persone che seguono una disciplina interiore, per questioni di interpretazione dell’insegnamento, ma posso assicurarti che quello che Massimo Scaligero ha insegnato era tratto direttamente dall’opera, vastissima, di Rudolf Steiner» ho confermato per tranquillizzarlo.
Ma il tarlo era ormai nella sua mente e lavorava: «Forse sarà stata una persona che ha usato quello che Steiner ha detto per farsi la sua corte e trarne benefici economici. Si sarà fatto ricco a spese dei veri steineriani!».
«In realtà – ho risposto – non ha mai chiesto niente ai tanti discepoli che l’attorniavano e partecipavano alle sue riunioni, assolutamente gratuite, o che lo incontravano personalmente. Viveva con pochissimo, e il suo stile di vita poteva essere definito monastico».
A quel punto l’amico ha deposto le armi e ha iniziato a chiedermi dettagli su Massimo, sulla sua vita e anche sul suo insegnamento. Credo di avergli parlato con un certo impeto, dovuto alla mia profonda devozione verso il nostro Maestro, devozione che riservo in ugual misura per colui che Massimo definiva il Maestro dei Nuovi Tempi: Rudolf Steiner.
Non avevo mai parlato con l’amico Tonino di Scienza dello Spirito, anche perché non lo vedevo interessato, e sappiamo bene che non si deve mai fare del proselitismo: aspettiamo che le domande ci vengano poste, e solo allora rispondiamo, senza andare oltre quanto è di interesse della persona.
Ma in questo caso le domande sono arrivate, e tante. Dalla preoccupazione, l’amico è passato alla curiosità, e dalla curiosità al profondo interesse. In breve, è andato via con due libri di Massimo e uno di Steiner. E credo che in lui il seme sia stato gettato: spero che germoglierà, fiorirà e fruttificherà.
Ogni occasione che si presenta come negativa può trasformarsi in positiva, cosí il karma lavora!
Noi dobbiamo unire e non dividere, ma gli Ostacolatori sono sempre pronti a insinuarsi proprio all’interno dei gruppi in cui si porta avanti un lavoro spirituale. Lo fanno attraverso alcuni che si esprimono con l’intento di giungere al disaccordo, alla disarmonia. Forse in loro c’è un problema irrisolto, fisico o mentale, e noi dobbiamo aiutarli, ma allo stesso tempo è importante vigilare perché quella disarmonia non ostacoli o rallenti il percorso già difficile degli altri. Questo avviene non solo in presenza, nelle riunioni, ma anche sui social, in cui ci si esprime liberamente e spesso con le parole si può nuocere, insinuando dubbi, stigmatizzando persone, o abbassando con frasi irridenti il livello che si cerca a fatica di tenere alto.
Per Massimo il “tenere alto il livello” era la cosa piú importante durante le sue riunioni. Dalle registrazioni che ci sono rimaste, alcune delle quali si possono ascoltare in rete, si può capire come dalla iniziale frase a volte spiritosa, dalla battuta a commento di una domanda che gli veniva rivolta su quei foglietti che trovava sul tavolo, ai quali dava risposta, ci fosse per lui la necessità, ogni volta, di salire di livello, di portare il discorso dal colloquiale tono iniziale a quello in cui fluiva l’insegnamento spirituale piú alto. Il crescendo avveniva durante tutta la riunione, dalla prima all’ultima domanda e fino al momento del saluto. Il suo desiderio sarebbe stato che ognuno, a quel punto, trattenesse in sé il piú possibile il livello raggiunto, tornando a casa silenziosamente, con quel dono che il mondo spirituale, attraverso di lui, aveva elargito.
Questo purtroppo era difficile ottenerlo, nonostante lui l’avesse chiesto ripetutamente. Subito dopo la sua uscita, infatti, i convenuti, felici di incontrarsi settimanalmente, davano il via a discorsi amichevoli, a battute scherzose, e spesso alcuni di loro decidevano di andare za cena insieme. Questo per Massimo era un dolore: vedeva sciupata in pochi attimi tutta la fatica compiuta per arrivare al livello di spiritualità che l’incontro richiedeva. Ma, come si dice, la carne è debole… e a quell’ora la fame si faceva sentire. Niente di meglio che andare a mangiare in piacevole compagnia in una bella pizzeria!
Essere fedeli agli insegnamenti dei Maestri richiede sacrificio, e in una vita già tanto difficile nei rapporti umani e lavorativi, lasciarsi andare senza troppo preoccuparsi di consigli o di regole di comportamento può apparire liberatorio. Non è la nostra una “via di libertà”?
Con il tempo però, e con una piú attenta osservazione, ci rendiamo conto che quei consigli non sono dati per esercitare su di noi una costrizione o un livellamento, al contrario servono a rendere piú vigile la nostra coscienza, piú partecipe di quanto accade intorno e dentro di noi. E soprattutto serve a superare le contrapposizioni, le “schedature”, come quella che tanto ha preoccupato l’amico Tonino!
Marina Sagramora