La Natura canto e l’Amore:
della Natura l’amore,
dell’Amore la natura.
E te, Natura, che risorgi
dopo un lungo inverno
ho atteso:
come promessa
di resurrezione
dal dolore dell’anima;
da solitudine,
che nel destino spera.
E cosí sia,
ora che sei rinata!
Nelle fronde degli alberi
m’immergo
come in un verde mare
e respiro… respiro…
Come Dafne
che un alloro divenne,
io voglio
tutti voi diventare,
altissimi ailanti e robinie,
magnolie, tigli e abeti.
Nulla è di voi piú bello!
Alda Gallerano
Scagliare una pietra
sull’acqua,
lontano:
guardare i cerchi
allargarsi
e poi
assottigliati
finire nel nulla.
Sedere
sugli scogli,
lasciarsi bagnare
dagli spruzzi
dell’acqua
salmastra
e superare
la luce
con il pensiero:
vuol dire parlare
con la natura
e non essere
mai soli,
anche se intorno
c’è solo il silenzio.
Liliana Macera
Nascere
spianarsi
su curva di mondo
per poi ergersi
con sforzo verso il cielo
in continua speranza
verticale
e tutto respirare
in sacro destino
da scoprire
con altalena di vita
scivolosa sul fianco
del corpo che cede
immancabilmente cede
senza torcere
un solo pelo
in piú del conto
approssimato
in siderali distanze.
Cedere
e ancora vivere
in rinnovato giorno
di nascita
per sé, per la madre
sacrificata
al momento confuso
nel supremo dubbio
del parto
nell’urlo salvifico di tanta
fragile carne
che fino alla fine si muove
nel crescere
nel cedere
in continuo canto.
Marina Coli
COME UNA PALUDE
Ho preso
un po’ di vantaggio
alla pioggia,
cosí mentre avanzo
di buon passo,
si bagnano solo i ricordi
di quello che ero
e potevo
e resta asciutto
il disincanto
per ciò che sono
e non posso,
non voglio piú.
E tratteggio
di lacrime il suolo
per restare attaccato
al presente
e, come una chiocciola,
rallento, rintano
e fingo di essere in pace.
La pioggia mi ha raggiunto:
ovunque mi volga,
mi rigo la faccia;
ovunque cammini,
ritrovo una pozza
e mi sento come un biscotto
inzuppato nel caffellatte.
E ricordo un dente da latte
caduto nel caffellatte
mentre leggevo i prodigi
del Marchese di Carabas.
C’era una luce soffusa
in cucina, di sole
trattenuto da una tenda
in quella domenica
di forse giugno:
dalla parte opposta
del tavolo, la spianatoia,
un grembiule fiorito,
un sorriso, e il palmo
che raccolse quel dente
e lo tenne sempre con sé.
Era piú facile
correre e sudare,
essere Cruijff o Rensenbrink.
E poteva anche piovere.
E si poteva anche piangere.
Erano tempi
in cui essere liquidi
significava essere scorrevoli.
È adesso che si rimpozza,
come una palude.
Luca Massaro