Dobbiamo dirci: allora dietro il variopinto arazzo del mondo dei sensi, dietro ciò che il senso del calore percepisce come caldo o freddo e cosí via, si nasconde una realtà illimitata. Dovrebbe quindi avere un’influenza su di noi solo ciò che percepiamo, o solo quella realtà che percepiamo? È logicamente sostenibile solo se pensiamo che attraverso la nostra percezione ci viene data una parte, una porzione dell’intera realtà, che dietro a ciò che ci può essere dato attraverso la nostra percezione si nasconde una realtà illimitata, che è reale anche per noi, perché siamo inseriti in essa, in modo che ciò che là fuori ondeggia e vive continui a vivere per noi e abbia un’influenza su di noi. Ma come si presenta quindi la nostra vita quotidiana da svegli? Allora dovremmo immaginare la vita quotidiana da svegli in modo tale – e non c’è altra possibilità – da dire: apriamo i nostri sensi, la nostra facoltà cognitiva a un’immensità e ci confrontiamo con questa immensità. Avendo tali occhi, tali orecchie, tale senso del calore e cosí via, poniamo di fronte a noi una certa parte della realtà; rifiutiamo l’altra, ci difendiamo da essa, per cosí dire, la escludiamo da noi. In che cosa consiste la nostra attività cosciente? Consiste in una resistenza, nell’esclusione di qualcos’altro. E mentre sforziamo i nostri organi sensoriali, tratteniamo qualcosa che non viene percepito. Ciò che percepiamo è ciò che rimane di quello che è diffuso intorno a noi e che in gran parte respingiamo. In questo modo, ci sentiamo attivamente coinvolti nel mondo, ci sentiamo connessi ad esso. Attraverso la nostra attività dei sensi ci difendiamo, per cosí dire, dalla moltitudine delle impressioni, non riuscendo – metaforicamente parlando – a sopportare l’intera incommensurabile infinità e recependone solo una parte. Se pensiamo in questo modo, dobbiamo pensare a relazioni tra tutto il nostro organismo, tra tutta la nostra corporeità e il mondo esterno ben diverse da quelle che possiamo percepire o comprendere con il nostro intelletto. Allora non è piú cosí lontano per noi pensare che queste relazioni che abbiamo con il mondo esterno vivano dentro di noi, che l’invisibile, il sovrasensibile o l’extrasensoriale sia attivo anche dentro di noi, che l’extrasensoriale, essendo attivo dentro di noi, si serva dei sensi per fabbricare una parte dell’incommensurabile intero della realtà.
Ma allora il nostro rapporto con la realtà è ben diverso da quello che possiamo percepire attraverso i nostri sensi. C’è dunque qualcosa nella nostra anima in relazione al mondo esterno che non si esaurisce con la percezione dei sensi, che sfugge alla nostra coscienza diurna di veglia – quindi è come se dovessimo stare davanti a uno specchio con il nostro essere e dire a noi stessi: “Tu sei fondamentalmente qualcosa di molto diverso; lo specchio ti mostra solo la forma, forse anche i colori; ma tu pensi interiormente, senti interiormente, lo specchio non può mostrarti tutto questo, ti mostra solo ciò che dipende dalle sue leggi. Ma in quanto anima in relazione al tuo organismo, sei qualcosa di molto diverso da ciò che i tuoi sensi ti mostrano; essi ti limitano a ciò che è appropriato alle loro leggi. Cosí, di fatto, quando ti trovi di fronte al mondo – come è nel caso dello specchio – ti trovi di fronte a un mondo che diventa possibile solo attraverso l’organizzazione dei tuoi sensi!”.
Se pensate a questa idea fino in fondo, non sarete piú sorpresi dal fatto che in effetti tutta la vita della nostra coscienza diurna di veglia dipende molto dall’organizzazione dei nostri organi di senso e del nostro cervello, proprio come ciò che vediamo di noi stessi nello specchio dipende dalla natura dello specchio. Chiunque si guardi allo specchio e veda un volto deformato, che gli si presenta davanti come una caricatura, ammetterà volentieri che l’immagine non dipende da lui, ma dallo specchio. Cosí, ciò che percepiamo dipende dall’organizzazione del nostro apparato speculare e la nostra attività mentale è limitata, riflessa su se stessa, per cosí dire, dal rispecchiarsi nella vita fisica. Allora non c’è da stupirsi – cosa che può essere dimostrata anche fisiologicamente – che una parte dipenda dal fisico, nel senso che questa o quella cosa avviene nella coscienza in un modo o nell’altro perché, se deve diventare la nostra coscienza, la nostra conoscenza, tutto ciò che l’anima fa dipende dall’organizzazione del nostro corpo. L’osservazione ci mostra che i concetti che inizialmente avevamo solo costruito corrispondono perfettamente ai fatti. L’unica differenza è che la nostra fisicità è uno specchio vivente. Lo specchio in cui guardiamo lo lasciamo cosí com’è. Tuttavia, c’è una cosa che possiamo fare per alterare il riflesso: se respiriamo sullo specchio, questo non riflette piú correttamente. Ma il riflesso nella nostra fisicità, che sperimenta l’attività della nostra anima, è legato al fatto che, mentre ci riflettiamo nella nostra fisicità, il riflesso stesso è un’attività, un processo nella nostra fisicità e che rappresentiamo davanti a noi stessi come un’attività ciò che appare sotto forma di riflesso.
Cosí la vita del corpo si presenta a noi nello stesso modo in cui, in una determinata relazione, scriviamo ciò che pensiamo e poi abbiamo le lettere delle parole davanti a noi. È cosí che scriviamo l’attività dell’anima nella nostra vita corporea. Ciò che l’anatomista documenta sono solo le lettere, l’aspetto esterno, perché se la osserviamo solo nella vita corporea non osserviamo completamente la nostra vita animica, la osserviamo completamente solo se la osserviamo indipendentemente dalla vita corporea. Ma questo lo può fare solo il ricercatore spirituale che osserva la vita dell’anima cosí come si riflette nella vita di veglia. Si scopre che la vita dell’anima è come un architetto che costruisce qualcosa durante la notte e ne è il demolitore nella vita diurna.
Ora abbiamo davanti a noi la vita dell’anima nello stato di veglia e di sonno e dobbiamo pensare che nello stato di sonno essa sia indipendente dalla vita del corpo, proprio come il cavaliere è indipendente dal cavallo. Ma allo stesso modo in cui il cavaliere usa il cavallo e consuma la sua forza, l’anima consuma l’attività del corpo in modo che i processi chimici si svolgano come le lettere della vita dell’anima. Cosí arriviamo a un punto in cui abbiamo talmente consumato la vita del corpo, in quanto è limitata ai sensi e al cervello, che l’abbiamo per il momento esaurita. Dobbiamo poi iniziare l’altra attività, avviare il processo inverso e ricostruire ciò che è stato distrutto. Questa è la vita del sonno, per cui dall’anima svolgiamo sul nostro corpo due attività opposte. Quando siamo svegli, abbiamo intorno a noi il nostro mondo fatto di alti e bassi, di gioie e dolori, di sentimenti e cosí via. Ma mentre li abbiamo davanti, consumiamo la nostra vita corporea, in pratica la distruggiamo in continuazione. Mentre dormiamo, siamo gli architetti, ricostruiamo ciò che abbiamo distrutto durante la vita di veglia.
Cosa percepisce il ricercatore spirituale? Percepisce l’attività architettonica in immagini particolari, come veri movimenti che si avvolgono su se stessi, questa ricostruzione è come un processo reale che è l’inverso della normale vita diurna. Non è davvero una fantasia parlare di riconoscere in questi movimenti che si intrecciano quella misteriosa attività che l’anima compie nel sonno e che consiste nel ripristinare ciò che abbiamo distrutto nella vita diurna. Da ciò deriva la natura sana e necessaria del sonno.
Ora, perché la vita di sonno è tale da non arrivare alla consapevolezza? Sí, perché la vita di veglia arriva alla coscienza? È perché abbiamo qualcosa di simile a un’immagine speculare nei processi che svolgiamo nella vita diurna; ma quando svolgiamo l’altra attività, il ripristino di ciò che è stato consumato, non abbiamo nulla in cui esso possa riflettersi. Ci manca lo specchio per farlo. Anche in questo caso, solo il ricercatore spirituale può mostrare cosa c’è alla base di tutto ciò. Da un certo punto in poi, il ricercatore spirituale non solo sperimenta l’attività dell’anima, come l’ho descritta, come un ricordo onirico dal sonno, ma come se non dipendesse affatto dallo strumento del corpo, cosí da poter percepire un’attività che si svolge solo nello spirituale. Allora può dire a se stesso: ora non stai pensando con il tuo cervello, ora stai pensando in forme completamente diverse, ora stai pensando immagini indipendenti dal tuo cervello.
Ma il ricercatore spirituale può arrivare a sperimentare qualcosa di simile a quanto descritto, solo quando percepisce che il tutto, che quando si addormenta si trova intorno a lui come una sorta di nebulosa, non scompare, ma quella nebbia, che è percepibile nelle tempie, nelle articolazioni, nella colonna vertebrale, diventa qualcosa dalla quale si riflette ciò che fa – proprio come si rispecchia ciò che sperimentiamo nella vita corporea grossolana – quando può limitare e ritirare la sua attività all’interno di se stesso.
Tutta la differenza tra la vera chiaroveggenza e la normale vita diurna consiste nel fatto che la vita diurna, per diventare cosciente dell’attività dell’anima, ha bisogno di un altro specchio, utilizzando a questo scopo il corpo, mentre l’attività del chiaroveggente, quando si irradia come attività dell’anima, è cosí forte che il raggio che la emana viene richiamato in sé. In questo modo, per cosí dire, avviene un riflesso della propria esperienza interiore, in un organismo spirituale. In questo organismo spirituale la nostra anima è fondamentalmente nel buio, anche se siamo ricercatori spirituali. È lí che si diffonde. E non possiamo affrontare l’intera vita del sonno se non ci rendiamo conto che in realtà i nostri processi corporei – tutto ciò che l’anatomia, la fisiologia può indagare – non fanno altro che rispecchiare i processi dell’anima, e che questi processi dell’anima vivono sempre in un’esistenza spirituale dal momento in cui ci addormentiamo fino al risveglio. Se pensiamo il contrario, non possiamo assolutamente farcela. Dobbiamo quindi parlare, per cosí dire, di una misteriosa vita animica che non può entrare nella coscienza mediata dal corpo. Se quindi si vedono apparire nella coscienza di una persona idee alle quali non ha prestato attenzione per molto tempo, allora bisogna dire che nella persona è presente qualcos’altro oltre alle idee della vita animica cosciente che sono assorbite dall’attenzione.
Ho già detto che è un gioco da ragazzi confutare le cose che sono una realtà per lo scienziato spirituale. Ma sono vere. La ricerca spirituale deve parlare del fatto che gli uomini hanno a che fare con il corpo fisico, che vediamo con gli occhi e possiamo afferrare con le mani, di cui conosciamo anche l’anatomia e la fisiologia. Abbiamo inoltre un membro interno all’essere umano, il corpo astrale, che è il portatore di tutto ciò che l’essere umano riceve con consapevolezza, ciò che sperimenta realmente durante la sua vita quotidiana, in modo tale che può riceverlo riflesso dal corpo. Tra il corpo astrale e il corpo fisico si trova il portatore di quelle che sono idee che rimangono ignorate per anni, ma che poi vengono fatte emergere nel corpo astrale e sono quindi vissute. In breve, stiamo parlando del fatto che tra il corpo astrale, portatore di coscienza e il corpo fisico è attivo il corpo eterico dell’essere umano. Questo corpo eterico non è solo il portatore di quelle idee ignorate, ma anche il costruttore dell’intero corpo fisico.
Cosa succede in realtà durante il sonno? Si verifica che il corpo astrale, il portatore della coscienza, esce dal corpo fisico e dal corpo eterico con l’Io, cosí che si verifica una scissione della natura umana. Quando l’uomo è in stato di veglia, il corpo astrale è all’interno del corpo fisico e del corpo eterico con l’Io e i processi del corpo fisico agiscono come processi speculari attraverso i quali tutto ciò che si verifica nel corpo astrale arriva alla coscienza. La coscienza è il riflesso delle esperienze attraverso il corpo fisico, non dobbiamo quindi confondere la coscienza con le esperienze stesse. Quando nell’essere umano comune il corpo astrale fuoriesce nel sonno, inizialmente non è in grado di recepire nulla nel mondo astrale. L’essere umano è allora inconsapevole.
Quale capacità ottiene ora il ricercatore spirituale diventando consapevole delle cose anche durante il sonno, anche se non si avvale del suo cervello? Lí acquisisce la capacità di percepire e di essere in grado di riflettere la sua attività animica in qualcosa che tesse e vive per lui tra le cose in modo tale da poter essere percepita nella coscienza diurna di veglia allo stesso modo del proprio corpo eterico. Il corpo eterico dell’uomo è intessuto di ciò attraverso cui l’uomo chiaroveggente percepisce; cosí per l’uomo chiaroveggente il mondo esterno diventa speculare, come per la vita animica dell’uomo normale la corporeità fisica diventa speculare.
Esistono stati intermedi tra la veglia e il sonno. Uno di questi stati intermedi è il sogno. Per quanto riguarda la sua origine, la ricerca spirituale mostra che il sogno si basa in realtà su qualcosa di simile alla chiaroveggenza, solo che quest’ultima è qualcosa di addestrato, mentre il sogno è sempre fantastico. Una persona che lascia il corpo astrale perde la possibilità di percepire il riflesso della sua vita animica attraverso il corpo fisico. Ma in determinate condizioni anomale, che si verificano per ogni essere umano, egli può ricevere la capacità di rispecchiare le esperienze dell’anima attraverso il corpo eterico. Infatti, non dobbiamo considerare solo il corpo fisico come uno specchio, ma anche il corpo eterico, perché finché il mondo esterno ci fa un’impressione, è in realtà il corpo fisico che agisce da specchio. Ma quando facciamo silenzio dentro di noi stessi ed elaboriamo le impressioni che il mondo esterno ha fatto su di noi, allora lavoriamo dentro di noi, ma i nostri pensieri sono comunque reali. Viviamo i nostri pensieri e sentiamo anche che siamo dipendenti da qualcosa che è piú sottile del nostro corpo fisico, cioè dal corpo eterico. Quindi il corpo eterico è ciò che si riflette in noi nei nostri sensi individuali, che inizialmente non si basano su alcuna impressione esterna. Ma nella coscienza di veglia siamo bloccati nel nostro corpo eterico; percepiamo ciò che si riflette, ma non percepiamo direttamente l’attività del corpo astrale. Dato che in uno stato intermedio tra la veglia e il sonno non abbiamo la capacità di ricevere impressioni sensoriali esterne, ma in un certo modo ancora qualcosa che è connesso con il nostro corpo eterico, il corpo eterico può rifletterci ciò che sperimentiamo nella nostra anima con il nostro corpo astrale. Questi sono quindi i sogni che, poiché l’essere umano si trova in una situazione del tutto insolita, mostrano tale irregolarità.
Se teniamo presente questo aspetto, molte cose del mondo onirico, che altrimenti ci lasciano perplessi, diventeranno chiare. Dovremo quindi pensare ai substrati della vita animica come strettamente legati alla vita onirica. Mentre il corpo fisico è lo specchio della vita animica e i nostri interessi quotidiani hanno un effetto su di esso, spesso siamo collegati nel modo piú distaccato attraverso il corpo eterico con esperienze che sono molto lontane da noi e che, poiché la vita quotidiana ha un forte effetto su di noi, arrivano solo debolmente alla nostra coscienza. Per questo motivo rimangono per noi qualcosa di altamente sconosciuto.
Ma se ora osserviamo i sogni che sono davvero basati su una buona osservazione, possono mostrarsi a noi molte cose singolari. Ad esempio, un bravo compositore sogna l’immagine di una figura un po’ diabolica che suona una sonata per lui. Si sveglia e riesce a scrivere la sonata. In lui è diventato attivo qualcosa che ha agito come un estraneo. E questo è stato possibile perché in lui c’era qualcosa per la quale l’anima del compositore era già matura, ma che non poteva rivelarsi efficace nella vita quotidiana di veglia, perché la vita corporea era solo un ostacolo e non era idonea alla sua riflessione.
Vediamo che la vita corporea è un ostacolo e ha il suo significato in questo. Nella vita quotidiana possiamo sperimentare solo ciò per cui la vita corporea – in senso figurato – è lubrificata come una macchina. La vita fisica è sempre un ostacolo per noi. Fino a un certo punto riusciamo tuttavia a sfruttare la nostra vita fisica. Sí, abbiamo bisogno ovunque di “inibizioni”. Quando una locomotiva viaggia sulle rotaie, ci sono anche dei dispositivi, l’attrito, che le permettono di viaggiare, perché senza l’attrito le ruote non potrebbero girare. I nostri processi corporei sono in verità ciò che inibisce la nostra vita animica, e questi processi di inibizione sono allo stesso tempo i processi di specchio. Se nella nostra anima siamo maturi per qualcosa e non abbiamo ancora saputo lubrificare bene la nostra macchina, allora la nostra vita quotidiana da svegli è un bell’“ostacolo”. Ma quando usciamo dal nostro corpo fisico, allora il nostro corpo eterico – che ci deve apparire come qualcosa di estraneo perché è di natura piú sottile – può esprimere ciò che vive nella vita dell’anima. Se poi è abbastanza forte, si fa strada con forza nella vita onirica, come nel caso del compositore. Ciò ha poco a che fare con gli interessi del giorno, quanto piuttosto con interessi reconditi che si annidano nei substrati piú sottili. È cosí, ad esempio, anche in quanto segue. Faccio notare che racconto solo qualcosa di veramente osservato.
Una donna sogna di essere fidanzata per la seconda volta e vive con grande gioia tutti gli eventi che le accadono nonostante abbia dei figli a cui tiene molto e un marito che la ama in modo straordinario. Cosa sogna? Sogna esperienze molto lontane dalla sua vita attuale, che ha vissuto un tempo, ma che non riconosce perché il suo interesse quotidiano è legato solo al corpo fisico. E ciò che vive ancora nel suo corpo eterico viene ora rispecchiato da questo attraverso un altro evento, forse perché un sentimento di gioia ha scatenato il sogno.
Un uomo sogna di rivivere esperienze dell’infanzia. E queste esperienze infantili si rispecchiano in modo meraviglioso. Un evento particolarmente importante per lui, perché gli sta molto a cuore, lo fa svegliare. All’inizio il sogno gli è piaciuto molto, presto si riaddormenta e continua a sognare. Tutta una serie di esperienze spiacevoli attraversa la sua anima e un evento particolarmente doloroso lo sveglia. Tutto questo è molto lontano dalle sue esperienze attuali. Si alza perché è molto scosso dal sogno, cammina per un po’ nella stanza, ma poi si sdraia di nuovo e allora sperimenta nel sogno degli eventi che non ha mai vissuto. Tutti gli eventi che ha vissuto si mescolano e ora sperimenta qualcosa di completamente nuovo. Il tutto diventa una poesia, che in seguito può anche scrivere e mettere in musica. Questo è un fatto molto reale. Ora, con i concetti che abbiamo già acquisito, non sarà difficile raffigurare ciò che è accaduto. Per il ricercatore spirituale, le cose stanno cosí: in un momento molto particolare della sua vita, l’uomo ha subíto una sorta di crisi nel suo sviluppo. Ha dovuto rinunciare a qualcosa che si trovava nella sua anima. Ma anche se ha dovuto rinunciarvi, non è scomparsa nel suo corpo eterico. Gli interessi abituali erano solo abbastanza forti da respingerla. E dove era abbastanza forte grazie all’elasticità interiore, si manifestava nei sogni, perché in essi la persona si è liberata dalle inibizioni della vita quotidiana da sveglia. In altre parole, la persona in questione era davvero vicina a raggiungere quanto era espresso nella poesia, ma poi è stata resa sorda.
Cosí nei sogni vediamo in modo nitido l’indipendenza della vita dell’anima dalla vita esterna del corpo. Questo deve farci capire che l’idea che la vita dell’anima si riflette nella vita del corpo deve avere una grande giustificazione. Il fatto stesso che gli interessi in cui siamo coinvolti non si modellino in modo lineare nella nostra esperienza immediata ci mostra che, accanto alla vita come viene vissuta nella quotidianità, scorre un’altra vita, che per un’osservazione consapevole e piú accurata ho descritto come una sorta di risveglio. Tutto ciò che per la nostra vita spirituale è indipendente dalla vita corporea – anche concettualmente, idealmente, come ad esempio la coscienza, tutto vive lí dentro, ognuno lo sente. Ma nella vita diurna quest’altra vita si rivela qualcosa di molto limitato dai nostri interessi quotidiani. Nel sonno la nostra anima si riempie anche completamente di questa qualità morale. È davvero un vivere nello spirituale, che possiamo descrivere come una scossa, come un movimento interiore. Quella che chiamiamo ricerca scientifico-spirituale ci si rivelerà come qualcosa per mezzo della quale viviamo consapevolmente nel mondo in cui l’essere umano normale vive inconsapevolmente ogni volta che si addormenta.
Le persone dovranno gradualmente familiarizzarsi con il fatto che il mondo è molto piú ampio di quello che possiamo percepire con i nostri sensi e seguire con la nostra mente, e che la vita del sonno è un ambito di cui abbiamo bisogno, perché nella vita diurna abbiamo un’usura proprio degli organi piú nobili che servono alla vita dell’immaginazione. Nel sonno li ripristiniamo affinché possano affrontare il mondo con forza e vigore e riflettere la nostra vita animica nella vita di veglia. Ogni caratteristica della vita dell’anima potrebbe quindi diventare chiara per noi. Chi non sa che dopo un buon sonno profondo si sente esausto e stanco? Spesso ci si lamenta di questo, ma non è affatto un sintomo di malattia, anzi è abbastanza comprensibile. Il recupero completo attraverso il sonno avviene in realtà solo un’ora o un’ora e mezza dopo il risveglio. Perché? Perché abbiamo lavorato bene sui nostri organi in modo che possano di nuovo resistere non solo per qualche ora, ma per tutto il giorno. E subito dopo il risveglio non siamo ancora allenati a usarli, dobbiamo prima metterli in moto, e solo dopo un po’ di tempo possiamo usarli bene. In un certo senso, di fronte a un particolare tipo di fatica, dovremmo dire che dopo un’ora e mezza possiamo rallegrarci, che ci si sente rimessi ben a posto dentro gli organi. Perché dal sonno scaturisce ciò di cui abbiamo bisogno: le forze strutturali per gli organi che sono stati consumati ed esauriti durante il giorno.
Possiamo quindi dire: la nostra vita animica è una vita nell’indipendenza, una vita di cui abbiamo qualcosa nella nostra vita di veglia attraverso la nostra coscienza che ne è un riflesso. La coscienza è un riflesso dell’interscambio dell’anima con l’ambiente circostante. Nella vita diurna di veglia, siamo persi per ciò che ci circonda, siamo estranei, siamo dediti a qualcosa che non siamo noi stessi. Durante il sonno, invece – e questa è l’essenza del sonno – ci ritiriamo da ogni attività esterna per lavorare su noi stessi. Questo paragone è azzeccato: una nave che ha servito l’industria marittima mentre era in alto mare viene riparata e aggiustata quando entra in porto.
Chi crede che non ci accada nulla mentre dormiamo potrebbe anche credere che dopo un viaggio non debba accadere nulla alla nave quando è in porto. Ma salperà di nuovo e allora si vedrà cosa succede se non viene riparata. Cosí sarebbe se non lavorassimo su noi stessi dall’anima durante il sonno. Durante il sonno siamo restituiti a noi stessi, mentre durante il giorno siamo persi nel mondo esterno. La persona normale non è in grado di percepire nello stesso modo ciò che l’anima fa durante il sonno come durante il giorno percepisce il mondo esterno.
Nella conferenza “Come si raggiunge la conoscenza del mondo spirituale?” vedremo che una certa riflessività in quanto conoscenza può essere raggiunta anche nello spirituale, grazie alla quale l’uomo può poi giungere alla percezione dei mondi superiori. Tutto questo ci mostra che in particolare l’anima, quando non è cosciente di sé, non sa nulla della propria attività, ma solo che è occupata con se stessa, lavora in se stessa e indipendentemente da ogni corporeità trae le forze che devono servire proprio alla costruzione del corpo.
Possiamo quindi riassumere quanto detto e descrivere la natura dell’anima con le parole che, nella Scienza dello Spirito, grazie alla conoscenza della natura del sonno, costituiscono una sorta di fondamento per molte cose:
Torna a se stessa l’anima,
che avvolta dal sonno
fugge nelle distese spirituali
quando la ristrettezza dei sensi l’opprime.
Rudolf Steiner
(Seconda parte)
Conferenza tenuta a Berlino il 24 novembre 1910.
O.O. N° 60. Traduzione di Angiola Lagarde.
Da uno stenoscritto non rivisto dall’Autore.