Prima di cominciare con l’argomento di oggi, vorrei sottolineare che la discussione odierna sarà l’inizio di un’intera serie di dibattiti di questo tipo e che tutti gli argomenti successivi di questo inverno potrebbero avere in fondo esattamente lo stesso titolo del tema di oggi. Nel corso delle varie conferenze verrà discusso il percorso che l’uomo deve compiere se vuole giungere alla consapevolezza del mondo spirituale, con riferimento ai piú diversi fenomeni della vita umana e scientifica, alle piú diverse personalità culturali dell’umanità in generale.
Anche se questo argomento, questa riflessione, dovrebbe condurre, per cosí dire, nella regione di quello che è piú impersonale, l’oggettivo-spirituale-scientifico, permettetemi comunque che io porti nell’introduzione qualcosa di personale, perché il cammino nel mondo spirituale è tale che deve condurre dal piú personale all’impersonale. Perciò, nonostante l’impersonale, il personale sarà spesso un indicatore simbolico di questo percorso, e in questo modo, proprio partendo, per cosí dire, dall’esperienza immediata piú intima, si otterrà anche la possibilità di evidenziare molte cose significative. Per l’osservatore dei mondi spirituali, molte cose nella vita saranno simbolicamente piú importanti di quanto possano sembrare a prima vista. Molte cose che altrimenti passerebbero davanti allo sguardo umano senza essere particolarmente considerate, possono apparire significative per chi vuole impegnarsi intensamente in questa contemplazione, che è anche la base delle discussioni di oggi. All’inizio vi sembrerà una bazzecola della vita, ma posso dire che per me è tra le tante cose indimenticabili e che nel mio percorso di vita caratterizzavano da un lato l’anelito degli uomini del nostro tempo verso il mondo spirituale, dall’altro lato, però, l’impossibilità piú o meno assodata di accedere in qualche modo al mondo spirituale con i mezzi esteriormente accessibili all’essere umano, che non solo il presente, ma anche gli ultimi secoli gli mettono a disposizione.
Un giorno ero seduto nell’accogliente appartamento di Herman Grimm. Chi di voi ha un po’ di familiarità con la vita intellettuale tedesca assocerà molto al nome di Herman Grimm. Forse conoscerete l’arguto e importante biografo di Michelangelo e Raffaello, e forse saprete anche come la totalità dell’istruzione del nostro tempo, almeno dell’Europa centrale o – diciamo in modo ancora piú ristretto – della Germania, fosse riunita nell’anima di Herman Grimm. Durante una nostra conversazione su Goethe, che gli era cosí vicino, sulla visione del mondo di Goethe, è emersa una cosetta di poco conto che è una delle cose piú indimenticabili della mia vita. Quando feci un’osservazione – vedremo piú avanti come questa osservazione possa avere un significato proprio in relazione all’ascesa dell’uomo nel mondo spirituale – Herman Grimm mi rispose con un movimento di diniego della mano sinistra. Ciò che c’era in quel gesto è ciò che considero una delle esperienze indimenticabili della mia vita. Per parlarne nello stile di Goethe, dovrebbe trattarsi di come, a modo suo, Goethe volesse trovare questa via di accesso al mondo spirituale. A Herman Grimm piaceva seguire il percorso di Goethe nel mondo spirituale, ma a modo suo. Avremo modo di parlare della via di Goethe nel mondo spirituale nel corso di queste conferenze. Era del tutto fuori questione che rispondesse su Goethe in modo tale che Goethe, ad esempio, fosse considerato un essere umano che – anche come artista – fa discendere davvero le realtà spirituali dal mondo spirituale per incarnarle nelle sue opere d’arte. Herman Grimm era molto piú propenso a dire a se stesso: «Oh, possiamo raggiungere questo mondo spirituale solo con i mezzi che abbiamo oggi come esseri umani, attraverso l’immaginazione».
L’immaginazione offre certo cose belle, grandi, potenti e può riempire il cuore dell’uomo di calore; ma la conoscenza, una conoscenza solidamente fondata, è qualcosa che nemmeno Herman Grimm, cosí profondo conoscitore di Goethe, poteva trovare in Goethe. E quando ho detto che l’intera natura fondamentale di Goethe si basava sul fatto che egli voleva incarnare il vero nella bellezza, nell’arte, e poi cercava di mostrare che c’erano vie al di fuori dell’immaginazione, vie nel mondo spirituale che portavano a un terreno piú solido dell’immaginazione, questo non era il rifiuto di coloro che non vogliono percorrere volentieri tale strada. Non è il rifiuto di una tale via che Herman Grimm ha espresso con questo gesto della mano, ma in un modo conosciuto solo da coloro che lo hanno capito meglio, ha espresso nel gesto della mano piú o meno quanto segue: «Può anche esistere una strada del genere, ma noi umani non possiamo sentirci chiamati a pronunciarci su di essa!».
Come ho detto, non voglio parlarne troppo come se fosse una questione personale, ma mi sembra che un simile gesto incarni la posizione nei confronti del mondo spirituale dei migliori uomini della nostra epoca. Su una strada che ci portava entrambi da Weimar a Tiefurt, ho avuto in seguito una lunga conversazione con lo stesso Herman Grimm, in cui mi spiegava come si fosse completamente liberato da ogni visione meramente materialistica degli eventi del mondo, dalla visione che nelle epoche storiche successive lo spirito dell’uomo fa emergere da se stesso ciò che costituisce la reale ricchezza spirituale umana. Egli parlò a suo tempo della sua intenzione di scrivere una “Storia dell’immaginazione tedesca” in un progetto grandioso che – come sanno coloro che hanno studiato Herman Grimm – non fu mai realizzato. Aveva in mente il regno dell’immaginazione come una dea nei mondi spirituali, che dà vita a ciò che le persone creano per il bene e il progresso del mondo. Ecco, vorrei dire che in quella bella regione tra Weimar e Tiefurt, queste parole di un uomo che ritengo uno dei piú grandi spiriti del nostro tempo mi hanno dato una sensazione che voglio esprimere con le parole che seguono.
Molti oggi dicono a se stessi: si deve essere profondamente insoddisfatti di tutto ciò che la scienza ufficiale è in grado di dire sulle fonti della vita, sul mistero dell’esistenza, sugli enigmi del mondo; ma manca la possibilità di entrare in maniera incisiva in un altro mondo. Manca l’intensità della volontà di riconoscere questo mondo della vita spirituale come qualcosa di diverso da ciò che l’uomo forma nella sua immaginazione. Ad alcuni piace entrare in questo regno della fantasia perché per loro è l’unico regno spirituale. Proprio nei confronti di questo personaggio – quel viaggio a Tiefurt risale forse a diciassette anni fa – mi ricordai che piú di trent’anni fa, oltre a tante, tantissime cose, Herman Grimm mi aveva già impressionato grazie ai suoi scritti, il mio sguardo cadde su un passaggio delle sue Lezioni di Goethe, tenute a Berlino nell’inverno del 1874/75, in cui, riprendendo Goethe, parla dell’impressione che la contemplazione puramente esteriore e spiritualmente spoglia della Natura deve fare su uno Spirito come il suo. È stata la stessa cosa anche trent’anni fa, anche allora Herman Grimm mi è apparso come il tipo di persona che tutti i sentimenti e le sensazioni spingono verso l’alto nel mondo spirituale, ma che non riesce a trovare il mondo spirituale nella realtà, ma solo nella fantasia, nel suo regno e nella sua attività, e che d’altra parte – proprio perché era cosí – non voleva ammettere che Goethe stesso cercasse le fonti e gli enigmi dell’esistenza in qualcosa di diverso dal regno della fantasia, cioè nel regno della realtà spirituale.
C’è un passaggio che oggi, al punto di partenza delle nostre riflessioni, dovrebbe avere un effetto sulle nostre anime, là dove Herman Grimm parla di qualcosa che è già stato da me definito come incontestabile nel suo significato dalla Scienza dello Spirito, ma che, cosí com’è preso dalla scienza naturale ufficiale o da quella visione del mondo che vuole stare sul solido terreno della scienza naturale, significa un’impossibilità non solo per la sensazione e il sentimento, ma per una conoscenza veramente auto-comprendente. Mi riferisco alla teoria di Kant-Laplace, che spiega il nostro sistema solare come se fosse costituito solo da sostanze e forze inorganiche e prive di vita e che si sia formato a partire da un’enorme sfera di gas. Vorrei leggere il passo del libro Le lezioni di Goethe di Herman Grimm, che mostra cosa significasse per una mente come la sua questa visione del mondo, oggi cosí affascinante e che suscita un’impressione cosí profonda: «Tuttavia, se qui Goethe vieta all’intelletto di prendere per verità piú di quanto si possa effettivamente afferrare con le cinque dita della mano, a maggior ragione concede all’immaginazione del poeta il diritto di creare immagini di ciò che la mente vuole vedere con la forza dell’inconscio e del sogno. Solo che egli mantiene il confine tra le due attività con chiarezza. Nella sua giovinezza aveva già da tempo preso piede la grande fantasia di stampo Kant-Laplace sull’origine e la precedente scomparsa del globo terrestre. I bambini lo imparano già a scuola: dalla ruotante nebulosa del mondo si forma la goccia di gas centrale, che poi diventa la Terra e, come sfera in via di solidificazione, attraversa tutte le fasi in periodi di tempo incomprensibili, compreso l’episodio dell’abitazione da parte della razza umana, per ricadere infine nel sole come scoria bruciata. Un lungo processo, ma del tutto comprensibile per il pubblico, per la cui realizzazione non è richiesto altro intervento esterno se non lo sforzo di qualche fattore esterno per mantenere il sole alla stessa temperatura di calore. Non si può pensare a una prospettiva piú infruttuosa per il futuro di quella che in questa aspettativa ci viene imposta oggi come scientificamente necessaria. Un osso di carogna, attorno al quale un cane affamato si è divertito, sarebbe un pezzo fresco e appetitoso in confronto a quest’ultimo scarto della creazione, con il quale la nostra Terra tornerebbe infine a cadere sul sole. L’ansia con cui la nostra generazione recepisce e crede a queste cose è segno di un’immaginazione malata, che gli studiosi delle epoche future si ingegneranno un giorno a spiegare come un fenomeno storico del tempo».
Era necessario che segnalassi questo passaggio perché oggi, sostanzialmente, si fa poco in merito. Oggi, quando le idee di quelle visioni del mondo che sembrano poggiare cosí saldamente sul terreno della scienza naturale sono cosí affascinanti, si presta poca attenzione al fatto che ci sono, in fondo, degli esseri che sono profondamente legati alla vita culturale del nostro tempo e che tuttavia, per tutta la loro indole animica, si comportano in modo tale nei confronti di tutto ciò che oggi innumerevoli persone dicono: è evidente che le cose sono cosí e tutti coloro che non vogliono ammettere che le cose sono cosí sono in realtà degli sprovveduti! Sí, oggi vediamo molte persone che hanno il desiderio profondo di costruire un ponte di collegamento tra l’anima umana e il mondo spirituale. Ma d’altra parte, al di fuori dei circoli piú impegnati in quella che chiamiamo Scienza dello Spirito, vediamo solo pochi che si preoccupano dei mezzi che potrebbero condurre l’anima umana a quello che potrebbe essere chiamato il paese ideale.
Pertanto, quando oggi parliamo delle vie che devono condurre l’uomo nel mondo spirituale e parliamo in modo tale che ciò che viene detto non è destinato a una cerchia ristretta, ma è rivolto a tutti coloro che sono dotati dell’istruzione odierna, sotto un certo aspetto incontriamo ancora molte resistenze. Può darsi non solo che ciò che viene presentato sia considerato un sogno e una fantasia, ma molto facilmente può anche darsi che ciò che viene presentato infastidisca molte persone del presente, che sia qualcosa di fastidioso per loro, perché si discosta molto da ciò che attua nei piú diversi ambienti attuali, come le idee suggestive e affascinanti di coloro che si considerano i piú istruiti.
Nella prima conferenza è già stato indicato che l’ascesa nel mondo spirituale è fondamentalmente una questione intima dell’anima e che, per la vita dell’immaginazione e della percezione, è del tutto contraria a quella che oggi è la prassi comune sia negli ambienti popolari che in quelli scientifici. In particolare, gli scienziati si affrettano a sostenere che ciò che è scientificamente valido deve essere dimostrabile in qualsiasi momento e per qualsiasi persona e si riferiscono ai loro esperimenti “esterni”, che possono essere dimostrati in qualsiasi momento e da qualsiasi persona. È evidente che la scienza spirituale non può soddisfare questa richiesta. Vedremo tra poco perché no. Pertanto, la Scienza dello Spirito – cioè la scienza che parla dello Spirito non come una somma di concetti e idee astratte, ma come qualcosa di reale e di entità reali – deve già trasgredire il requisito metodologico che la scienza e le visioni del mondo impongono oggi con tanta facilità: essere dimostrabile per tutti, ovunque e in ogni momento. Negli ambienti popolari la Scienza dello Spirito incontra molto spesso delle resistenze proprio perché nel nostro tempo – anche dove c’è un desiderio di ascesa nel mondo spirituale – le sensazioni e i sentimenti sono permeati e penetrati dal modo materialistico di considerare le cose. Con la migliore volontà del mondo, anche se si aspira al mondo spirituale, non si può fare altro che pensare che lo Spirito sia in qualche modo materiale, o almeno che l’ascesa al mondo spirituale sia legata a cose materiali. Per questo motivo, la maggior parte delle persone preferisce che gli si dica qualcosa di puramente materiale, ad esempio cosa deve o non deve mangiare e bere, o cos’altro deve intraprendere nel mondo materiale in modo puramente esteriore. Sarà per loro molto meglio di quando si chiede loro di introdurre momenti di sviluppo intimo nella loro anima. Ma è proprio questo il senso dell’ascesa nel mondo spirituale.
Vogliamo ora cercare di delineare brevemente come può avvenire questa ascesa dell’anima umana nel mondo spirituale come la vede la Scienza dello Spirito stessa. Il punto di partenza deve essere sempre preso da ciò che l’uomo vive per la prima volta. Ora l’uomo, cosí come è collocato attualmente nel mondo, vive completamente e stabilmente nel mondo esteriore dei sensi. Provate a rendervi conto di quanto rimane ancora in quest’anima umana se distogliamo lo sguardo da ciò che le impressioni sensoriali esterne del mondo fisico hanno suscitato in noi in termini di idee, da ciò che è entrato in noi attraverso le esperienze fisiche esterne, attraverso gli occhi, le orecchie e gli altri sensi, da ciò che viene stimolato in noi attraverso gli occhi e le orecchie in termini di sofferenza e gioia, piacere e dolore, e da ciò che il nostro intelletto ha poi associato a queste impressioni del mondo sensibile. Provate a sradicare tutto questo dall’anima, a eliminarlo e considerate cosa rimarrebbe. Chi è in grado di fare onestamente questa semplice auto-osservazione vedrà che nell’anima della persona attuale rimane ben poco. Ma questo sta nel fatto che l’ascesa nel mondo spirituale non può partire da ciò che ci viene dato dal mondo dei sensi esteriore, ma deve essere intrapresa in modo tale che l’essere umano sviluppi nella sua anima poteri che di solito giacciono addormentati in essa. Costituisce, per cosí dire, un elemento di base per tutte le possibilità di ascesa nel mondo spirituale il fatto che l’uomo si renda conto di essere interiormente capace di sviluppo, che in lui c’è ancora qualcosa di diverso da ciò che all’inizio la sua coscienza trascura.
Oggi è un’idea davvero fastidiosa per molte persone; prendiamo una persona molto speciale dell’attuale sistema educativo: che cosa fa il filosofo di oggi, per esempio, quando si tratta di definire l’intero significato e l’essenza della conoscenza? Una persona del genere dirà: voglio provare quanto lontano possiamo arrivare principalmente con il nostro pensiero, con la nostra forza d’animo di esseri umani, quanto riusciamo ad afferrare del mondo. Poi cercherà a modo suo – a seconda di ciò che gli è possibile in quel momento – di afferrare una visione del mondo e di porla davanti a sé e allora di solito dirà: non possiamo conoscere quello che sta al di là dei limiti della cognizione umana! È l’espressione piú diffusa che si può trovare nella letteratura di oggi: non possiamo saperlo!
Ma poi c’è un altro punto di vista che adotta un approccio completamente diverso da quello appena descritto e che dice: «Certo, con i poteri che ho ora nella mia anima, quelli che possono essere adesso i normali poteri umani dell’anima, posso riconoscere questo o quello, ma qui nell’anima c’è un essere capace di evolversi. Quest’anima ha forse in sé dei poteri che io devo prima far scaturire da essa. Devo prima condurla per certe vie, devo condurla oltre il suo attuale punto di vista, poi potrò vedere se ho sbagliato quando ho detto che questo o quello si trova al di là dei limiti della nostra capacità di conoscenza. Forse devo solo andare un po’ piú avanti nello sviluppo della mia anima, allora i confini si allargheranno e potrò penetrare piú profondamente nelle cose».
Quando si vuole esprimere un giudizio, non sempre si prende molto sul serio la logica, altrimenti si direbbe: ciò che riconosciamo dipende dai nostri organi. Ecco perché, ad esempio, una persona nata cieca non può giudicare i colori, ma può farlo solo se gli è stata donata la vista con un’operazione riuscita. Potrebbe anche essere, non voglio parlare di un “sesto senso”, ma di qualcosa che può essere estratto dall’anima in modo puramente spirituale – che sia possibile estrarre dalla nostra anima degli occhi o delle orecchie spirituali. Allora potrebbe verificarsi per noi il grande evento, che si verifica a un livello piú basso, quando l’uomo nato cieco è cosí fortunato da essere operato cosí che allora la supposizione potrebbe per prima cosa diventare per noi verità: Esiste un mondo spirituale intorno a noi, ma per poterlo guardare dobbiamo prima aver risvegliato gli organi dentro di noi. Sarebbe l’unica cosa logica da fare. Ma, come ho detto, la logica non è sempre considerata correttamente, perché attualmente le persone hanno esigenze ben diverse quando sentono parlare di un mondo spirituale rispetto al trovare la loro strada in questo mondo spirituale. Vi ho già raccontato che in una città del sud della Germania, dove una volta dovevo tenere una conferenza, un brav’uomo che scrive articoli di cronaca iniziò la sua rubrica con le parole: «Quello che salta piú agli occhi della Teosofia è la sua incomprensibilità».
Vogliamo ben credere all’autore quando dice che la Teosofia ha l’incomprensibilità come sua caratteristica principale. Ma è questo un criterio valido? Trasferiamo questo esempio alla matematica: qualcuno direbbe: «Quello che mi colpisce di piú della matematica è la sua incomprensibilità». Allora qualcuno obietterà: «Certo, può essere cosí; ma quando si vogliono scrivere articoli di giornale si dovrebbe essere cosí bravi da studiare prima qualcosa in merito!».
Spesso sarebbe meglio trasferire in modo appropriato ciò che si applica a un campo particolare, ad un altro. Agli uomini non resta altro che negare, e possono farlo solo con un imperativo: negare l’esistenza di uno sviluppo dell’anima ossia, quando si rifiutano di affrontarlo oppure di addentrarvisi. Allora il mondo spirituale diventa per loro una constatazione, una realtà, una verità. Ma per salire nel mondo spirituale, l’anima deve diventare capace – non per la vita fisica, ma per la realizzazione del mondo spirituale – di trasformarsi completamente in un certo rapporto con la forma che ha inizialmente, di diventare sotto un certo aspetto un essere diverso.
Questo può già richiamare la nostra attenzione su ciò che è stato spesso e frequentemente sottolineato qui, cioè che per colui che ha l’impulso di ascendere nel mondo spirituale deve soprattutto essere sempre chiaro se ha inizialmente trovato un terreno solido qui in questo mondo della realtà fisica, se è in grado di starvi ben saldo. Perché dobbiamo avere sicurezza, forza di volontà e sensibilità per tutte le circostanze che si verificano nel mondo fisico, non dobbiamo perdere il terreno sotto i piedi se vogliamo ascendere da questo mondo al mondo spirituale. Questa è una fase preliminare: fare tutto ciò che può portare il nostro carattere a rimanere saldo nel mondo fisico. Poi si tratta di educare l’anima a un sentimento e a una volontà diversi per il mondo spirituale rispetto al sentimento e alla volontà che di solito ci sono nell’anima. In una certa misura la nostra anima deve diventare interiormente un organismo di sentimenti e volontà diversi da quelli che ha nella vita normale. Questo ci porta da un lato al fatto che la Scienza dello Spirito può, in un primo momento, contrapporsi veramente a ciò che oggi è riconosciuto come “scienza”, ma che, dall’altro lato essa si pone direttamente a fianco di questa scienza con la sua stessa validità. Quando si dice che tutto ciò che deve essere scienza deve essere dimostrabile in ogni momento e per ogni essere umano, si intende che ciò che si considera scienza non deve dipendere dalla nostra soggettività, dai nostri sentimenti soggettivi, da ciò che portiamo dentro di noi solo individualmente come qualsiasi tipo di decisione della volontà, impulsi della volontà, sentimenti e sensazioni. Ma chi vuole ascendere nel mondo spirituale deve prima prendere le deviazioni attraverso l’interno della sua anima, deve riorganizzarla, deve prima staccare completamente lo sguardo da ciò che c’è fuori nel mondo fisico. Nella vita normale l’uomo distoglie lo sguardo da ciò che è all’interno del mondo fisico solo quando dorme; allora non lascia entrare nulla nella sua anima attraverso gli occhi, le orecchie e l’intera organizzazione dei suoi sensi, ma in tal caso diventa anche incosciente e non è in grado di vivere consapevolmente in un mondo spirituale.
Si è detto che uno degli elementi fondamentali della realizzazione spirituale è che l’uomo trovi in sé la possibilità di andare oltre se stesso. Questo non significa altro che rendere attivo lo spirito in se stessi. Nella normale vita umana di oggi, sappiamo tutti che ci allontaniamo dal mondo fisico solo quando entriamo nell’incoscienza del sonno. Ora, la considerazione “essenza del sonno” ci ha mostrato come l’uomo si trova in un vero e proprio mondo spirituale, anche se non ne sa nulla. Sarebbe infatti assurdo credere che ciò che è il centro dell’anima e dello spirito dell’uomo scompaia la sera e risorga al mattino; no, esso sopravvive realmente negli stati che vanno dall’addormentamento al risveglio. Ma anche quando non arriva alcuno stimolo per la coscienza attraverso le impressioni dei sensi o il lavoro dell’intelletto, nel sonno manca quello che per l’uomo normale di oggi è il potere interiore di essere cosciente. Nel sonno la vita dell’anima è cosí sottotono che l’essere umano non è in grado di stimolare e risvegliare ciò che permette all’anima di sperimentarsi interiormente. Quando l’essere umano si risveglia nuovamente, le sensazioni penetrano dall’esterno e, poiché in questo modo l’essere umano riceve un contenuto animico, ne diventa consapevole. Non può prenderne coscienza se non viene stimolato dall’esterno. Infatti, quando l’uomo è abbandonato a se stesso nel sonno, la sua forza è troppo debole per questo scopo.
L’ascesa nel mondo spirituale significa quindi l’attivazione nella nostra anima di quelle forze che le permettono di vivere consapevolmente in se stessa, quando si mette per cosí dire in relazione con il mondo esterno come l’essere umano è altrimenti nel sonno. In sostanza, l’ascesa nei mondi spirituali richiede innanzitutto una stimolazione delle energie interiori, un’estrazione di forze che altrimenti sono addormentate, per cosí dire paralizzate nell’anima, cosicché l’essere umano non può assolutamente gestirle. Tutte le esperienze intime che il ricercatore spirituale deve affrontare nella sua anima conducono infine alla meta appena descritta.
Oggi vorrei riassumere alcune cose riguardo al percorso di ascesa nel mondo spirituale. Queste cose sono descritte in dettaglio nei loro aspetti – nei loro fondamenti, diciamo cosí – nel libro che ho pubblicato con il titolo: Come si consegue la conoscenza dei mondi superiori? Ma non voglio ripetermi oggi riportandovi un estratto di questo libro, voglio bensí descrivere da un altro punto di vista ciò che l’anima deve fare su se stessa per ascendere nel mondo spirituale. Chiunque sia interessato ad approfondire l’argomento può leggere i dettagli nel libro citato. Ma nessuno deve credere che ciò che viene detto lí in dettaglio possa essere presentato qui in modo tale che, se riassunto brevemente, si possano usare le stesse parole e frasi. Quindi, chi conosce il libro non troverà che si tratta di un riassunto di ciò che è stato detto lí, ma che si descrive la materia da una diversa angolazione. È straordinariamente importante per il ricercatore spirituale, che vuole guidare i passi nel mondo spirituale, che molto di ciò che per altre persone porta direttamente a una realizzazione e a una meta, diventi semplicemente uno strumento di educazione, un metodo intimo personale di educazione dell’anima. Vi faccio un esempio. Molti anni fa ho scritto un libro: La filosofia della libertà. Al momento non è disponibile perché è fuori catalogo da anni, ma si spera che appaia in una seconda edizione nel prossimo futuro. Questa Filosofia della libertà è scritta in modo tale da essere molto diversa dagli altri libri attuali di filosofia che, con ciò che vi è scritto, mirano, piú o meno, a dare, diciamo, un’idea di come appare o dovrebbe apparire il mondo secondo le idee degli autori. Il fine ultimo di questo libro non è questo, esso vuole invece dare alla persona che si impegna con i pensieri in esso contenuti una sorta di allenamento del pensiero, cosí che il modo di pensare, il modo particolare di darsi a questi pensieri, sia un modo che mette in moto le sensazioni e i sentimenti dell’anima, proprio come si mettono in moto gli arti nella ginnastica. Ciò che altrimenti è solo un mezzo di conoscenza, in questo libro è allo stesso tempo un mezzo di autoeducazione spirituale e mentale. Questo è estremamente importante. Perciò in questo libro – che naturalmente infastidisce molti filosofi del giorno d’oggi che associano la filosofia a qualcosa di molto diverso da ciò che può condurre l’uomo un po’ piú in là, il che, possibilmente, dovrebbe rimanere nella normale facoltà cognitiva innata nell’uomo – in questo libro dunque non è tanto importante se si può discutere di questo o di quello, se qualcosa può essere compreso in questo o in quell’altro modo, i pensieri che sono collegati a formare un tutto, possono fare un passo avanti, possono davvero addestrare la nostra anima, possono condurla un po’ piú in là.
Questo è anche il caso nel mio libro Verità e Scienza. E cosí è per molte cose che inizialmente dovrebbero essere elementi di base per formare l’anima all’ascesa nel mondo spirituale. La matematica, la geometria insegnano alle persone la conoscenza dei triangoli, dei quadrilateri e di altre figure. Ma perché insegnano tutto questo? Perché vogliono che l’uomo sappia come stanno le cose nello spazio, a quali leggi sono soggette e cosí via. Anche l’ascesa spirituale nei mondi superiori lavora con figure simili come simboli. Per esempio, si presenta all’allievo il simbolo del triangolo, del quadrato o di altre figure simboliche, ma non per fargli acquisire una conoscenza diretta attraverso di esse, che può ottenere anche in questo modo, bensí per dargli la possibilità di allenare le sue capacità spirituali in modo tale che lo spirito salga in un mondo superiore per mezzo delle impressioni che nascono da questi simboli. Si tratta quindi di un allenamento del pensiero o meglio, ma non fraintendetemi, di una ginnastica del pensiero. Pertanto, gran parte di ciò che è arida scienza ufficiale, arida filosofia ufficiale, matematica o geometria, diventa un simbolo vivente per la formazione spirituale, che ci conduce nel mondo spirituale.
Quando abbiamo permesso a tutto questo di lavorare sulla nostra anima, allora impariamo a comprendere ciò che fondamentalmente nessuna scienza ufficiale comprende: gli antichi pitagorici, sotto l’influenza del loro grande maestro Pitagora, parlavano dell’universo come se fosse composto da numeri, perché si concentravano sulle leggi intrinseche dei numeri. Consideriamo ora come si presentano i numeri in ogni parte del mondo. Non c’è niente di piú facile che confutare la Scienza dello Spirito o l’Antroposofia, perché si può facilmente dire da un alto punto di vista: questi scienziati spirituali arrivano dalla loro oscurità mistica con il simbolismo dei numeri e dicono che c’è una legge profonda nei numeri e che, per esempio, il vero fondamento dell’essere umano deve essere valutato in base al numero sette. Questo è ciò che Pitagora e i suoi discepoli intendevano quando parlavano delle leggi profonde dei numeri. Se permettiamo a queste meravigliose connessioni che si trovano nelle relazioni dei numeri di avere un effetto sulla mente, possiamo addestrarla in modo tale che essa si svegli dove altrimenti è addormentata e sviluppi in sé poteri piú forti per penetrare nel mondo spirituale.
Rudolf Steiner (1a parte, continua)
Conferenza tenuta a Berlino il 15 dicembre 1910.
Risposte della Scienza dello Spirito ai grandi problemi dell’esistenza
O.O. N° 60
Traduzione di Angiola Lagarde.
Da uno stenoscritto non rivisto dall’Autore.