Negli anni Sessanta, Massimo Scaligero aveva fatto dattiloscrivere alcuni suoi Appunti sulla Via dei Rosacroce, e ne donava delle copie. Non essendo in un numero sufficiente di pagine per farne un libretto, sono rimasti finora nella loro veste originale, con le correzioni a mano fatte da Massimo, il quale quindi ha riveduto lo scritto. Crediamo opportuno, a distanza di tanto tempo, far conoscere questo illuminante testo a chi non ha avuto finora occasione di leggerlo. Dopo i due capitoli del mese scorso, proseguiamo con il terzo.
III
Il discepolo conosce se stesso nello sperimentare sensibile: si dona all’esperienza dei sensi nella misura in cui non ne sia sopraffatto. Egli non offre presa all’aspetto angosciante del destino, non per aridità o insensibilità, ma per capacità di dedizione e di liberazione: la sua possibilità di immergersi nell’altro lo porta nell’intimo valore degli eventi, in ciò che essi significano come direzione saggia del mondo. Egli può guardare oltre la maschera terrificante di Arimane, può risalire l’onda della paura e dell’angoscia, e ritrovare la forza dispersa di cui sono tessute. Non ci sono fatti del mondo spirituale o di quello fisico che non siano per lui vie di conoscenza; se essi significano dolore e distruzione, egli ha la forza di sopportarli, per poterli guardare: ne contempla la necessità, ne coglie l’interno senso e coopera con fermezza alla loro risoluzione. Non v’è nulla al mondo né in cielo né in terra, che possa piegarlo, nulla in cui egli non possa immergersi con dedizione, che è per lui il suo rivivere. Egli consegue la possibilità di non recitare, non fingere, in quanto conosce ciò che nasce, nella sua verità profonda: riconosce le tensioni che dal fisico salgono nell’animico e sembrano assoggettare lo Spirito. Verso lo Spirituale è in stato di calma devozione: egli si volge al mistero del Cristo. Al Cristo egli tende ad aprire il varco nel pensare e nel sentire, e radicalmente nel volere. Donato, egli procede con sicurezza che non è sua, perché gli fluisce dal mondo spirituale. Dimentico di sé, vive nella compassione verso gli esseri che procedono senza saperlo, che sognano e dolorano. Egli non dà nulla che non sia richiesto dall’oggetto, non chiede, non impone. Nella semplificazione ha lo scioglimento delle tensioni, e, in tale libertà, può parlare agli altri, perché la sua parola non viene da lui, nella misura in cui venga dallo Spirito. Ignora la lotta infeconda delle parole.
Una caduta non lo scoraggia: lo rende consapevole di sé e deciso per l’avvenire, lo rende piú umile e dedito. Senza proporsi di esserlo, è modesto. Riposa nel profondo di sé, alle radici della vita, perché, donato, è veramente fondato su sé, là dove l’uomo comune è fondato su impulsi e passioni. Non conosce invidie, o gelosie, lascia agli altri il dominio della parvenza, perché il lasciarli liberi li può fare accorti di quanto è vanità. Non vuole affermarsi, non vuole vincere sul piano umano, perché non ha senso: gli è sufficiente agire nel sensibile secondo libera intuizione. A lui interessa questa sacra coerenza, non l’opinione del mondo: di questa prende atto per conoscere il gioco delle forze. Sapendosi collegato nell’essenza con l’umanità, egli non può conoscere nessuna retorica dell’unità interiore e in nessuna filosofia può indulgere, ma opera per essere egli stesso questa unità, senza illudersi circa i suoi raggiungimenti. L’interna distensione è la sua forza, l’esaurimento dell’avidità, l’amore per il mondo. Tende a fare della sua anima un luogo di manifestazione per gli altri, per le cose e per gli esseri. Perciò conosce il segreto del silenzio. Lungi da recitazione e da finzione, egli realizza la vera sicurezza nel sentirsi a disposizione degli esseri e delle cose: per ciò non ha gesti, non guasta ciò con declamazione.
Non àltera il suo rapporto con gli altri con ornate loquele o enfasi, ma dice solo ciò che è necessario e, in quanto necessario, dotato di potere di vita anche nella espressione piú semplice. Il suono della sua voce in tal senso vale di piú di quello che dice: la sua voce ha perduto il potere di ferire, anche quando ha il tono della severità. Dimentico di sé, non è distratto: il suo stile è una continuità. Lo Spirito in lui ritorna istinto; egli sparisce di continuo per farlo essere.
È portatore di un clima interiore, di cui non gioisce, non si compiace: la sua stabilità cosí opera intorno a lui come amore, sollevando l’altrui animo, suscitandone le forze.
Di ciò egli sa che gli Dei sono autori, mediatore il suo “Io” e ad Essi va la sua gratitudine.
Le velleità del temperamento sono in via di dissoluzione in lui, anche se la sua vita esteriore non rifiuta nulla alla necessità dell’esistere; ma anche in questa risposta, la sua trasparenza rimane intatta, il suo abbandono è segreta meditazione. Non si preoccupa del dominio altrui: sa che ciò che vale deve valere e che nella parvenza del valore v’è anche il principio della sua dissoluzione. Lascia dunque che degli ossessi facciano la loro esperienza: sa che non v’è altro giovamento per loro che il suo operare in profondità. La guarigione del mondo ha solo inizio nel suo giusto operare, nel suo puro pensare. Non ha gesti che non siano spontanei e sorgano da necessità: nulla di ciò che compie è inutile. Ma sotto la sua riservatezza ferve un caldo ed irradiante amore per ogni cosa e per ogni essere. Il suo amore ha la veste della calma beatifica: esso va all’estraneo come al congiunto, al nemico come all’amico. Le condizioni del malvagio, il suo servaggio al mondo degli istinti, lo toccano, lo rattristano, ma suscitano in lui volontà di soccorso e dedizione all’opera salvatrice. Non conosce avversione perché l’ha conosciuta e lasciata dissolvere. Il male egli non lo combatte, ma lo penetra con la sua forza e lo trasforma in bene.
È aperto a tutto, è in ascolto verso i suoni terrestri, come per quelli celesti. Tutto da lui è lasciato nella libertà del suo manifestarsi: soltanto egli è rivolto dall’intimo, là dove la libertà scaturisce, alla cooperazione santa con l’opera delle Gerarchie.
* * *
Per accedere al Mistero del Graal, il discepolo si educa a contemplare l’immagine della Vergine Madre con il Cristo-Bambino nel grembo. Se egli sa vivere questa immagine, giunge a sentire il Graal: ogni altra deità, ogni altra luce vengono superate dallo splendore della Sacra Coppa, dalla Madre lunare tòcca dal Cristo, dalla “nuova” Eva, portatrice dello spirito solare. Nel simbolo del Graal, il discepolo sente confluire due ordini di forze: quanto all’uomo è originariamente venuto dalla Luna, ed è sorto poi nella Madre della Terra, in Eva, per manifestarsi di nuovo nella Vergine Maria, si unisce con ciò che viene dall’antico Signore della Terra, Ieova, e che come forza del nuovo Signore della Terra appare come essenza-Cristo, che si riversa nell’aura terrestre. Egli sente il confluire di ciò che agisce ormai dalle stelle – simboleggiato dalla scrittura stellare – per l’esperienza terrestre dell’umanità. È un leggere la scrittura celeste, conoscere l’evoluzione umana per mezzo della storia cosmica di Saturno Sole Luna Terra – come è alluso al principio del Vangelo di Giovanni. Per il discepolo si tratta di esserne degno.
La giusta cooperazione delle correnti di vita dell’anima, pensare – sentire – volere, nella prima parte del periodo post-atlantico doveva venir regolata non da forze che provenissero da tutti i pianeti, ma soltanto da forze del Sole, della Luna e della Terra. L’anima di quell’Essere, che divenne piú tardi Gesú di Nazareth, prese forma di anima cosmica tale che la sua vita, in certo modo, non si svolse né sulla Terra, né sul Sole, né sulla Luna, ma circondando la Terra, in accordo con essi: gli influssi terrestri giungevano a Lui dal basso, quelli solari e lunari dall’alto. Il discepolo vede quest’Essere nel suo fiore, nella medesima sfera in cui la Luna circola intorno alla Terra. Egli sente cosí il disperato appello dell’anima umana, in cui pensare sentire e volere sono afferrati dalla tenebra.
Evoca cosí in sé nuovamente il sublime Spirito Solare (Cristo), perché ancora una volta operi nell’umano.
L’immagine del Sole ha un linguaggio polivalente; cosí la Luna. Le contraddizioni sono apparenti. Ogni raffigurazione dell’occulto ne contraddice un’altra che guarda un altro aspetto dello stesso contenuto. L’uomo ordinario vuol trovare le contraddizioni per giustificare la sua paura di conoscere la realtà.
Allorché nel cielo appare la falce aureolucente della Luna, la grande Ostia è la parte nera del disco e sulla falce è il nome di Parsifal. S’intende che qui viene trovato il nome del Graal, non il Graal. Quando i raggi solari cadono sulla falce e ne vengono riflessi aureosplendenti, una parte di essi tuttavia penetra nella materia fisica: ciò che penetra è la parte spirituale dei raggi solari. La forza spirituale del Sole non viene come la forza fisica del Sole arrestata e riflessa: essa penetra. Mentre viene trattenuta dalla forza della Luna, un R+C vede realmente appunto nella parte scura, che giace nell’aurea coppa, la forza spirituale del Sole. Nella parte aurea, ossia nella coppa-falce, si vede la forza fisica del Sole. Cosí, quando consideriamo il Sole, lo Spirito del Sole riposa nella Coppa della sua forza fisica: lo Spirito Solare riposa in realtà nella coppa lunare. Ciò che la Luna fa fisicamente, si presenta dunque come un simbolo: mediante quel che essa compie fisicamente, riflettendo il Sole e producendo la coppa aurea, essa si palesa portatrice dello Spirito Solare, che in lei riposa come un’Ostia, in forma di disco. Nella leggenda di Parsifal, ogni Venerdí Santo, al servizio divino, scende dal cielo l’Ostia e viene immersa nel Graal: viene rinnovata come cibo restauratore nella festa di Pasqua.
Una purificazione è possibile quando tali simboli possono vivere con il loro contenuto nell’anima. Il discepolo sa bene che è questo contenuto che importa, ma esso deve poter vivere non per moto intellettuale, bensí per vivificazione di pensiero e per devota liberazione del sentimento e della volontà nell’anima. A tal uopo preparatrice è la confessione. Nel votarsi al Cristo come all’essenziale Principio Cosmico , il discepolo può fare in spirito la propria confessione e potrà nel silenzio, nella quiete della meditazione, ottenere da Lui la remissione dei peccati. Tra la sua anima e il Cristo può stabilire un legame cosí intimo da non poterne rinnovare troppo spesso la coscienza.
La remissione dei peccati è connessa con il nome del Cristo: essa va fin d’ora preparata. Il peccato può venire estirpato e tramutato in rinascente vita soltanto se il Cristo può congiungersi con l’anima, in quanto essa si sia aperta a Lui, secondo l’immagine paolina: «Non io, ma il Cristo in me».
* * *
Occorre che il R+C giunga allo Spirito attraverso il pensare cosciente: per virtú dell’intima forza del pensiero, egli può varcare l’abisso. Nel periodo dell’anima cosciente gli Angeli operano nel corpo astrale: nell’uomo dormiente (ma anche negli stati di sonno compresenti nella coscienza di veglia), anche nell’uomo veramente immerso nella meditazione. Ogni Angelo agisce per un singolo uomo, ma in cooperazione con gli altri.
Gli Angeli formano immagini nel corpo astrale, sotto la guida degli Spiriti della Forma; preparano la trasformazione dell’umanità secondo le Gerarchie, ossia secondo il Cristo. Essi preparano nell’uomo l’impulso della fraternità (per cui si giunge a non poter avere pace se altri soffre), l’impulso a riconoscere il “divino” nell’uomo (tutta la religiosità libera nell’avvenire si svilupperà nell’uomo: in ogni uomo il divino sarà realmente riconosciuto nella pratica della vita e non solamente in teoria: già fin d’ora il R+C può riempire l’anima di celeste beatitudine quando riesce a percepire il divino nell’altro). Dagli Angeli viene preparato il pensare celeste che porta oltre il limite (nel coltivare il pensare puro si va incontro all’opera degli Angeli e si sa che questo pensare è già l’inizio di tale opera). Risultati:
a) l’Angelo desta nell’anima un impulso a compenetrarsi dell’altro uomo, del proprio fratello: viene infuso dall’alto un essenziale segreto, “che cosa è realmente un altro uomo, la sua storia, il suo destino”. E ciò come qualcosa di realmente attivo (mirabile la conseguenza risanatrice e il riflesso sociale).
b) Radicale adesione al Cristo e libera religiosità.
c) Conoscenza concreta della natura spirituale del mondo.
Questo evento futuro è già inserito nella volontà umana, secondo il Volere Divino. Gli esseri luciferici lo ostacolano cercando di oscurare all’uomo la pratica della sua libera volontà, nonostante che essi tendano a far di lui un essere buono (che sentirà invece come infrazione o eresia ogni moto o atto di libertà). Lucifero vuole realmente il buono e lo spirituale nell’uomo, ma in modo che divenga automatico, senza la libera volontà, che egli può sviluppare nello sperimentare il sensibile. In certo modo l’uomo deve essere portato automaticamente, secondo i buoni principii, alla visione superiore. In sostanza Lucifero tende a eliminare nell’uomo la libera volontà, la possibilità che egli conosca il male, per divenire un essere libero. Vuole che l’uomo agisca dallo Spirito, ma non come un “Io”, bensí come immagine spirituale riflessa, automatica. Gli esseri luciferici hanno interesse ad afferrare l’uomo, cosí che egli non giunga alla libera volontà, perché essi stessi sono indietro, non hanno acquisita la libera volontà: questa infatti può essere acquisita solo sulla Terra, ma essi non vogliono avere a che fare con la Terra: si arrestano alla Luna; odiano in certo senso la libera volontà dell’uomo.
Agiscono in modo altamente spirituale, ma automatico. Con ciò vi sarebbe il pericolo che l’uomo, diventando troppo presto un uomo spirituale automatico, prima che funzioni la sua anima cosciente, lasci passare come in sonno la manifestazione dell’Angelo nell’Astrale.
Il discepolo deve regolare la sua vita in modo da non lasciar passare come addormentato ciò che deve verificarsi nella sua anima: altrimenti la sua evoluzione attraverserà serio pericolo. Certe entità spirituali evolvono attraverso l’uomo, in quanto l’uomo evolve con esse: gli Angeli che operano nel corpo astrale hanno una loro mèta. Tutto sarebbe un inutile gioco se l’uomo attivasse le forze dell’anima cosciente trascurando coscientemente ciò: diverrebbe un inutile gioco lo sviluppo del corpo astrale.
Se l’uomo non si apre alla conoscenza spirituale, vive come immerso nel sonno. Ciò che deve essere raggiunto con le “immagini” angeliche attive nel corpo astrale umano, può diventare un’azione degli Angeli per via diversa. Ciò che l’uomo impedisce che si attui nel suo c. astrale allo stato di veglia, dovrebbe essere raggiunto in questo caso per il fatto che gli Angeli realizzassero i loro intenti nei corpi umani addormentati. Ciò che viene trascurato nello stato di veglia e che gli Angeli non possono raggiungere, può essere raggiunto con l’aiuto dei corpi eterico-fisici durante il sonno: ivi si cercherebbero le forze per raggiungere ciò che non è possibile raggiungere nell’uomo sveglio grazie al suo pensare autonomo (Filosofia della Libertà), quando le anime sveglie si trovano nel corpo eterico e nel fisico. Questo è il grande pericolo che minaccia l’anima cosciente. Gli Angeli allora potrebbero dover portare via tutta la loro azione dal corpo astrale umano per immergerla nel corpo eterico, affinché essa possa realizzarsi. L’uomo non sarebbe presente in essa: se fosse presente allo stato di veglia, la impedirebbe. Ma questo già si sta verificando.
Le conseguenze di tale non attuata coscienza interiore, possono essere:
A) quando l’uomo dorme verrebbe creato qualcosa che egli non troverebbe attraverso la libertà, ma la mattina al risveglio; gli diventa istinto qualcosa che dovrebbe invece sorgere in lui per via di coscienza attiva e libera. Ciò significa distruzione delle forze creatrici dello Spirito. Certe conoscenze istintive che debbono penetrare nella natura umana e sono collegate con il mistero della nascita, della procreazione e del sesso, si presenterebbero in forma corrotta: taluni istinti penetrerebbero anche nella vita sociale, agendo attraverso il sesso nel sangue, e impedirebbero all’uomo lo sviluppo di qualsiasi fraternità. Si possono sviluppare istinti orrendi: gli scienziati saranno pronti a spiegare che si tratta di necessità naturali;
B) una conoscenza istintiva di certi mezzi di cura, dannosissimi: conquista di nuovi mezzi terapeutici che provocheranno danni gravi alla salute degli uomini. Ciò che è malato sarà chiamato sano;
C) si conosceranno determinate forze per mezzo delle quali, attraverso armonizzazioni di vibrazioni, si potrà manovrare grande potenza meccanica.
L’uomo si sentirà soddisfatto del suo conoscere nuovi mezzi curativi e i segreti di certe sostanze; proverà benessere nel seguire certe aberrazioni degli istinti sessuali, esaltando tali aberrazioni come vie verso il superumano, o forme elevate di spregiudicatezza, di disinvoltura: ciò che è brutto diverrà bello e viceversa.
Se i1 guardare nello spirituale è un ulteriore svegliarsi rispetto allo stato di veglia abituale, cosí come questo è uno svegliarsi dal sonno, possiamo dire che la vita di veglia non ordinata è dannosa all’esperienza del sonno. Occorre essere ben desti nell’Io, nell’anima cosciente, affinché gli Angeli operino. Le idee sono come messaggeri che conducono agli ultimi esteriori risultati del pensiero, ma non hanno niente a che fare con tali ultimi risultati stessi. Esse vengono a vivere in noi nel loro universale tessuto, quale che sia il contenuto meditativo con cui ci apriamo ad esse. Non passa giorno nel quale non accada un miracolo nella nostra vita: si tratta di accorgersene. Se qualche giorno non troviamo un miracolo nella nostra vita, è perché ci è sfuggito. Si può scoprire ogni giorno un avvenimento che – si potrà notare la sera – è entrato in modo strano nella nostra vita: si tratta di afferrare taluni delicati rapporti. Si può anche chiedere che cosa con un dato atto è stato impedito che accadesse.
* * *
Soltanto nella concentrazione attuata secondo il metodo R+C, l’uomo realizza la volontà libera: la volontà si afferma nel ricondurre sempre il pensiero all’oggetto e nel tenerlo fermo al tema. L’oggetto è il mezzo per il manifestarsi libero del volere. Questo volere viene sottratto al mondo istintivo e alla sostanza istintiva delle emozioni.
Quanto piú l’uomo in rapporto al suo corpo fisico e in genere come essere del mondo fisico è vincolato alle necessità, tanto piú è libero il suo corpo eterico: in quanto, allora, il c. eterico è completamente affidato alle sue forze. In rapporto a tutto ciò che costringe entro una necessità fisica, il corpo eterico rimane affidato a se stesso; invece per tutto ciò che vincola l’eterico ad una necessità, l’uomo è libero sul piano fisico. Mentre dunque il corpo fisico soggiace alla necessità, l’eterico dispone di una uguale misura di libertà. Esempio: costringendo ad una disciplina il fisico, si libera l’eterico, il quale ordinariamente è necessitato invece dall’automatismo (ossia dalla “falsa” libertà) del corpo. Costringendo secondo un ordine interiore l’eterico, esso svolge in libertà ciò che deve nei riguardi del fisico. Chi impara a riconoscere la necessità spirituale, si rende via via sempre piú libero per tutto quanto concerne la vita sul piano fisico. Se ci uniamo alla corrente spirituale dell’Universo, se lasciamo scorrere attraverso di noi la corrente cristo-micheliana, accogliamo in noi quel che si svincola dall’incatenamento del mondo fisico. Quanto piú, di volta in volta, ci colleghiamo per via del corpo eterico con la necessità del piano spirituale (che è per noi la libertà), tanto piú ci si libera dalla necessità del piano fisico.
Con la nostra coscienza ci protendiamo incontro ad Esseri che dal mondo spirituale ci compenetrano, e mentre accettiamo la necessità degli impulsi che vengono dal mondo spirituale, attendiamo che si riversi nella nostra spontaneità la virtú di quegli Esseri. Si produce in tal modo quella relativa, profonda, “incoscienza” per la quale sentiamo l’azione di ciò che opera in noi spiritualmente, come di solito ‘sentiamo’ un’azione incosciente. Questo ci dà la certezza che lo Spirito è in noi e che ci è lecito obbedirgli. Si è presso la soglia del supermondo, là dove la memoria ritorna memoria spirituale. La memoria agisce nell’uomo come uno specchio: riflette infatti le conseguenze delle impressioni sensibili. Questo specchio può essere superato, si può cercare quella realtà che è dietro la cortina speculare della memoria.
Per via dell’attività interiore libera, per via del pensiero, ogni volta nell’essere corporeo viene annientata la materia e con essa tutte le leggi della natura; la vita materiale viene rigettata nel Caos, cosí che dal Caos può risalire una nuova natura permeata di impulsi morali. Tutto ciò che agisce come processo di distruzione è sotto (o dietro) lo specchio della memoria: quando dunque possiamo guardare oltre questo specchio possiamo vedere che cosa in realtà siamo. L’uomo può guardare all’interno la sua malvagità, scoprire il Male Nascosto che opera e per forza del quale la materia viene distrutta; contemplare come là dove la materia viene respinta nel Caos aleggino le mirabili forze degli impulsi morali.
Si può contemplare cosí il principio dell’essere spirituale in noi: percepiamo in noi stessi lo spirito creativo. Mentre le leggi morali operano sulla materia-caos, abbiamo in noi lo “spiritualmente attivo” (che opera come la natura creatrice). Allora non siamo piú entro il limite della soggettività, ma lo superiamo perché ci affacciamo sulla scena interiore del mondo. L’uomo penetra per mezzo di dedizione e di amore, oltre la cortina dei sensi e si protende a percepire le entità che si palesano a lui mediante la totale donazione di sé, per mezzo di quello che egli deve lasciar valere come parola interna. Possibilità questa di ogni uomo moderno che voglia.
Tutto ciò che viene percepito con i sensi è morente, è cadaverico: è ciò su cui si intessono pensiero e cultura moderna che vedono una materia esistente in sé e permanente attraverso tutti i fenomeni. Ma la Terra e il Cielo passeranno, ciò che vuol farsi valere attraverso i sensi sparirà. Quello che però sorge come vita interiore, parola occulta, nel Caos interiore dell’Uomo, nel focolare di distruzione, quello continuerà a vivere dopo che cielo e terra saranno passati. Attraverso le prove, il dolore, la dedizione e la volontà, si formano nell’anima segreta dell’uomo i germi dei mondi nei quali vive il Cristo: germi di un Cosmo futuro in sé perenne, per virtú del quale la carne ritornerà Verbo.
Massimo Scaligero (3. continua)