Come si acquisisce la conoscenza del mondo spirituale?

Antroposofia

 

 

Rosacroce

 

Parliamo dunque di un addestramento attraverso un’altra scienza e anche di ciò che viene chiamato lo studio di colui che vuole penetrare nel mondo spirituale. Tutto ciò che per gli altri è una realtà fisica, a poco a poco, per una persona di questo tipo, diventa piú o meno un segno esterno, un simbolo. Se una persona è in grado di permettere a questi simboli di avere un effetto su di lei, non solo libera il suo Spirito dal mondo fisico esterno, ma lo infonde anche di forze potenti, in modo che l’anima possa esserne consapevole in assenza di stimoli esterni. Ho già detto che, quando una persona permette a un simbolo come la Rosacroce di lavorare su di lei, può avere un impulso ad ascendere nel mondo spirituale. Nel simbolo della Rosacroce immaginiamo una semplice croce nera alla quale, all’intersezione delle barre, sono attaccate in cerchio sette rose rosse.

 

Cosa dovrebbe dirci? Chi lo immagina ha il giusto effetto sulla propria anima. Guardo per esempio una pianta: dico di questa pianta che è un essere imperfetto e le metto accanto un uomo che è un essere piú perfetto nel suo genere, ma solo nel suo genere. Perché, se guardo la pianta, devo dire: in essa ho davanti a me un’entità materiale che non è permeata da passioni, pulsioni, istinti che l’hanno fatta scendere dall’altezza in cui potrebbe altrimenti stare. La pianta ha le sue leggi innate, che applica dalla foglia, al fiore, al frutto, cosí se ne sta lí, senza istinto, casta. L’uomo vive accanto ad essa, certamente un essere superiore a modo suo, ma intriso di pulsioni, istinti, passioni, attraverso le quali può deviare dalla sua rigorosa legittimità. Deve prima superare qualcosa dentro di sé se vuole seguire le sue leggi interiori, cosí come la pianta segue le sue leggi intrinseche. Ora, l’uomo può dire a se stesso: l’espressione delle pulsioni, degli istinti in me è rappresentato dal sangue rosso. Posso paragonarlo in un certo modo a ciò che la linfa casta della pianta, la clorofilla, è nella rosa rossa e posso dire: quando l’uomo è diventato cosí forte in se stesso che il sangue rosso non è piú l’espressione di ciò che lo spinge in basso, ma di ciò che lo eleva al di sopra di sé, quando è l’espressione di un essere cosí casto come la linfa della pianta che è diventata il rosso della rosa, o anche, in altre parole, se il rosso della rosa esprime la pura interiorità, l’essenza purificata dell’uomo nel suo sangue, allora ho davanti a me l’ideale di ciò che l’uomo può raggiungere superando la sua natura fisica esteriore, che mi si presenta sotto il simbolo della croce nera, del legno carbonizzato. Il rosso della rosa simboleggia la vita superiore che si risveglia quando il sangue rosso è diventato una casta espressione della natura istintiva purificata dell’uomo che ha trasceso se stesso.

 

Se non si lascia che ciò che è raffigurato resti un’idea astratta, esso diventa un’idea di evoluzione percepita in modo vivido. Allora un intero mondo di sentimenti e sensazioni prende vita dentro di noi; percepiamo uno sviluppo da uno stato imperfetto a uno piú perfetto. Per sviluppo intendiamo qualcosa di molto diverso da quella cosa astratta che la scienza esterna ci dà nel senso di un darwinismo puramente formale. Lo sviluppo diventa qualcosa che penetra in profondità nel nostro cuore, qualcosa che ci permea di calore, del calore dell’anima; diventa una forza dentro di noi che ci porta e ci sostiene. Solo attraverso queste esperienze interiori l’anima può sviluppare in sé forti poteri che le consentano di illuminarsi di coscienza nel suo essere piú profondo, in quell’essere che altrimenti diventa inconscio quando si ritira dal mondo esterno.

 

Naturalmente è molto facile dire: in questo modo lei propone l’idea di qualcosa di completamente immaginario, di qualcosa di completamente inventato. Ma ha valore solo ciò che è immagine di una concezione esterna e una concezione della Rosacroce non ha una controimmagine esterna! Non si tratta del fatto che l’immaginazione, attraverso la quale formiamo la nostra anima, sia un’imma­gine di una realtà esterna, bensí del fatto che l’immaginazione risveglia la forza della nostra anima e le tira fuori ciò che è nascosto in essa. Quando l’anima umana si dedica a questa immaginazione pittorica, quando tutto ciò che altrimenti vale come realtà diventa, per cosí dire, l’occasione per immagini che non sono tratte arbitrariamente dall’immaginazione, ma sono basate sulla realtà, come lo è ora il simbolo della Rosacroce, allora diciamo: l’uomo si sforza di fare un passo verso l’alto, verso il primo stadio di conoscenza del mondo spirituale. Questo è lo stadio della cognizione immaginativa, che ci porta verso l’alto, al di là di ciò che riguarda direttamente solo il mondo fisico.

 

Cosí la persona che vuole ascendere nel mondo spirituale, lavora nella sua anima con idee molto determinate, in un modo tanto specifico da permettere alla realtà, altrimenti esterna, di avere un effetto su di lei. Lavora nell’anima stessa. Quando l’uomo ha lavorato in tal modo per un certo periodo, allora lo scienziato esterno può dirgli: questo ha per te solo un valore soggettivo, solo individuale. Ma lo scienziato non sa che in un addestramento dell’anima cosí rigoroso e legittimo c’è uno stadio di sviluppo interiore in cui la possibilità per l’anima di lasciar parlare i sentimenti e le sensazioni soggettive cessa completamente, in cui l’anima arriva al punto in cui deve dire a se stessa: ora interiormente sorgono in me idee che mi mettono di fronte agli alberi e alle rocce, ai fiumi e alle montagne, alle piante e agli animali del mondo esterno, che sono reali come le cose fisiche e alle quali la mia soggettività non può aggiungere nulla e non può togliere nulla.

 

Per tutti coloro che vogliono ascendere al mondo spirituale, esiste quindi uno stato intermedio in cui l’uomo è soggetto al pericolo di portare nel mondo spirituale la sua soggettività, che vale solo per lui. Ma l’uomo deve passare attraverso questo stato intermedio e giungere quindi a uno stadio in cui ciò che viene sperimentato attraverso l’anima diventa altrettanto oggettivamente dimostrabile – per chiunque ne abbia la capacità – di tutte le cose della realtà esterna, fisica.

 

Pitagora e il suo teorema

Pitagora e il suo teorema

 

Del resto, anche per la scienza esterna vale il principio: ciò che deve essere scientificamente valido deve essere dimostrabile per tutti in ogni momento, anche solo per coloro che sono sufficientemente preparati a farlo. O credete che si possa insegnare “la legge del punto di ebollizione” a un bambino di otto anni? Ne dubito. Non riuscireste nemmeno a insegnargli il teorema di Pitagora. Quindi è necessario che l’anima umana sia preparata in modo appropriato se si vuole dimostrarle qualcosa. E, sebbene sia possibile per ogni essere umano, come si deve essere preparati a capire il teorema di Pitagora cosí, attraverso un certo esercizio della propria anima, si deve essere preparati se si vuole sperimentare o riconoscere questo o quello nel mondo spirituale. Quindi, ciò che può essere riconosciuto può essere sperimentato e osservato allo stesso modo da ogni persona che sia preparata a farlo nel modo necessario. Ma quando le osservazioni della scienza spirituale vengono riportate da coloro che hanno preparato la loro anima a questo, in modo che una persona possa guardare indietro alle ripetute vite terrene, cosí che queste diventino un fatto per lui, allora la gente probabilmente dirà: «Ecco che ci porta di nuovo dei dogmi e ci chiede di crederci!». Ma il ricercatore spirituale non presenta le sue scoperte al mondo in modo tale che la gente debba crederci.

 

Balena

 

Se la gente pensa che ciò che viene detto sia un dogma, si chieda: il fatto che esista una balena è un dogma per chi non ne ha mai vista una? Certo, si può giustificarlo dicendo che è un dog­ma per chi non ha mai visto una balena. Ma la ricerca spirituale non si rivolge al mondo solo con dei messaggi. Non lo fa nemmeno quando interpreta se stessa; ma ripropone ciò che porta giú dai mondi superiori in forme logiche, che sono esattamente le stesse forme logiche di cui sono impregnate le altre scienze. Allora tutti potranno verificare con un sano senso della verità e una logica imparziale se ciò che il ricercatore spirituale ha detto è vero. Si è sempre detto che l’anima deve essere addestrata per cercare i fatti spirituali, che l’anima deve essere passata attraverso ciò che è ora descritto, ma non per capire ciò che viene detto; per questo sono sufficienti un sano senso della verità e una logica senza pregiudizi. Quando il ricercatore spirituale ha permesso a questi concetti e immagini simboliche di lavorare sulla sua anima per un po’ di tempo, si rende conto che la sua vita dei sensi ed emotiva diventa molto diversa da quella che era prima.

 

Com’è la vita emotiva e sentimentale delle persone nel mondo ordinario? Oggi è diventato un po’ scontato usare ovunque il termine egoista e dire che nella vita normale le persone sono egoiste. Preferirei non dire cosí, ma dire piuttosto che nella vita normale le persone sono inizialmente strettamente connesse alla personalità umana, ad esempio quando qualcosa ci piace, soprattutto le cose che ci piacciono, le creazioni spirituali piú nobili, le opere d’arte e la bellezza. Il detto “I gusti non si discutono” esprime già il fatto che molte cose sono legate alla nostra personalità e che dipende da come ci relazioniamo soggettivamente alle cose. Esaminate come tutto ciò che può darvi piacere è in relazione con la vostra educazione, il posto nel mondo, la professione in cui è inserita la vostra personalità e cosí via, per vedere come le sensazioni e i sentimenti siano strettamente legati alla nostra personalità. Ma se si fanno esercizi dell’anima come quelli descritti, si nota che le sensazioni e i sentimenti diventano completamente impersonali. È una grande e potente esperienza quando arriva il momento in cui la nostra vita dei sensi ed emotiva diventa, per cosí dire, impersonale. Questo momento arriva, arriva sicuramente, quando, nel corso del suo cammino spirituale, una persona è stimolata da coloro che si occupano della sua guida spirituale per permettere che le seguenti cose in particolare abbiano un effetto reale sulla sua anima. Vi elencherò ora alcune cose che, se una persona lascia che lavorino sulla sua anima per settimane o mesi, hanno un effetto educativo su tutta la nostra vita emotiva e sentimentale.

 

Si può prendere in considerazione quanto segue. Se al centro delle nostre riflessioni dirigiamo la nostra attenzione su ciò che, in filosofia, trovate in merito al centro spirituale dell’essere umano, “l’Io”; se abbiamo imparato ad elevarci al concetto di Io, che accompagna tutte le nostre idee, il centro arcano di ogni esperienza; se continuiamo a sviluppare quel rispetto, quella stima e quella devozione che possono essere legati al fatto – per molti, però, non un fatto, ma una chimera – qui dentro vive “un Io”! Se può diventare l’evento piú grande, piú clamoroso, dire sempre a noi stessi che questo “Io sono” è la parte piú essenziale dell’anima umana, allora intorno all’Io sono si svilupperanno sentimenti forti, potenti, impersonali, volti proprio a riconoscere come tutto ciò che ci circonda in termini di segreti e misteri del mondo per cogliere l’essere umano sia concentrato in un punto: “l’Io”.

 

 

Il poeta Jean Paul, ad esempio, ci parla di questa realizzazione dell’Io nella sua biografia: «Non dimenticherò mai l’evento interiore che non ho mai raccontato a nessuno, in cui mi trovavo alla nascita della mia autocoscienza, di cui conosco l’ora e il luogo. Una mattina, da bambino molto piccolo, mi trovavo sotto la porta di casa e guardavo a sinistra la catasta di legna, quan­do all’improvviso il mio aspetto interno, Io sono un Io, mi balenò davanti come un lampo del cielo e da allora rimase splendente: quella fu la prima volta che il mio Io vide se stesso e fu per sempre».

 

Gli inganni della memoria sono difficilmente concepibili in questo caso, poiché nessuna narrazione estranea potrebbe essere mescolata con aggiunte a un evento che si è verificato semplicemente nel sancta sanctorum dell’essere umano, la cui sola novità era data da tali circostanze quotidiane. È già molto sentire la devozione, tutti i brividi di stupore e tutto il sentimento per la grandezza dell’esistenza dell’essenza in un unico punto. Ma se l’uomo lo sente ancora e ancora e permette che abbia un effetto su di lui, può essere tale che, anche se non lo illumina su tutti gli enigmi del mondo, gli dà comunque una direzione che va interamente verso l’impersonale e interamente verso l’essere umano piú profondo.

 

E quando abbiamo fatto questo per un po’, possiamo prendere i nostri sentimenti e le nostre sensazioni in una direzione diversa, possiamo dire a noi stessi: questo Io in noi è collegato con tutto ciò che pensiamo, sentiamo e percepiamo, con tutta la nostra vita spirituale, brilla e risplende attraverso la nostra vita animica. Possiamo quindi studiare la natura umana con l’Io come centro del pensiero, del sentimento e della volontà, senza prendere in considerazione noi stessi e senza diventare personali. L’uomo diventa un mistero per noi, non noi stessi. Allora i nostri sentimenti si spostano dall’ego all’anima. Allora possiamo passare ad altri sentimenti, in particolare possiamo acquisire quel bellissimo sentimento senza il quale non possiamo condurre la nostra anima piú avanti nella realizzazione spirituale, cioè quello che si vorrebbe definire come la sensazione che in ogni cosa, che per cosí dire ci si presenta, si apre l’accesso a un infinito. Se si permette all’anima di manifestarsi sempre di piú questa è la sensazione piú meravigliosa. Può accadere quando usciamo e vediamo un meraviglioso spettacolo naturale: le montagne avvolte dalle nuvole, i tuoni e i lampi. Questo ha un grande e potente effetto sulla nostra anima. Ma allora dobbiamo imparare a vedere non solo là la grandezza e la potenza, ma a prendere anche solo una singola foglia, a guardarla da vicino con tutte le sue nervature e tutte le cose meravigliose su di essa e cosí facendo possiamo sentire e percepire il grande e potente che dalla piú piccola foglia si rivela come un infinito, proprio come possiamo percepirlo nel piú grande spettacolo della natura.

 

Cappuccino

 

Può sembrare paradossale, ma c’è qualcosa di vero, e ci si deve esprimere in merito in modo grottesco. Quando una persona vede la massa incandescente di lava che esce dalla terra può fare una grande impressione. Ma immaginiamo allora qualcuno che guardi il latte caldo o il piú banale dei caffè: vede qualcosa come delle piccole formazioni a forma di cratere ed ecco là uno spettacolo simile che si svolge su piccola scala. Ovunque, nel piú piccolo come nel piú grande, c’è l’accesso all’infinito.

 

E se continuiamo a esplorare, non importa quanto ci sia stato rivelato, c’è sempre qualcosa di piú sotto la superficie che abbiamo esplorato in precedenza. È cosí che sentiamo ciò che può essere svelata in ogni punto dell’universo come una rivelazione di un infinito immenso. Questo riempie la nostra anima di sensazioni e sentimenti che ci sono necessari se vogliamo raggiungere ciò che Goethe chiama “occhi spirituali” e “orecchie spirituali”. In breve, è un’espressione della nostra vita emotiva, che altrimenti è la piú soggettiva, al punto che non ci sentiamo altro che la scena in cui sta accadendo qualcosa, in cui non consideriamo piú i nostri sentimenti come parte di noi. La nostra personalità viene messa a tacere. È un po’ come stendere una tela e dipingerci sopra un quadro in qualità di pittore: quando ci alleniamo in questo modo, stendiamo la nostra anima e permettiamo al mondo spirituale di dipingere su di essa. Lo si percepisce da un certo punto in poi. Si deve allora solo capire da soli che per riconoscere ciò che il mondo è essenzialmente, è necessario considerare un certo livello di vita animica come unico, solo e decisivo.

 

Cosí, infatti, ciò che l’uomo si conquista nell’ardente sforzo dell’anima diventa il processo decisionale della verità. Deve essere l’anima stessa a decidere se qualcosa è vero o no. Non è qualcosa di esterno che può far decidere, ma andando oltre se stesso, l’uomo deve trovare dentro di sé l’autorità per vedere o trovare la verità. Di fatto, possiamo dire che non siamo del tutto diversi dalle altre persone. Gli altri cercano criteri oggettivi, qualcosa che dia una conferma esterna della verità. Il ricercatore spirituale, invece, cerca la conferma della verità dall’interno. Quindi fa il contrario. Se fosse cosí, si potrebbe forse dire, per amore dell’apparenza. È una brutta cosa quando gli scienziati spirituali vogliono capovolgere il mondo nelle loro tortuosità. In realtà, gli scienziati naturali e i filosofi non fanno nient’altro che gli scienziati spirituali, solo che non sanno di farlo. Lasciate che ve ne dia una prova, tratta dall’attualità contemporanea.

 

All’ultima riunione degli scienziati naturalisti, Oswald Külpe ha tenuto una conferenza sul rapporto tra scienza naturale e filosofia, in cui è giunto alla conclusione che l’uomo, guardando il mondo dei sensi e percependolo come suono, colore, calore e cosí via, ha solo qualità soggettive. Questo è solo un po’ diverso da quando Schopenhauer dice: «Il mondo è la nostra immaginazione». Ma Oswald Külpe sottolinea che ciò che percepiamo attraverso i nostri sensi, in breve tutto ciò che ci appare visivamente, è soggettivo, mentre ciò che la fisica e la chimica dicono – pressione, attrazione e repulsione, resistenza e cosí via – deve essere caratterizzato come oggettivo; in questo modo, nelle nostre visioni del mondo, abbiamo a che fare in parte con qualcosa di puramente soggettivo, in parte con ciò che è oggettivo come pressione, attrazione e repulsione. Non voglio addentrarmi ulteriormente nelle critiche che sono state mosse, voglio solo affrontare il modo di pensare. Per gli epistemologi di oggi sembra terribilmente facile da dimostrare: poiché non potremmo vedere senza i nostri occhi, la luce sarebbe solo qualcosa causata dai nostri occhi.

 

Oswald Külpe

Oswald Külpe

 

Ma ciò che accade nel mondo esterno, quando una palla ne spinge un’altra, si dice che ciò che agisce come forze, come resistenza, pressione e cosí via, deve essere trasferito nel mondo esterno, nello spazio. Perché si pensa questo? Oswald Külpe si tradisce molto chiaramente a un certo punto, quando parla delle percezioni dei sensi. Poiché le considera immagini, dice quindi a proposito: non possono spingersi o attrarsi l’una con l’altra, né possono spingersi o riscaldarsi a vicenda, né possono essere cosí distanti nello spazio da inviare la luce attraverso lo spazio a tale e tale velocità, né possono essere disposte nello stesso modo in cui il chimico dispone gli elementi. Perché dice questo delle sensazioni? Perché considera le percezioni sensorie solo come immagini causate dai nostri sensi.

 

Ora vorrei presentarvi un semplice pensiero che dimostra che la figuratività non cambia nulla. Le cose si respingono e si attraggono. Ma quando il signor Külpe osserva le percezioni sensoriali, questo mondo che non può né attrarsi né respingersi, non si pone di fronte al signor Oswald Külpe come realtà, ma come immagine speculare. Egli ha delle immagini davanti a sé. Ma l’impatto, la pressione, la resistenza e tutto ciò che si colloca nel mondo come diverso dagli altri, le percezioni dei sensi, non si spiega oggettivamente in nessun altro modo se non attraverso la natura pittorica delle percezioni sensoriali. Perché è cosí? Perché l’uomo, percependo la pressione, l’impatto e cosí via, trasforma ciò che vive nelle cose in sensazioni delle cose. Per esempio, quando una persona dice che una palla da biliardo spinge l’altra, dovrebbe studiare di mettere nelle cose ciò che sperimenta come forza d’urto! E chi sta sul terreno della scienza spirituale non fa nient’altro. Ciò che vive nell’anima è ciò che egli fa diventare il criterio di espressione del mondo. Non c’è altro principio di conoscenza se non quello che si può trovare attraverso lo sviluppo dell’anima stessa. Quindi gli altri fanno la stessa cosa della ricerca spirituale. La ricerca spirituale lo sa e basta. Gli altri lo fanno inconsapevolmente, non hanno idea che stanno facendo la stessa cosa a livello elementare, si fermano solo al primo livello e negano quello che loro stessi stanno cercando di fare. Perciò possiamo dire: la scienza spirituale non si differenzia in alcun modo dalle altre ricerche della verità; gli altri ricercatori fanno lo stesso, solo che fanno il primo passo e non ne sanno nulla, mentre la ricerca spirituale compie consapevolmente i passi fino a dove una particolare anima umana può arrivare in base al suo stadio di sviluppo.

 

Rudolf Steiner (2a parte, continua)


 

Conferenza tenuta a Berlino

il 15 dicembre 1910 – O.O. N° 60.

Risposte della Scienza dello Spirito

ai grandi problemi dell’esistenza.

Traduzione di Angiola Lagarde.

Da uno stenoscritto non rivisto dall’Autore.