Gabriele Burrini: la ricerca dell'armonia

Testimonianze

Gabriele Burrini la ricerca dell'armonia

Gabriele Burrini

Gabriele Burrini

Come in un racconto, vi narrerò di Gabriele.

Verso la fine della Seconda Guerra Mondiale la madre fece una promessa a San Gabriele dell’Addolorata, sacerdote passionista molto venerato nel Teramano e in tutto l’Abruzzo, nel santuario a lui dedicato: se suo marito fosse tornato sano e salvo dalla guerra e avesse avuto un figlio, lo avrebbe chiamato Gabriele.

Basilica di San Gabriele dell'Addolorata

Basilica di San Gabriele dell’Addolorata

Il marito tornò, ma non aveva lavoro, e presto ripartí per il Venezuela in cerca di fortuna. Trascorso un anno, non era riuscito a trovare un lavoro stabile, e si era per giunta ammalato. Senza piú speranze e depresso, si reimbarcò alla volta dell’Italia.

La famiglia, che aveva già un figlio nato prima della guerra, continuò ad essere povera, finché agli inizi degli Anni Cinquanta il padre di Gabriele trovò un lavoro, anche se precario. Sua madre, intanto, in occasione della Pasqua, era andata a confessarsi da un passionista venuto in paese presso la chiesa madre. Le fu chiesto quanti figli avesse e lei rispose che ne aveva uno solo, e date le difficoltà economiche cercava di non averne altri. Il confessore le disse allora che non poteva darle l’assoluzione.

Mosciano Sant'Angelo

Mosciano Sant’Angelo

Da quel momento i due coniugi riconsiderarono la possibilità di avere altri figli, e da un unico incontro nacquero due gemelli, Gabriele e sua sorella, il 4 febbraio del 1953 a Mosciano Sant’Angelo, nella verde e bellissima terra d’Abruzzo, dove le colline s’inseguono e sullo sfondo domina, poderoso, il Gran Sasso con le cime innevate. Gli uomini somigliano al paesaggio, ricchi di forze interiori e saldi sulla terra madre.

Gabriele e io c’incrociammo per la prima volta a Napoli nel corso di un convegno, ignari l’uno dell’altra. Di quel primo incontro parlammo anni dopo. Era il 29 settembre del 1968, giorno di San Michele Arcangelo, e mi era rimasto impresso nella memoria, perché andai a cercare un bar col telefono a gettoni per dare gli auguri di Buon onomastico a mio padre che abitava in un’altra città.

San Michele Arcangelo

San Michele Arcangelo

L’Arcangelo Michele è stato dall’inizio nelle nostre vite.

Nella mia famiglia ci sono stati molti “Michele”, in ascendenza e in discendenza, l’ultimo dei quali è nostro figlio, Joseph Michael. Per quanto riguarda Gabriele, il suo paese è dedicato al Principe degli eserciti celesti, e cosí la chiesa madre e l’annesso torrione medievale, costruito da monaci benedettini, molto devoti alle Apparizioni del­l’Arcangelo avvenute sul Gargano nel 490, 492 e 493 d.C.

Il cammino di Santiago

Il cammino di Santiago

 

A diciotto anni, Gabriele andò a Firenze a studiare Lettere antiche a indirizzo archeologico e nell’estate dello stesso anno, con due amici, si recò a Santiago di Compostela. Portò da lí due conchiglie, una piú grande e una piú piccola, che poi diede a me.

Dalla Spagna i tre giovani, per un convegno sull’orientalismo, vennero a Lugano, dove ci conoscemmo. Erano gli inizi di settembre, e già nell’aria si avvertivano gli influssi di Michele su quel lago nordico e bellissimo. Gabriele era piú giovane di me, era uno studente, mentre io lavoravo come borsista presso l’Istituto Universitario Orientale di Napoli, cosí non riportai di lui e di quell’incontro che un vago ricordo.

Nell’anno successivo, ci rivedemmo a Lugano per la seconda edizione del convegno. Gabriele in un anno era maturato, e lo apprezzai per la gentilezza dei modi. Agli inizi degli anni ’70 i gentiluomini e i cavalieri erano piuttosto scarsi. Gabriele era l’uno e l’altro.

Trascorse ancora un anno e tornai a Lugano, ma Gabriele non c’era. Si stava preparando a cambiare non solo la sua vita, ma anche quella mia e delle nostre famiglie. Aveva chiesto ai suoi di potersi trasferire dall’Università di Firenze all’Istituto Orientale di Napoli. Voleva cambiare Facoltà e studiare le lingue orientali. Dopo qualche difficoltà i genitori accettarono e Gabriele venne a Napoli.

Intanto avevo avuto modo di apprezzarlo attraverso le lettere che scriveva a un amico, che già da un anno si era trasferito a Napoli. L’amico mi leggeva quelle lettere e mi resi conto che Gabriele, cosí giovane, aveva un’anima matura, antica, bella e vasta. Cosí, quando arrivò a Napoli, amavo già quell’anima. Ma ciò che decise il nostro destino fu la lettura del passo di Giovanni sulla “vite e i tralci” (15, 1-17). Verso la fine (15, 16-17) il Cristo Gesú dice: «Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto, e il vostro frutto rimanga… Questo vi comando: amatevi gli uni gli altri». Capimmo allora che il Cielo ci voleva insieme. Poi Gabriele mi rivelò che era venuto a Napoli per me.

Massimo Scaligero

Massimo Scaligero

Dopo alcuni giorni andammo a trovare Massimo Scaligero a Roma, che fu molto lieto della notizia e sottolineò che era un evento straordinario che si fossero unite due persone che erano già sulla Via. Infatti, anche se giovane, Gabriele aveva conosciuto Massimo qualche tempo prima e in lui aveva riconosciuto il suo Maestro.

Sei mesi dopo ci sposammo. Ricordo che durante la cerimonia nuziale, in un grande santuario mariano, io attendevo le parole del sacerdote: «Per Cristo, con Cristo, in Cristo», e le ripetei nel mio cuore, perché la mia unione con Gabriele avvenisse e fosse vissuta nel Nome del Signore.

Ho raccontato gli inizi della nostra storia, perché è l’esempio di un amore che ha cercato di vivere secondo lo Spirito in ogni atto e momento della vita quotidiana. Eravamo, Gabriele e io, profondamente consapevoli dell’impegno verso il Mondo spirituale, e ogni scelta è stata compiuta evitando qualunque compromesso con la nostra coscienza. Va da sé che una vita cosí non è facile. Soprattutto, è piena di sacrifici.

Gabriele, qualche anno dopo la laurea, trovò un lavoro da correttore di bozze alla Rizzoli di Milano, ma non fu facile ottenerlo. Aveva preso la laurea con il massimo dei voti, la lode e la pubblicazione della tesi sugli Annali presso l’Istituto Universitario Orientale di Napoli. Il suo relatore, il professor Garbini, gli aveva detto in perfetto romanesco che, se fosse stato una bella ragazza, gli avrebbe dato anche il bacio accademico, per cui alla Rizzoli pensavano che non fosse adatto per un lavoro cosí al di sotto delle sue capacità.

Il problema è che avevamo già due figli e io guadagnavo poco, cosí Gabriele partí per Milano, dove poco dopo lo raggiunsi con i bambini. Non ricordo quanto tempo prima che questa soluzione si presentasse, feci un sogno: nella sala di una biblioteca piena di libri c’erano Massimo Scaligero e Rudolf Steiner in piedi, e mio padre, che abitava a Milano, seduto a una scrivania. Capii successivamente che si riferiva al nostro trasferimento a Milano nel 1981. Del lavoro alla Rizzoli, Massimo, prima di attraversare la Soglia, disse che sarebbe venuto da dove meno ce lo saremmo aspettato. E cosí fu. Certamente lui sapeva.

A Milano abbiamo fin dall’inizio lavorato con le case editrici, all’interno e all’esterno, come collaboratori e poi come scrittori di libri. Alcuni li abbiamo scritti insieme, altri Gabriele li ha scritti da solo. Tra questi vorrei ricordare: per Xenia di Milano L’omeopatia, 1994; L’Antropo­sofia, 1996; Il karma, 2005. Per Bompiani, Milano Padre nostro che sei nei cieli. Le piú grandi preghiere di tutti i tempi e di tutti i paesi, 1998. Per la Edilibri di Milano Il cappellaio di Urmak. Racconti di redenzione, 2001; Pagine d’amor platonico, 2002; L’angelo dei nuovi tempi. Oriente e Occidente verso la spiritualità futura, 2003; Antichi mestieri. Un nonno racconta i lavori di un tempo, 2013; Alberi e miti. Alla scoperta delle piante sacre, 2013; Alfabeto e filastrocche, 2013.

Rivista AstraCon gli anni mio marito è diventato giornalista della rivista «Astra», nella quale ha trattato sempre di argomenti attinenti alla spiritualità.

Si avvicinò alla Società Antroposofica milanese, mai nascondendo che a condurlo al Maestro dei Nuovi Tempi era stato Massimo Scaligero. Nella sede di via Vasto cominciò a guidare nel 1993 un piccolo gruppo di studio sui Vangeli. In seguito il gruppo si allargò e lui tenne anche conferenze pubbliche.

Nel sito http://www.orienteeoccidente.it si possono leggere i tanti articoli da lui scritti nel corso degli anni.

Nel 2005, nella notte precedente la Domenica delle Palme, eravamo a Marina di Pisa per un convegno. Gabriele sognò di entrare nella chiesa non lontana da casa nostra, a Milano, esempio di un romanico semplice e bellissimo, risalente al 1000/1100. Dentro bivaccavano molti mussulmani, mentre il Cristo in trono che occupa l’abside era scomparso. Con il cuore stretto dall’angoscia, Gabriele gridò: «Cristo, dove sei? Cristo, dove sei?». La statua di un angelo che stava in alto improvvisamente si animò, scese rapidamente ad ali spiegate e gli si parò dinanzi. Gabriele si svegliò con un grido di spavento. L’angelo era un giovinetto dai capelli rossi a caschetto, alto e vigoroso. Fu dopo questo sogno che iniziò il lungo calvario di Gabriele.

Non ricordo quando, ma certo dopo tali avvenimenti Massimo in sogno mi comunicò che Gabriele sarebbe dovuto morire, ma era stato salvato per non lasciarmi sola. Quanta dolcezza, quanta delicatezza d’animo, quale affettuosità da parte dei nostri Maestri! È anche vero tuttavia che io ero da sempre consapevole di un pericolo nel suo destino ed erano trent’anni che pregavo per lui la Madre di Dio.

La sua salute nel corso degli anni è via via peggiorata. Nel luglio del 2009 si operò nella speranza di migliorare un dolore di cui soffriva da molto tempo e di poter tornare al lavoro in redazione. Con l’aggravarsi del male, però, fu costretto all’invalidità.

La sua vita si svolgeva prevalentemente in casa, ormai da anni, e anche le visite degli amici si erano via via rarefatte, perché il male che avanzava non gli dava tregua. Soffriva moltissimo ma si lamentava poco. Solo a volte, quando il dolore era insopportabile, ripeteva il grido: «Cristo, dove sei?». Piú spesso però lodava Dio e la Sua bontà, anche se lo faceva soffrire cosí tanto.

Maître Philippe di Lione

Maître Philippe di Lione

Nel 2008, criticizzandosi il suo stato di salute, con due cari amici, discepoli della Scienza dello Spirito e anche particolarmente devoti a Maître Philippe di Lione, Gabriele decise di visitare i luoghi che ricordavano il Maestro, e dove tuttora si avverte presente l’energia della sua aura: la Rue Tête d’Or a Lione, dove il Padre dei Poveri riceveva e teneva le sue riunioni guaritrici; il laboratorio di Rue du Boeuf, dove preparava i suoi medicamenti; il Clos Landar a L’Arbresle, dove passava le estati, e infine la sua tomba a Loyasse. Fu da quella indimenticabile esperienza che nacque piú tardi l’ar­ticolo che abbiamo pubblicato nel numero di settembre 2015 dal titolo “Chi era Maître Philippe di Lione”.       

Molti furono i sogni che Gabriele fece di Maître Philippe. In uno di questi il Maestro gli disse: «Il compito dei figli di Dio è sopportare».

Gabriele mi diceva di essere “un servo del Signore” e sulla scrivania del computer mi ha lasciato, oltre a molte bellissime immagini della Natura, una scritta fissa in alto: «Quanto sono grandi le Tue opere, Signore!».

Dopo una lunga sofferenza, gli dèi hanno voluto prenderlo presto con sé. Forse una settimana o poco piú prima del passaggio, nella notte aveva sentito intorno a sé un profumo di rose. Poco dopo il passaggio, nel corridoio della nostra casa due persone hanno avvertito un profumo di rose e di fiori.

In tutta la vita Gabriele ha cercato sempre l’armonia in se stesso e l’ha donata agli altri. Le disarmonie, i litigi lo facevano soffrire molto e operava per ricomporli. Sapeva ascoltare gli altri e dare loro il giusto consiglio. Piuttosto che dire cose sgradevoli, preferiva sopportare e tacere. Quando non era ancora malato, non si negava mai a nessuno, né mai rifiutava di aiutare sotto varie forme, donandosi continuamente. E cosí ha fatto fin quasi agli ultimi giorni.

Pio Filippani Ronconi

Pio Filippani Ronconi

Tutti coloro che lo conoscevano lo consideravano “il migliore”. E cosí lo definí il professor Pio Filippani Ronconi, quando Gabriele era un giovane laureato in cerca di lavoro, aggiungendo: «Proprio per questo sarà messo sempre dietro gli altri».

Perseguiva la sapienza piena di luce, la Sofia divina, e non c’era domanda alla quale non sapesse rispondere, almeno in parte, promettendo che avrebbe approfondito la questione. Possedeva la fede forte e ardente, che hanno solo coloro che amano molto il Cristo.

La divina SophiaIo stessa e quanti lo stimavano, avevano tanto affetto per lui e che lui aiutava, ci siamo chiesti perché mai una persona cosí utile agli altri e piena di bontà non sia stata lasciata all’umanità in questo tempo cosí buio e gravato da tanta disumana malvagità.

La risposta mi è giunta, lapalissiana: aveva fatto sulla Terra tutto quello che poteva fare di meglio, e negli ultimi mesi, sentendo venire meno le forze e avendo intuito che il suo tempo stava per scadere – come mi disse – aveva scritto gli articoli per «L’Archetipo» come ultimi aiuti che poteva lasciarci.

Nei giorni precedenti al passaggio della Soglia aveva fatto dei sogni di combattimento e di vittoria sui suoi nemici. Di là lo attendevano, con il suo amore per la divina Sofia, con la sua dedizione al Cristo e la sua armonia, per altri lavori necessari alla vittoria del Mondo Spirituale entro l’umanità.

Dopo la sua dipartita, ho compreso che devo ritrovare in modo spirituale l’unione con Gabriele, con l’aiuto di Dio e della Beata Vergine che me lo mandò incontro.

 

Alda Gallerano Burrini