Un Maestro molto speciale

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Un Maestro molto speciale

La pittura è stata per me, negli anni, un linguaggio con il quale esprimere, visivamente, quanto andavo elaborando attraverso gli accadimenti esterni. Il piú importante è stato l’incontro con la Scienza dello Spirito. Da allora, quello che cercavo di fissare sulla tela è stato sempre riferito al lavoro interiore che tentavo di sviluppare.

 

In questo ho avuto un insegnante molto speciale. Il fatto che ogni giorno mi recassi allo studio di Via Cadolini, che era il mio studio di pittura e contemporaneamente lo studio di Massimo Scaligero, in cui riceveva le persone che chiedevano di incontrarlo, fece sí che ogni quadro nascesse sotto l’occhio vigile di un Maestro molto esigente.

 

«Angelo» (1959)

«Angelo» (1959)

 

Il mio metodo si era formato con insegnamenti tradizionali, anche se poi la mia insofferenza per il ripercorrere le orme dei celebrati dell’epoca mi aveva fatto trovare uno stile del tutto personale.

 

Massimo però chiedeva qualcosa di piú, ogni volta che un quadro si for­mava giorno per giorno. A volte, dopo aver lavorato a una zona del dipinto con grande precisione, mi ritrovavo il giorno dopo tutta la parte su cui avevo maggiormente insistito, e che mi aveva procurato una certa soddisfazione, completamente “rovinata”. In realtà non era affatto una rovina, era un movimento dei colori che avevano preso il sopravvento sull’immobilità della rappresentazione precedente.

 

«Fiordo» (1967)

«Fiordo» (1967)

 

Il messaggio non aveva bisogno di chiarimenti: quella staticità che mi era sembrata perfettamente eseguita, doveva essere movimentata con una vitalità che mancava e che Massimo, con poche pennellate, aveva reso visibile.

 

Tutti i suoi interventi sui quadri di quell’epoca sono rimasti sulle tele senza che io li toccassi ulteriormente, come preziosa testimonianza di un insegnamento diretto.

 

Mentre dipingevo, ascoltavo musica classica. Era Massimo a scegliere i dischi: Bach, Beethoven, Chopin, Grieg, Ravel. Diceva che ascoltare la musica mentre si dipinge aiuta ad accompagnare artisticamente la pennellata.

 

Massimo Scaligero «Rosacroce»

Massimo Scaligero «Rosacroce»

 

Alcuni quadri però erano decisamente mal riusciti. Avrei voluto eliminarli, cosa che in seguito ho fatto spesso… Allora Massimo li rendeva suoi, lasciando dell’originale solo una piccola parte, magari un lontano orizzonte.

 

Massimo Scaligero «Alberi in riva al mare»

Massimo Scaligero «Alberi in riva al mare»

 

Difficile rintracciare l’originale dipinto in questo di Massimo persino firmato, considerando che l’albero in primo piano a destra è la trasformazione di una fanciulla bionda con le braccia aperte…

 

Una cosa importante da attuare mentre dipingevo era la preghiera, cosí come per secoli avevano fatto gli iconografi. Una preghiera interiore che do­veva risultare come visiva preghiera esteriore una volta compiuto il dipinto.

 

Tante erano le raccomandazioni anche tecniche: non disegnare prima ma creare la forma dal colore; non ricercare la precisione fotografica di un paesaggio o di un personaggio da ritrarre: il fotografo ritrae la forma, il pittore ritrae l’essenza; non toccare piú il quadro quando è terminato: ritornandoci sopra, anche se c’è dell’imprecisione, si rischia di togliere quel momento di spontaneità che ha fatto trasparire una parte di eterico, e si scade nel fisico, magari un fisico ben fatto ma si è spento il momento vitale.

 

Massimo Pastello

 

Quando ancora Massimo non disponeva delle mie tele, dei colori a olio e pennelli, aveva fatto con i pastelli a cera su carta dei disegni che poi sono stati donati a molti suoi discepoli. In quelle immagini Massimo aveva rappresentato i movimenti eterici che si colgono in particolare nell’esercizio della percezione pura.

 

Massimo Scaligero pastello

 

Rudolf Steiner diceva che quando si segue una disciplina interiore come l’Antroposofia, si diviene inevitabilmente artisti, e una delle forme d’arte piú applicabile da tutti, perché non richiede una profonda preparazione tecnica, è proprio la pittura.

 

Ho sempre molto ammirato la pittura antroposofica, i meravigliosi acquerelli di grandi pittori come Liane Collot d’Herbois, Arild Rosenkrantz, Iris Sullivan, David Newbatt e tanti altri, che hanno perfettamente interpretato quanto Rudolf Steiner ci ha lasciato di insegnamento nel libro L’essenza dei colori.

 

Ho anche tentato di realizzare qualcosa con l’acquerello o con i pastelli, ma sono tecniche che non ho mai sentito come affini. Ne parlai a Massimo con molto dispiacere, gli confidai che non riuscivo a realizzare nulla di decente, soprattutto con l’acquerello. Allora lui mi tranquillizzò, dicendomi che qualunque mezzo può essere utilizzato allo stesso modo, basta non dipingere con una tecnica massiccia come ad esempio la spatola, ma diluendo il colore con l’olio invece che con l’acqua e ponendolo sulla tela senza donare fisicità alla pennellata.

 

La pittura, come l’arte in generale, è espressione dell’interiorità dell’artista e messaggio che chi dipinge comunica alle persone che vedranno l’opera. L’intento sarà raggiunto se qualcuno lo coglierà e lo farà suo.

 

 

Marina Sagramora