Elementi fondamentali dell'esoterismo

Antroposofia

Elementi fondamentali dell'esoterismo

Questa conferenza sarà intercalata fra le altre e potrà far luce su certi dati delle altre conferenze. Parleremo oggi dell’azione e dell’entità dei deva.

Attualmente è molto difficile parlare di Dei o di Deva, per la buona ragione che perfino gli uomini che hanno ancora un punto di vista religioso positivo e che credono ancora negli Dei non hanno tuttavia piú alcuna relazione vivente con le entità spirituali divine. Questa relazione vivente con gli Dei – cioè con entità che sono ben al di sopra dell’uomo – è in effetti scomparsa nel corso dell’epoca del materialismo. Questo legame vivente con gli Dei è scomparso particolarmente nel corso dell’evoluzione materialistica avvenuta al momento del passaggio dal XV al XVI secolo e fino alla nostra epoca. C’è poca differenza tra il fatto che un uomo condivida il punto di vista materialistico darwinista o che parli ancora piú o meno religiosamente degli Dei.

Domenico Ghirlandaio «Dionigi l’Areopagita»

Domenico Ghirlandaio «Dionigi l’Areopagita»

È molto piú importante rendere vivente in sé la coscienza del fatto di essere salito dai gradi inferiori dell’esistenza e che si salirà ancora a livelli superiori. Bisogna sentire che si ha un’affinità con tutto ciò che sta al di sotto di noi e con tutto ciò che sta al di sopra.

L’insegnamento che parla degli Dei è stato reso per la prima volta dal discepolo dell’apo­stolo Paolo, Dionigi l’Areopagita, sotto forma di un sistema. Ma è stato messo per iscritto solo nel VI secolo. Per questo gli eruditi negano l’esi­stenza di Dionigi l’Areopagita e parlano di scritti di uno pseudo-Dionigi, come se nel VI secolo si fossero solamente raccolte delle vecchie tradizioni. Si può verificare la veridicità dei fatti solo leggendo la Cronaca dell’Akasha. E la cronaca dell’Akasha insegna che Dionigi l’Areopagita è veramente vissuto ad Atene, che è stato iniziato da Paolo e che da lui ha ricevuto la missione di fondare l’insegnamento degli Esseri spirituali superiori e di divulgarlo a particolari Iniziati. All’epoca, certi insegnamenti elevati non erano mai messi per iscritto, ma soltanto propagati per tradizione orale. Anche l’insegnamento degli Dei fu dispensato da Dionigi ai suoi discepoli e trasmesso ad altri da questi ultimi. L’allievo di­retto fu allora di proposito chiamato a sua vol­ta Dionigi. Cosicché l’ultimo, colui che scrisse l’insegnamento degli Dei, era uno di questa serie di adepti chiamati tutti Dionigi.

Questo insegnamento degli Dei, come l’ha dato Dionigi, comprende tre volte tre Gerarchie di entità divine: le tre supreme del primo rango sono i Serafini, i Cherubini, i Troni. Il rango seguente comprende le Dominazioni, le Virtú e le Potestà. Il terzo rango comprende le Arcai, gli Arcangeli e gli Angeli.

Ogni volta che nella Bibbia si trova la locuzione “all’inizio” questa si riferisce alle Arcai, o forze delle origini. “All’inizio, Dio creò il cielo e la terra” vuole dire: la divinità dell’origine, che sta a questo livello, creò il cielo e la terra. Si trattava di una delle Arcai [o Principati] della terza divisione delle Gerarchie.

Gerarchie angelicheAl di sopra dei Serafini, ci sono ancora delle entità divine di una tale maestosità che la capacità uma­na non basta per com­prenderle. Dopo il ter­zo rango c’è la quarta Gerarchia: l’uomo, de­cimo di tutta la serie di ranghi.

I nomi delle Gerarchie non sono nomi propri ma nomi di cer­ti gradi di coscienza del grande universo, e gli esseri avanzano di grado in grado. Eliphas Levi lo ha chiaramente visto, sottolineando che, con questi nomi, si ha a che fare con dei ranghi, delle Gerarchie.

Anche il principio dell’organizzazione ecclesiastica risale a quello stesso Dionigi che ha dato l’insegnamento sugli Dei. La gerarchia ecclesiastica doveva essere una immagine esteriore della Gerarchia interiore dell’universo. Questa grandiosa idea sarebbe stata realizzabile se i tempi fossero stati maturi per capire tutto questo nella sua giusta forma. Dionigi aveva lasciato ai suoi discepoli un tale insegnamento sulla Chiesa che questo, se avesse potuto essere pubblicato, avrebbe rappresentato un’organizzazione gigantesca, grandiosa. All’epoca, si è cercato di trasmettere gli insegnamenti in modo tale che il filo non fosse mai spezzato fra un istruttore e un altro che ne aveva anche il nome. Per questa ragione non è poi cosí strano che nel VI secolo ci sia un Dionigi che mette gli insegnamenti per iscritto. Ma questi insegnamenti non potevano incontrare una comprensione generale, perché l’umanità non era ancora matura. Costituiscono dunque una specie di testamento.

Piú risaliamo a ritroso e piú gli uomini hanno avuto dei concetti viventi nei confronti delle entità al di sopra dell’uomo.

Ci faremo adesso un’idea della maniera con la quale l’uomo – l’uomo ordinario della nostra attuale civiltà – incontra gli Dei. Dopo la morte, l’uomo passa prima di tutto attraverso il Kamaloka, stato nel quale si stacca poco a poco dalle abitudini della vita terrestre e si libera dei desideri. È essenzialmente nei primi tempi che il soggiorno nel Kamaloka è talvolta orribile e spaventoso. Dopo questo, l’uomo passa per il periodo del Kamaloka durante il quale deve purificarsi dei legami piú sottili con il mondo terrestre. Questo soggiorno nel Kamaloka non è solo importante per l’uomo ma, come vedremo, l’attività dell’uomo negli stadi superiori del Kamaloka può ugualmente essere utilizzata nel resto del mondo. Dopo il Kamaloka egli passa nello stato del Devachan, nel quale, grazie alle facoltà che ha acquisito, fa tutto il lavoro necessario per costruire un nuovo corpo eterico. Nel piano arupa del Devachan deve depositare tutto quello che ha acquisito con il suo lavoro sul piano fisico. Per questo nell’esoterismo i preti greci chiamavano l’anima un’ape, il piano arupa un alveare e il piano fisico un campo fiorito.

Ma nelle regioni superiori l’uomo non è per nulla obbligato a restare inattivo. Mentre passa per il Kamaloka e il piano del Devachan inferiore, potrebbe sembrare che non ha nient’altro da fare che lasciar maturare quello che aveva cominciato. Ora, nemmeno là l’uomo è inattivo; è dunque importante per il mondo intero che egli passi per quegli stati.

La nuova incarnazione dell’uomo ha un senso solo se egli, nella nuova incarnazione, incontra delle situazioni essenzialmente differenti da quelle anteriori. Normalmente, l’uomo ritorna quando le condizioni sono cosí differenti che ne trova di nuovissime, in modo che può aggiungere degli elementi completamente nuovi alla sua costruzione. Questo avviene durante il periodo cosmico nel quale il Sole è passato da una costellazione alla seguente. Per esempio, in primavera, verso l’anno 800 a.C., il Sole era nella costellazione dell’Ariete e vi è stato fino al 1800 d.C. circa. Adesso, all’inizio della primavera, è in quella dei Pesci. Passano 2.600 anni prima che passi da una costellazione all’altra. Durante questo periodo di tempo, le condizioni cambiano considerevolmente. La reincarnazione è legata a questi periodi. Durante questo tempo, l’essere umano è generalmente incarnato una volta come individuo maschile e una volta come individuo femminile. Durante un’incarnazione si è, in fondo, un essere umano solo a metà. Un’incarnazione maschile e una femminile vanno insieme.Giasone e il vello d'oro Visto che le condizioni fisiche sono completamente cambiate sulla Terra, una nuova incarnazione ha allora tutto il suo senso. Per esempio, se l’incarnazione di un uomo è avvenuta all’epoca di Omero (Costellazione dell’Ariete o Agnello, Giasone e il Vello d’oro) egli ha allora vissuto tutt’altre cose rispetto a quelle che vivrebbe adesso.

Queste incarnazioni potrebbero sembrare in sé un processo del tutto meccanico. Ma non c’è niente di esteriore che non sia suscitato dall’interiorità. Occorre abituarsi a parlare ovunque concretamente di Spirito, ricercarlo e vedere ciò che avviene realmente.

Se durante il nostro periodo cosmico si guardano la flora e la fauna d’Europa, si devono distinguere tre zone: una occidentale, una centrale e una orientale. La zona orientale coincide con il popolo slavo, la centrale con il popolo germanico e l’occidentale con quello romano. Il materialista crede che gli uomini si siano adattati alle condizioni, ma non è cosí. I popoli si sono creati da sé gli stati fisici nei quali vivono. Prima di tutto, con il proprio lavoro, lo spirito di popolo contribuisce a formare il suolo, le piante e gli animali fra i quali si posiziona. Il suolo dell’Europa occidentale è stato preparato dai popoli romani, quello dell’Europa Centrale dai popoli germanici e quello dell’Europa Orientale da quelli slavi. In questo modo gli uomini si costruiscono per prima cosa la casa nella quale andranno. Domandiamoci adesso: quando lavora l’uomo alla configurazione esterna della Terra? Come tutto il resto, sulla Terra c’è un destino preparato dall’uomo, ed è il caso in parte anche qui.

Nel Kamaloka l’uomo è effettivamente occupato a prendere attivamente parte al regno animale. È qui che gli uomini lavorano a quello che si chiama la trasformazione delle specie. Per designare la forza che produce questo, il naturalista parla di facoltà di adattazione. Ma in tutto quello che è chiamato adattazione si nasconde in realtà, dall’altra parte dell’esistenza, l’attività del­l’uomo. Tutto quello che è trasformazione nel regno animale, tutti gli istinti animali che sono influenzati e cambiati affinché gli animali si trasformino, si fa qui, nel Kamaloka, si preparano per l’incarnazione successiva: l’uomo ci lavora per la propria casa per l’incarnazione successiva. Nel Kamaloka l’uomo lavora sulla fauna e nel Devachan sulla flora. La trasformazione del mondo vegetale è in effetti prodotta dalle forze del Devachan. Quanto al mondo fisico, le condizioni esteriori della natura, che si trasforma ugualmente, sono influenzate dal piano arupa [Devachan superiore ]. È là che l’uomo collabora al regno minerale della Terra. Bisogna avere delle forze occulte per poter fare simili osservazioni nei luoghi opportuni. Non è per caso se fanno simili osservazioni sotto terra specialmente i minatori. Che Novalis sia stato un uomo familiarizzato con l’occulto non è senza rapporto con il fatto che fosse un ingegnere minerario.

Se si considera che l’uomo sviluppa delle forze nelle regioni sovrasensibili, ma che non ne ha ancora l’intera coscienza, si capisce che queste forze siano guidate da entità superiori, dai deva. Si distinguono diversi livelli di deva : astrali, rupa-mentali, e arupa-mentali. I deva astrali hanno come parte inferiore il corpo astrale, come noi abbiamo il corpo fisico. Come l’essere umano, il deva astrale possiede sette parti. La sua settima parte è dunque di un grado piú elevato dell’atman. I deva sono tutti costruiti secondo gli stessi principi dell’uomo. Col procedere della sua evoluzione verso i piani superiori, un essere aumenta il potere cosciente sui corrispondenti piani inferiori. Oggi, sul piano fisico, l’uomo domina solo il regno minerale. Può costruire qualche cosa. Ma non può ancora costruire una pianta o un animale. Quando considera il regno minerale, sa chiaramente come questo è costituito. Nello stadio successivo, produrrà coscientemente la pianta (quinta ronda), in seguito gli animali (sesta ronda) e alla fine produrrà coscientemente se stesso (settima ronda).

Gli esseri che chiamiamo deva possono però fare ben di piú di quello che fanno gli uomini della settima ronda. Sanno utilizzare le regioni poste sotto il loro proprio mondo. Per un fine preciso, possono formarsi per un breve periodo il corpo di cui hanno bisogno. Cosí, un deva astrale, se lo vuole, può incarnarsi fisicamente durante un tempo preciso.

Possiamo farci certe rappresentazioni dell’attività dei deva soltanto partendo da quella degli uomini: nella sua attività l’uomo è, in una certa misura, libero, arbitro. Ma gli uomini non cooperano armoniosamente, per questo le differenti forze che gli uomini emanano devono essere ordinate armoniosamente. Tutto quello che gli uomini fanno, deve comportare un effetto globale, che possa essere utilizzato a beneficio del mondo. I deva sono le entità che creano quest’effetto globale. Regolano anche il karma collettivo. Nel momento in cui gli uomini si riuniscono con uno scopo comune, sono in effetti collegati da un karma collettivo; hanno nei loro karma un filo in comune.

In Russia, c’era una volta una setta, i doukhobors (combattenti dello Spirito), che avevano una profonda religiosità. Ricevevano gli insegnamenti spirituali in una forma semplice, ma molto bella. Quella gente è stata perseguitata e non hanno piú, esteriormente, alcuna influenza visibile. A che cosa è servito? I doukhobors sono periti. Ma tutti coloro che erano riuniti nella setta dei doukhobors, nella loro vita seguente, saranno mantenuti con un legame comune al fine di diffondere piú tardi sull’umanità quello che hanno imparato. È cosí che i gruppi che si riuniscono agiscono sull’umanità nelle incarnazioni seguenti. L’idea per la quale hanno vissuto emana da loro nuovamente nel mondo. Si ritrova allora in un tale gruppo la stessa idea in una forma piú profonda. Per esempio, nel Medioevo, esisteva la setta dei manichei. Il segreto dei manichei consisteva nel fatto di aver riconosciuto che in avvenire ci sarebbero stati due gruppi di esseri umani, i cattivi e i buoni. Durante la quinta ronda, non ci sarà piú un regno minerale, ci sarà invece un regno dei cattivi. I manichei sapevano questo. Per questa ragione si sono creati come compito di educare già da ora degli uomini che possano diventare piú tardi gli educatori dei cattivi. La setta dei manichei ha da sempre e sempre conosciuto dei grandi e profondi concetti.

Dobbiamo distinguere fra le differenti volontà degli individui e le potenze che si tengono dietro per riunire queste volontà individuali in una volontà globale. È in questo modo che si ha un karma collettivo. I Rosa-croce parlavano di entità che appartengono a dei gruppi d’esseri umani. Il corpo fisico appartiene ad ogni uomo in particolare, mentre il corpo astrale appartiene già ad un gruppo. In una parte del corpo astrale si è legati ad un’anima di gruppo. Un deva fa oggi qualcosa che un uomo non può ancora fare. I deva lavorano con l’uomo sul suo corpo astrale. E collaborano ancor piú fortemente a quello che, del suo corpo eterico, l’uomo elabora oggi. Abbiamo visto che, in una parte del Kamaloka, le forze dell’uomo sono impiegate per il regno animale. Ma esse sono guidate dai deva. Cosí l’uomo avanza e s’avvicina sempre di piú al Devachan.

Una specie particolare di deva è costituita dagli spiriti planetari, le entità Dhyanchohan, che hanno già raggiunto il livello che gli uomini raggiungeranno molto piú tardi. Sono al livello al quale gli uomini giungeranno durante la sesta e la settima ronda. Uno spirito planetario collabora alla creazione delle differenti parti dell’evoluzione planetaria.

Attualmente, l’uomo è attivo sul piano fisico, astrale e del devachan. Tutto è attività. Ora, qual è prima di tutto l’importanza degli spiriti planetari per gli uomini che si trovano in un certo stato? Gli spiriti planetari hanno esercitato, durante degli stadi precedenti, su dei pianeti precedenti, un’attività come quella che l’uomo esercita attualmente. Quello che hanno ricevuto a quell’epoca, l’hanno adesso in loro come saggezza. È grazie a questo che possono diventare gli istruttori dei prossimi stadi planetari. I deva, che erano attivi per dare la sua forma alla Terra, non potevano ancora riconoscerne le leggi; solo il livello superiore della saggezza lo poteva. Al di sopra del livello della saggezza si trova quello della volontà, il volere, ciò che produce un effetto. Gli spiriti della saggezza (Dominazioni) e gli spiriti della volontà (Troni) sono le vere guide dell’evoluzione planetaria.

All’epoca in cui l’uomo era ancora un essere astrale, prima dell’era della Lemuria, i deva agivano in lui e prefiguravano quello che si è prodotto in lui piú tardi. Prima della Lemuria, l’uomo sentiva salire in sé un’immagine del suo ambiente. Anche i sentimenti di simpatia e d’antipatia salivano in lui sotto forma di immagini. Era qualcosa che i deva provocavano in lui. Allora, egli era retto da tutto il regno dei deva. In seguito egli è diventato, fino ad un certo grado, il proprio reggente. All’epoca, egli era servitore, un anello della catena sotto la reggenza dei deva. Ma adesso egli è, in una certa misura, abbandonato da Dio. Il chela lascia coscientemente rivivere in lui il mondo che l’uomo aveva imparato a conoscere sotto forma di immagini durante l’era pre-lemurica. I desideri e le passioni si presentavano allora all’uomo sotto forma aurica; i pensieri dei deva vi vivevano, ma il tutto in uno stato di coscienza profondamente crepuscolare. Dopo aver perduto tutto questo, bisognava che l’uomo lottasse per avere la visione cosciente di un mondo esteriore. A livello di chela, l’ulteriore evoluzione consiste nel riconquistare coscientemente tutto questo. La piena coscienza resta allora preservata. Il livello di medium, al contrario, è un passo indietro, in un lontano passato.

Tutto quello di cui l’uomo fa l’esperienza sul piano fisico è lo scheletro della sua creazione, ciò servirà da base per i periodi d’evoluzione che seguiranno. Grazie al contatto con il mondo esteriore si sviluppano in lui le facoltà sulle quali si regolerà piú tardi l’attività planetaria, quando l’uomo stesso sarà diventato uno spirito planetario.

Con le nostre parole, noi creiamo una base per il futuro pianeta. Quello che diciamo oggi sarà allora veramente la base, come le rocce e le pietre costituiscono oggi il fondamento della Terra. Le esperienze seguono un movimento involutivo in una sfera, affinché possano seguire un movimento evolutivo in un’altra sfera. Un’individualità è divina nella misura in cui può esalare quello che ha assorbito. I deva diventano deva a partire dal momento in cui possono ridare quello che hanno ricevuto.

Quello che in altri tempi è stato ricevuto e che è ora ridato è una antichissima saggezza. Questa saggezza è della teosofia, in quanto, una volta, gli dei stessi erano gli istruttori degli uomini.

Il karma è la legge. Il deva è colui che attua la legge. Gli Angeli del Tempo attuano la legge vigente per dei gruppi di esseri umani. In un gruppo, l’individuo agisce istintivamente. Il deva guida l’anima di popolo; a dire il vero, egli è l’anima del popolo. L’anima del popolo non è un’astrazione, ma uno Spirito vivente.

 

Rudolf Steiner


Dalle annotazioni di uditori presenti alla conferenza di Rudolf Steiner

Berlino, 8 ottobre 1905 ‒ O.O. N° 93a.     Traduzione di Angiola Lagarde.