Sulla Sacra, l'esperienza mistica della pietra e dell'aria

Sacralità

Sulla Sacra, l'esperienza mistica della pietra e dell'aria

Nell’antica Grecia tre diverse parole indicavano il concetto di tempo: aiōn era sinonimo di tempo infinito, eternità; chrónos indicava lo scorrere degli istanti, dunque la successione dei fatti; infine kairós era il tempo adatto, propizio per una certa azione: era l’occasione opportuna, insomma il tempo del karma, il momento che viene quando deve venire. Come spiegano gli Atti degli Apostoli (1, 6-7), non è l’uomo a scegliere il proprio kairós, ma è il Padre celeste che si riserva di dar luogo a questa scelta “alla pienezza dei tempi”, fornendo all’uomo la potenza dello Spirito Santo necessaria a fronteggiare la prova.

La Sacra di San Michele

La Sacra di San Michele

Avviene cosí nella nostra vita, a noi esseri umani del Terzo Millennio, quando siamo chiamati a incontrare l’alto essere celeste che ha nome Michael.

L’incontro può avvenire ovunque, ma a mag­gior ragione nei centri michaelici piú rinomati nella nostra tradizione, nei cosiddetti “luoghi alti” come Mount St. Michael nella Cornovaglia del Sud, o nell’abbazia di Mont Saint-Mi­chel sulla costa della Normandia, oppure nella Sacra di San Michele in Val di Susa, la cui costruzione iniziò nel 983-987. E perfino sulla cima del Mausoleo di Adriano a Roma, dove fu costruita nel 607-608 una cappella variamente denominata S. Angelus inter nubes, S. Angelus usque ad coelos oppure S. Angelus turris inter coelos (“fra le nubi”, “fino ai cieli”, “torre fra i cieli”) in seguito alla visione del­l’Arcangelo avuta da papa Gregorio I Magno nel corso di una processione voluta nel 590 per liberare Roma da una grave pestilenza.

Arcangelo Michele su Castel Sant'Angelo

Arcangelo Michele su Castel Sant’Angelo

A ricordo del­l’evento resta ancora oggi sulla terrazza del Mausoleo la grande statua bronzea dell’Angelo, fusa nel 1752 dal fiammingo Peter Anton van Verschaffelt.

Tuttavia possiamo incontrare l’Arcangelo anche in grotte costruite su “luoghi alti” come nell’abbazia di San Michele Arcangelo sul monte Vulture, in Lucania, o infine in suggestive e rinomate grotte ipogee come il Santuario di San Michele Arcangelo sul Monte Sant’Angelo, nel Gargano, dove l’arcangelo si rivela taumaturgo, sulla scia della tradizione anatolica, attestata in vari michaelion dalle fonti miracolose, tra i quali quello di Chonai (Colossi).

Jakob Böhme

Jakob Böhme

Comprendiamo a questo punto il misterioso versetto 94 del capitolo XII dell’Aurora consurgens, opera mistica del teosofo tedesco Jakob Böhme, detto “il calzolaio di Görlitz” (1575-1624): «Cosí il re o il grande principe Michele assomiglia a Dio padre nella sua glorificazione o nel suo splendore; egli è un re e un principe di Dio sulla montagna di Dio e trova il suo impiego nella profondità, nella quale è stato creato». L’Arcangelo Michele opera insomma nelle altezze come nelle profondità: nella trasparenza dell’aria come nella buia mineralità terrestre.

La prima impressione che la Sacra fa al pellegrino che proviene da Avigliana è quella di un solitario gigante di pietra che si erge sul monte Pirchiriano, a 962 metri sul mare, nella catena delle Alpi Cozie, a metà strada fra Torino e Susa. È una sera di plenilunio. Una volta ai piedi della mia mèta, il gigante mi appare tutto proteso verso il cielo, indisturbato dalle presenze umane che brulicano in basso, sotto la coltre del suo potente silenzio. Consumo una cena frugale con i padri rosminiani, poi ognuno si ritira nella sua cella.

Al mattino, mi accingo a visitare per sommi capi l’interno del complesso abbaziale, ripartendo dal­l’entrata. L’impressione che ho è la stessa che descrivono A. Malladra e G. Ranieri Enrico nel libro La Sacra di San Michele: «Al primo varcare della soglia il visitatore profano rimane stupito di ritrovarsi come al fondo di un gran pozzo, la cui sommità si perde nel buio. Siamo difatti nell’interno del massiccio basamento, ove si svolge a zig-zag un ampio scalone, che per mezzo di 124 scalini supera il dislivello che ci separa dalla vera porta della chiesa».

Basamento portante della Sacra

Basamento portante della Sacra

Elemento portante di tutta la mineralità della costruzione è il massiccio pilastro, detto basamento, alto 26 metri, che sostiene le strutture della Sacra. «È la spina dorsale di tutta l’abbazia», mi dice uno dei padri. «È tutta in pietra grigia, perché costruita con diverse varietà di gneis, una roccia formata da quarzo, feldspati e miche. Senza questo basamento, il complesso, che dalla soglia del portone al vertice della chiesa misura 41 metri, non si reggerebbe. Il resto della costruzione, anche all’interno, si distingue dal basamento perché le sue pietre ben lavorate sono perlopiú anfiboliti di colore verde-azzurrino».

Dopo la concisa spiegazione mi inoltro per la scalinata e mi accorgo che attorno a me c’è solo pietra, nient’altro che pietra. Questa onnipresenza della pietra è quasi assordante, ossessiva e mette a disagio l’animo del visitatore.

Prevedendo il tipo di esperienza che mi attendeva, nei giorni precedenti avevo copiato sulla mia moleskine diverse pagine dalle opere di Massimo Scaligero che avrebbero potuto farmi da Baedeker interiore. Una di queste è tratta da La Via della Volontà solare, e può essere letta come un commento al principio goethiano secondo il quale l’uomo deve restituire al cosmo in idee ciò che percepisce sotto forma di fenomeni.

VITRIOL

VITRIOL

Scaligero scrive: «[L’uomo ha] il còmpito di assumere in pensieri le forme creatrici del Cosmo. Ed è il senso ultimo dell’esperienza del­l’aspetto fisico del mondo. Nella profondità del suo essere minerale, la Terra accoglie e irradia in potenze-pensiero la virtú originaria del Creato: tali potenze-pensiero che salgono nell’umano e súbito si mutano in sub-umana vis istintiva, non avendo ancora l’uomo energie di coscienza sufficienti per assumerle direttamente, potranno un giorno essere forza creante dell’intelletto, ove questo giunga a disindividuarsi per virtú dello stesso potere onde si è individuato nella terrestrità: che sarà il potere di scendere nel profondo della mineralità ove il mistero del destino cosmico-umano è celato. Tale è il senso del visitabis interiora terrae» [la frase latina è parte dell’acronimo alchemico V.I.T.R.I.O.L., ovvero Visita interiora terrae rectificando invenies occultum lapidem, “Discendi nelle viscere della terra, rettificando scoprirai la pietra occulta”]. Il pensiero puro, o “pensiero michaelita”, non è soltanto il consumatore degli istinti ma l’assuntore della loro vis: sua nella essenza. L’incan­tesimo della terrestrità può essere dissolto dal pensiero che non si limiti a rifletterlo, ma faccia affiorare dal proprio intimo la forza celata nella struttura della terrestrità a cui radicalmente è legato. Il mistero del mondo stellare vive nel segreto della coscienza minerale epperò parla dalle profondità dell’essere minerale dell’uomo: egli destando il pensiero secondo un processo inverso a quello onde si è formata la mineralità, ma traendolo dalla forza stessa che ne è la base, essendo un’identica forza, alla base del minerale e del pensiero pensante, potrà risolvere l’incantesimo tessuto di brama e di morte, suggellante la “forma” sensibile del mondo terrestre. …Ogni ordinario moto di pensiero è un processo di densificazione, o di caduta di vita interiore nella mineralità. …Il pensiero che abbia potuto trarre dalla mineralità il suscitamento della sua capacità formatrice …permane come veste adamantina dell’Io».

Seduto su un gradino, medito su quanto ho letto. Come fosse un esperto scultore, Scaligero scava nella pietra grezza, nell’amorfa densità del pensare terrestre, nella buia mineralità della sua condizione riflessa, per lasciar affiorare la sua forma eterica, celata nella sua natura, quel “corpo di pensiero”, come lo definí il Buddha, che un giorno sarà il rivestimento cristallino dell’Io.

Scalinata che porta alla chiesa in cima alla Sacra

Scalinata che porta alla chiesa in cima alla Sacra

Continuo il mio periplo nel ventre del gigante di pietra e mi imbatto nello Scalone dei Morti, affiancato ancora dalla roccia grezza, come se lo Scalone si enucleasse da un “non-finito” michelangiolesco. Sulle pareti dello Scalone apparivano ancora fino al 1937 gli scheletri dei monaci defunti. In cima allo Scalone dei Morti, sul lato destro, si trova la Porta dello Zodiaco, opera dell’architetto e scultore Maestro Nicolao (vissuto attorno al 1120), che, oltre ai bassorilievi dei segni zodiacali, inserí capitelli ispirati a motivi fantastici come la Terra Madre che allatta i serpenti o un leone con testa e coda di drago. All’uscita dalla Porta dello Zodiaco mi ritrovo in piena luce, a due passi dalla cima: davanti a me si inerpica, sotto una serie di contrafforti e di archi rampanti, l’ultima parte della scalinata che conduce nella chiesa situata al vertice della Sacra.

Giunto sull’ultima piattaforma, prima di attraver­sare il portale romanico della chiesa, si presenta al pellegrino uno spettacolo naturale a dir poco incantevole. L’aria tersa del giorno mi offre un’ampia visuale sulla Valle di Susa: cime piccole e grandi, a destra il Roccamelone, sull’orizzonte la catena delle Alpi del Moncenisio. Guardando verso Est, si scorge Torino e si distingue la Superga. Ma ciò che piú mi colpisce è la vastità dello spazio, l’immensità dell’aria, quell’oceano di luce che pare infinito, la grandiosa trasparenza di quel cielo che sembra nascondere altri cieli.

Traggo dalla tasca la moleskine e seguo il percorso ideale che mi sono prefigurato prima di partire. Ora lo sguardo non si confronta piú con la natura minerale, ma si dilata verso la luminosità dell’aria, chiedendo l’apertura del sentire.

Scrive Massimo Scaligero nel suo Dell’Amore immortale: «La vita del sentire può essere liberata. È già in sé libera: l’arte è non toccarla, cessare di toccarla. …È l’esperienza mistica dell’aria: dell’essere adamantino dell’aria, in cui l’anima afferra la virtú metafisica della mineralità terrestre: la sua aerità aperta a tutto, non afferrata da nulla. La vita del sentire liberata àlita come aria dell’altezza: essendo l’altezza l’aerità trascendente ritrovata».

E ancora, ne La Tradizione solare: «La realtà della Luce di Vita, operante come semplice pensiero, ha invero tutto il potere della realtà, che rende irreale o come inesistente il mondo che quotidianamente si ritiene concreto. Essa, come un novello respiro, fluisce attraverso l’anima e il corpo, attuandone la trasparenza: come se l’anima e il corpo fossero da essa resi aerei: come se l’anima e il corpo non potessero trattenerla, anzi la lasciassero passare, allo stesso modo che un cristallo lascia passare la luce. La similitudine illumina il senso ultimo dell’esperienza: come l’aria lascia passare la luce, in quanto aria tersa, in quanto essa medesima della natura della luce: cosí, l’anima e il corpo lasciano passare come un trascendente respiro, assolutamente estraneo al respiro fisico e a qualsiasi sua sublimazione, il pensiero vivente, non lo arrestano. È l’esperienza metafisica dell’aria, realizzante l’immaterialità del corpo, l’incorporeità dell’anima. Il pensiero vive la dimensione della forza che veramente attraversa l’aria, si effonde nell’aria: la luce».

Mi attende il riconoscimento del vero volto dell’Arcangelo Michele. A tal fine mi soccorre un brano tratto da La Via della Volontà solare: «Il discepolo che, conoscendo il moto delle pure idee, giunga a percepire nel proprio essere il fluire del loro ritmo, può sciogliere l’atto mentale dal respiro e contemplare la respirazione come supporto di un illimitato scambio di pensiero tra il cosmo e l’uomo. Lo attende in tale direzione l’incontro con la “figura trascendente” che gli reca i segni di una liberazione della coscienza connessa alla sede corporea del sentire e del respiro: è l’essere tessuto di luce e calore spirituale, avente come veicolo fisico l’elemento aria, onde opera nel respiro: l’essere la cui virtú può liberarlo dalla necessità propria all’uomo comune di espirare, con l’acido carbonico, forze di morte. Nell’ordine degli esseri superumani, appartenendo alla Gerarchia degli Arcangeli, è quegli che dalla Scienza dello Spirito viene chiamato “Arcangelo dell’Aria”, nell’àmbito della cui forza si viene destati, anche se non lo si avverta, allorché si anima il pensiero-libero-dai-sensi».

Nulla mi vien da aggiungere alle parole del Maestro, se non il silenzio della meditazione.

Defendente Ferrari «San Michele» dal trittico conservato nella Sacra

Defendente Ferrari
«San Michele» dal trittico conservato nella Sacra

Al termine, nella chiesa quasi deserta, recito la Sequentia de sancto Michahele che Alcuino compose per l’imperatore Carlo Magno:

 

 

Oh Arcangelo del sommo Re, Michahel,

ti imploriamo, ascolta le nostre voci.

Riconosciamo che sei il principe

degli abitanti celesti:

da te sono diretti gli angeli

quando il genere umano prega Dio

affinché non prevalgano mai

gli Avversari che con malizia

vogliono nuocere agli affaticati mortali.

Mantieni la signoria del Paradiso eterno,

per sempre i santi angeli ti onorano.

Nel tempio di Dio tu rechi in mano

il turibolo d’oro: il suo fumo

denso di aromi sale al cospetto di Dio.

Con forte mano vincesti il crudele dragone

e molte anime sottraesti alle sue fauci.

Da allora si fece in cielo il piú grande silenzio:

a migliaia dicono “Salve al Re Signore”.

Ascoltaci, Michahel, sommo angelo,

discendi per un po’ quaggiú dalla sede celeste,

recando a noi la potenza del Signore,

il sollievo e il perdono.

 

Gabriele Burrini