Un’emittente radio alternativa
ha ipotizzato che la vera causa
dei terremoti ultimi non debba
ricercarsi nel gioco sotterraneo
della faglia che cede, ma nel crollo
della morale pubblica e privata
condizionata dal relativismo
comune ad ogni sfera del vivibile,
ma assai piú grave in quella famigliare
dove i rapporti sono una quadriglia
di scambi, intrecci, permute e ripudi,
di relazioni senza punti fermi,
a scapito di onore e sentimento,
senza rispetto delle identità.
Il conduttore, un buon samaritano,
non ha fatto che rendere palese
un disagio di cui pagano il prezzo
piú alto i figli. Insomma, ha ribadito
il curatore della trasmissione
quello che ormai conoscono anche i sassi.
Solo che non dovendo stare attento
a non pestare i piedi alla politica,
alla finanza, ai giochi di potere,
e soprattutto a mantenere alto
il numero del gregge praticante,
ha potuto permettersi lo sfogo
dicendo pane al pane e vino al vino.
Citando Geremia e Savonarola,
lo speaker radiofonico ha concluso
che il terremoto è monito divino,
la scoppola paterna correttiva,
per certi versi un tipo di castigo
utile a risvegliare le coscienze
dal torpore di complici acquiescenze
con l’opera instancabile del Male.
Ma le code di paglia calviniste
hanno obiettato: se castigo era
divino a punizione dei malvagi,
dei senzadio e dei materialisti,
come mai ha toccato chiese e chiostri,
luoghi di penitenza e di preghiera,
che ospitarono Rita e Benedetto,
e tanti altri, a fare un reggimento
di santità per vincere il Maligno?
Come giustificare la rovina
che ha colpito senza distinzione
il tempio consacrato e la cantina?
La chiave del dilemma è forse insita
nel fatto che l’involucro di pietra
di chiese, campanili e battisteri
si sublima e diventa un’Arca santa
se chi vi entra ha rispettato il patto
antico del Decalogo, e piú ancora
quello espresso dal Cristo nella sintesi:
“Ama il prossimo tuo come te stesso”.
Ma se due donne in forza alla gestione
di una mensa scolastica sottraggono
i buoni cibi destinati ai bimbi
servendo loro scarti alimentari,
e fanno del maltolto mercanzia
non per necessità ma per libidine
di possedere e culto del denaro,
scegliendo questo a nume tutelare,
allora il tempio è guscio di paguro
da cui l’Eterno latita, scalzato
come in passato dal vitello d’oro.
Ora una nuova via s’apre per l’uomo:
quella del tabernacolo interiore,
senza muri, colonne, incensi e canti.
La Chiesa immateriale del silenzio,
dove l’Io si realizza nell’ascolto
del pensiero alitato dallo Spirito.
Impegno che prepara il Verbo nuovo
e l’uomo testimone del prodigio.
Il cronista