La posta dei lettori

Redazione

La posta dei lettori

letterinaA volte mi sono chiesta come ci vedano noi umani incarnati i nostri cari tornati nel mondo spirituale o gli angeli e gli altri esseri spirituali, ed ho pensato che forse la parte densa che vediamo noi con occhi fisici loro non la vedono, mentre possono percepire quella che pochi di noi sulla Terra possono scorgere, ossia la parte piú sottile, energetica, spirituale, e da quella intuire il nostro stato animico/spi­rituale e capire se stiamo provando gioia o dolori, se viviamo momenti di difficoltà, sbandamento, tristezza ecc. Ancora una cosa: le entità spirituali potrebbero aiutarci spesse volte se solo noi glielo chiedessimo, questo ho sempre sentito dire, ma come rivolgerci a loro che già tutto sanno di noi, nel giusto modo? Ho i testi di Rudolf Steiner delle preghiere per i defunti, a volte li ho letti dedicandoli ad alcune mie persone care, ma io ho sempre cercato di non “disturbarle” e non ho mai chiesto loro vicinanza o aiuto pensando fossero già abbastanza impegnate nel proprio percorso per potersi distrarre e girare lo sguardo verso di noi ancora affannati su questa Terra… Una nostra eventuale richiesta di aiuto, intercessione o protezione non sarebbe un peso per loro?

 

Sabi

 

Molto diverso è il modo in cui possono percepirci gli Angeli e altri esseri spirituali, rispetto a quello dei nostri cari tornati nel Mondo spirituale. Mentre i primi, con la saggezza che li contraddistingue, vedono tutti i corpi di cui siamo formati, in particolare il corpo astrale, con tutte le emozioni e i sentimenti che lo caratterizzano, le persone trapassate che ancora hanno con noi un legame affettivo ci vedono in maniera molto simile a quella in cui ci hanno sempre conosciuto, solo con maggiore sensibilità e percezione interiore. Esse possono rimanerci vicino per seguire le nostre vicende terrene, a volte per proteggerci, o per intercedere per noi, o per aiutarci nelle difficoltà in cui ci imbattiamo. Questa vicinanza, se c’è, è importante non solo per noi ma anche per coloro che sono dall’altra parte. Quanto all’aiuto che possiamo chiedere, noi possiamo rivolgerci con pensieri e preghiere sia al nostro Maestro, che ci sosterrà nel cammino intrapreso quando i passi della Via interiore ci sembrano troppo difficoltosi, o quando vorremo riprendere una strada che per pigrizia o per distrazione abbiamo interrotta, sia al nostro Angelo custode, che in ogni evenienza del quotidiano è lí per aiutarci e darci le indicazioni giuste. Molte di quelle che noi chiamiamo “intuizioni” sono proprio i suoi suggerimenti, e possiamo evitare pericoli di cadute se riusciremo a coglierli e a seguirli. Se daremo un nome al nostro Angelo, per parlare con lui, interiormente, in modo a noi piú consono, come si parla ad un amico, e questo colloquio proseguirà nel tempo, arriveremo anche a conoscere il suo vero nome. Riguardo ai defunti, un nostro rivolgerci a loro per aiuto o protezione è sempre perché possano intercedere per noi, dal Mondo spirituale in cui si trovano, presso il Grande Terapeuta. Il ritenerli vivi e presenti, e non solo un lontano ricordo, come accade a chi non crede alla sopravvivenza dopo la morte, li rende felici di essere ancora nei nostri pensieri e nel nostro cuore. In fondo, fra noi e loro la distanza è solo di un velo, che può essere sollevato se lavoriamo con impegno e assiduità alla disciplina interiore.


 

letterinaHo delle perplessità che hanno fatto nascere in me tre domande: 1. Ho letto il libro Il Ponte sopra al fiume di Botho Sigwart e mi ha colpito il fatto che è come se il protagonista si sia ritrovato subito nel Devachan saltando il Kamaloca. È possibile? 2. Mi pare che Steiner dicesse che verrà un giorno in cui ciò che è malato sarà considerato sano e viceversa. Credo che ci siamo arrivati. Lui si era forse espresso in merito all’omosessualità che oggi viene quasi considerata come uno stato privilegiato e non come una devianza? 3. Che ne pensate delle nuove tecnologie, come l’iPad-pro con la “Apple pencil” che permette di disegnare e dipingere con apparente facilità? È uno strumento che si può usare, magari poi stampando il risultato, oppure la distanza fra la mano e l’oggetto “d’arte” è eccessiva? Ho sempre avuto perplessità anche nel merito della grafica d’arte, dove la matrice viene poi impressa dallo stampatore. Il disegno ed il dipinto sono infatti piú ‘vicini’ alla mano dell’autore. O mi faccio troppi problemi e dovremmo considerare l’iPad come una sorta di macchina fotografica che, appunto, produce opere ‘distanti’ dalla mano dell’autore?

 

CNT

 

Riguardo alla prima domanda, Rudolf Steiner, in diverse conferenze in cui parla del dopo-morte, afferma che alcune persone molto mature spiritualmente non hanno bisogno di passare per il Kamaloca. Addirittura chi ha un Io spirituale ancora piú avanzato (fa l’esempio di Zaratustra), non necessita neppure del Devachan. Noi non sappiamo quale livello animico e spirituale abbia raggiunto Botho Sigwart, ma dal compito importante che ha svolto – sia per i messaggi che gli è stato concesso di scambiare con il mondo terreno, sia per la sinfonia celestiale che gli è stato chiesto di comporre – evidente­mente si tratta di un personaggio di grande levatura interiore.

In merito alla seconda domanda, guardandoci intorno vediamo quanto ciò che è stato profetizzato da Steiner si stia realizzando in pieno. Oltre al fatto di considerare normale ogni tipo di devianza, c’è l’aspetto contrario, come quello dei bambini che scendono dal Mondo spirituale con doti artistiche, di veggenza, di intelligenza e di sensibilità che in passato avrebbero provocato rispetto e venerazione. Sono i bambini “indaco”, o “cristallo”. Essi, per la maggior parte dei casi, essendo considerati diversi dalla media dei bambini della stessa età, vengono invece mal sopportati sia negli ambienti scolastici, sia a volte persino nel proprio ambito familiare, e vengono per questo in molti casi consegnati in mano a psicologi o a psichiatri, per essere in qualche modo ‘riadattati’ con terapie psicanalitiche o mediante psicofarmaci, volti ad ottenere una ‘guarigione’.

Prendendo in esame la terza domanda, noi possiamo considerare ogni nuovo raggiungimento tecnologico indirizzato alla rappresentazione, come un sistema che offre la possibilità, a chi non è dotato di capacità artistica, di raggiungere con una certa facilità risultati paragonabili a quelli dell’arte, che naturalmente è qualcosa di diverso. Le varie applicazioni che continuamente nascono e vengono messe a punto in campo tecnologico possono in effetti essere paragonate alla fotografia, la quale è mediata da uno strumento che dà la possibilità di rappresentare panorami, ambienti, persone, animali, vegetali, oggetti d’ogni tipo e forma (macro e microfotografia), senza la preoccupazione di mancare la precisione del soggetto rappresentato. Questo esonera l’artista dal gravoso compito che per secoli si era dovuto assumere – in mancanza appunto di sistemi tecnologici adeguati – di rappresentare con minuzia di particolari la realtà esteriore, per fornire una testimonianza precisa e corretta dell’ambiente e della società che lo circondavano. Pensiamo ai ritratti dei regnanti: intere famiglie che dovevano essere riprodotte con fedeltà nei tratti somatici, negli abiti, nei saloni delle sontuose dimore in cui abitavano. Oppure la cronaca chiedeva la rappresentazione di fatti cruenti, o della miseria di alcuni ambienti degradati. Potremmo continuare a lungo con gli esempi, da cui ormai l’artista è esonerato. Naturalmente si parla di arte applicata alla rappresentazione fedele della dimensione fisica, non della grande arte che in ogni tempo ha trasfigurato la realtà per assurgere a una dimensione metafisica. Attualmente l’arte, non solo quella figurativa, ha il compito di esplorare una nuova dimensione: quella eterica. Mentre la rappresentazione materiale è delegata alla fotografia, alla cartellonistica, alla grafica pubblicitaria ecc., l’arte deve aprire nuovi orizzonti che travalicano quello cui è limitato il nostro sguardo fisico. Il pericolo, che già si mostra abbondantemente anche in ambito cinematografico, è superare quel confine non salendo all’eterico ma scendendo nel sub-sensibile. Solo con il lavoro interiore e la trasformazione di sé l’uomo produrrà l’arte adatta a questo periodo storico. Un’arte nuova, della quale possiamo vedere intorno a noi ancora solo qualche raro accenno.