A seguito dell’intenso periodo di prove e di ricerca, ho avuto modo di sintetizzare in pensiero il contenuto dell’esperienza prodotta in questo periodo. Vorrei confrontarmi su una questione. Il nostro pensiero abituale può liberamente legarsi alla sua realtà sovrasustanziale. L’immagine è quella di un ballerino che afferra la ballerina ‘al volo’ sostenendola in alto. Qualora venisse meno la possibilità di contare sulla “terra”, da parte del ballerino, la presa non potrebbe aver seguito e, se tentata, darebbe seguito ad un risultato disastroso. L’immagine spirituale che in questo periodo ho avuto modo piú volte di osservare mi porta a riflettere sul seguente pensiero (pensiero che non ho avuto ancora modo di comprovare). Una realtà organica pone le basi per unire il pensiero abituale al pensiero sovrasustanziale. Se tale realtà organica non fosse presente, il pensiero abituale non potrebbe sperimentare la nostalgia per la sua componente sovrasustanziale (non potrebbe esserci neppure un anelito al pensiero vivente). Quando osservo alcune persone ‒ ed in particolare le braccia di tali persone ‒ mi capita di avere una immagine del loro sangue. Spesso tali braccia sono avvolte come da una coltre di colore scuro, nero. Questo nero è in realtà connesso al ferro. Non riesco a dare seguito all’immagine; per il momento non riesco a formulare un concetto. Mi chiedo (questo, cioè il tema su cui sto lavorando) se il sangue, ed in particolare il ferro, possano costituire una base organica per legare il pensiero abituale al suo corrispettivo sovrasustanziale.
Nicola G.
Sono osservazioni molto interessanti: la corrispettiva immaginazione del ferro attorno alle braccia ha una sua realtà oggettiva, che si esprime attraverso la forza emanata dalle braccia. Ogni attività dell’uomo ha necessariamente una base organica da cui muovere per poterla poi trascendere. Essendo il sangue il portatore dello Spirito, nulla potrebbe avvenire senza il segreto della sua “eterizzazione”, che ogni volta, per attimi, avviene nel cuore, nei 60/100 battiti al minuto ripetuti durante l’intera vita. L’evoluzione dell’uomo prevede l’acquisizione di una sempre maggiore autocoscienza, che trasformerà il pensiero logico-razionale in pensiero pensante, e piú oltre in pensiero vivente. Sappiamo che l’esercizio della concentrazione, in particolare, può abbreviare i tempi di tale trasformazione, ma è necessario partire sempre dal pensiero logico-razionale: la parte iniziale, quella descrittiva, si basa sul pensiero logico-dialettico, che solo dopo, intensificandosi, giunge all’immaginazione e in seguito al pensiero che il lettore definisce “sovrasustanziale”, ovvero libero dai sensi.
Salve, mi chiamo Riccardo e vi scrivo da Pesaro. Vorrei farvi arrivare innanzi tutto i miei piú sentiti ringraziamenti per l’attività editoriale che portate avanti con cosí tanto entusiasmo e dedizione; è per me una risorsa ed un riferimento importante nel cammino spirituale. Vorrei anche fare una considerazione sulla relazione che oggi c’è tra Scienza Materialistica e Scienza dello Spirito, considerazione che sfocerà in modo naturale in una domanda. Steiner ha parlato della relazione che c’è tra Scienza Materialistica e le nozioni della Scienza dello Spirito, ma dai suoi tempi la Scienza Materialistica si è trasformata ed evoluta in qualcosa di molto piú preciso, dettagliato e… materialistico, in tutti i campi del sapere (Fisica, Chimica, Biologia ecc.). Si parla già da un po’ di come in realtà la Scienza Materialistica di oggi, se guardata “in modo spregiudicato” (per usare una espressione cara al Dottore), non faccia altro che confluire verso la Scienza dello Spirito (intesa nel senso piú largo del termine), ma secondo me manca una dimostrazione approfondita di tutto ciò, dimostrazione che parta dalle nozioni della Scienza Materialistica (es. Fisica quantistica, Biologia Molecolare ecc.) e che giunga in modo fluido e armonico, ma allo stesso tempo rigoroso, alle nozioni della Scienza Spirituale, almeno dove possibile nel limite delle nostre conoscenze attuali della Scienza Materialistica. E arrivo cosí alla domanda: c’è qualche Scienziato che ha compiuto o sta compiendo in modo serio questo lavoro? Se ci fosse, mi piacerebbe leggere i suoi scritti. Rinnovo i miei ringraziamenti per il vostro lavoro. Cordiali saluti a tutta la redazione.
Riccardo Della Martera
Abbiamo girato la domanda del lettore, che ringraziamo per l’apprezzamento alla nostra rivista, al Dottor Fabio Burigana, il quale dal numero scorso ha iniziato a trattare questo tema nelle nostre pagine.
Caro Riccardo,
sostieni che qualcuno va affermando che le Scienze Materialistiche dovrebbero (potrebbero) condurre a una Scienza dello Spirito, cosa con la quale concordi, e che però manca una chiara dimostrazione di questo eventuale passaggio, e alla fine chiedi se, nella nostra epoca, ci siano scienziati che si occupino di questo passaggio.
Non ti darò una risposta netta, ma aprirò un panorama che possa fare da introduzione a ben altri approfondimenti.
Innanzitutto devo consigliarti di studiare i testi di Steiner in cui si occupa delle opere scientifiche di Goethe, testi alla fine culminati con La Filosofia della Libertà, che viene presentato appunto come un “risultato di osservazione animica secondo il metodo delle scienze naturali”.
In questo senso ritengo che tale testo continui ad essere il miglior esempio di scienza goethiana applicata a se medesima.
Tornando al tuo campo di interesse, il problema è distinguere il fenomeno dall’interpretazione del fenomeno stesso: secondo la scienza materialistica sulla base di un presupposto meccanicismo; secondo il metodo goethiano facendo parlare il fenomeno senza presupposti di nessun tipo, cercando, allo stesso tempo, tutti i fenomeni che possono esserne correlati.
Per dare un esempio, nelle neuroscienze si afferma che una certa emozione sia dovuta all’attivazione di una particolare zona dell’encefalo; secondo il metodo goethiano il fatto che ci sia una correlazione tra l’attivazione di un’area encefalica può essere solo uno degli elementi per comprendere la natura dell’emozione a cui deve esser correlata almeno l’esperienza intrapsichica da parte del ricercatore dell’emozione stessa.
Un metodo di questo tipo, applicato a qualsiasi campo dovrebbe portare alla sperimentazione dell’Idea alla base del fenomeno che si va studiando.
In nessun ambito scientifico esiste oggigiorno una posizione di questo genere: la ricerca di un pensiero sintetico.
Tutte le scienze sono caratterizzate da un pensiero analitico che passa da particolari piccoli a quelli sempre piú piccoli che possano dare una spiegazione meccanicistica: dietro l’attivazione dell’area dell’encefalo c’è l’attivazione dei neuroni; dietro l’attivazione dei neuroni abbiamo la dinamica molecolare; e cosí via per arrivare a quella che oggi è considerata essere la conoscenza scientifica.
Ed oramai il singolo scienziato si occupa, in questo ambito, di una singola molecola in questo gioco in cui si è perduta la visione d’insieme.
L’incontro fra Scienza Materialistica e Scienza dello Spirito può avvenire solamente se quest’ultima può offrire alla scienza materialistica l’unica cosa di cui è carente: la consapevolezza della forza sintetica del pensare, utilizzando le scoperte fenomenologiche della scienza materialistica stessa.
Esistono rari fenomeni in questo senso, perlopiú da parte di biologi che si sono occupati di scienza goethiana; esistono anche alcuni lavori nell’ambito antroposofico.
Tutti questi comunque sono tenuti ai margini di quello che è considerato il mondo scientifico, dove, a parte in fisica, vigono le leggi strette del meccanicismo.
Il discorso della fisica ci porterebbe molto lontano e spero, almeno parzialmente (sono un medico non un fisico) di affrontarlo nei prossimi articoli.
Per concludere, io vedo questo incontro tra Scienza dello Spirito e Scienza Materialistica ancora in divenire, e sarà reso possibile da scienziati che dovranno percorrere, contemporaneamente ai loro studi specifici, un’ascesi del pensare.
Avranno molti ostacoli, perché il nostro Mondo non vuole sia percorso un superamento del materialismo, anche se i tempi sono maturi per attuarlo.
Fabio Burigana
Quali sono gli effetti degli antidepressivi e psicofarmaci sull’essere umano dal punto di vista antroposofico? Sono realmente utili in caso di disturbi psichici, quali depressione, ansia, paura ecc., oppure provocano ulteriori danni? Qual è la vera causa della depressione e ansia/panico, e quale la giusta cura? Grazie.
Stefano P.
Anche per questa domanda dovrebbe essere interpellato un medico antroposofo, il quale però, per non urtare la classe professionale di cui comunque fa parte, non potrebbe liberamente dare una risposta che categoricamente escludesse dal trattamento di “disturbi psichici” ciò che oggi viene prescritto con molta, spesso eccessiva, facilità. La depressione, cosí come la paura, l’ansia, il panico e tutte le patologie psichiche di cui attualmente soffre gran parte della popolazione cosiddetta “civilizzata”, possono derivare da svariate cause, come il senso di inadeguatezza rispetto al modello che si vorrebbe riempire, oppure la sensazione di disamore e di isolamento che si avverte per la mancanza, o presunta mancanza, di affettività da parte di coloro che si ritiene siano tenuti a darla, come familiari o partner. Potremmo continuare ad elencare i piú diversi moventi, la lista sarebbe lunga. La cura, in ogni caso, è sempre la partecipazione benevola, la disponibilità affettuosa. In una parola, l’Amore. E dunque, in mancanza di quella risposta che il malato non trova nelle persone o nelle situazioni che lo circondano, il terapeuta, piú che prescrivere psicofarmaci, dovrebbe elargire Amore. Quello che dispensavano i “buoni uomini” del catarismo con l’imposizione delle mani. Quello che i santi di ogni credo o religione hanno donato con dovizia, e che è stato considerato “miracolo”. Il miracolo può farlo ognuno di noi. Tutti possiamo diventare terapeuti dell’altro, e a maggior ragione può farlo un medico che si è posto come scopo nella vita la guarigione dei malati: la guarigione vera, quella del corpo e dell’anima, che non porta intontimento o dipendenza, ma pieno risveglio dell’individualità, ritorno alla sicurezza di sé, alla consapevolezza che, pur con i personali limiti ‒ e ognuno ha i propri, anche coloro che sono considerati “vincenti” ‒ si può essere parte integrante della società in cui si vive.
In Scienza Occulta è scritto che l’Io lavora anche sul corpo eterico quando rivolge la propria attività sul temperamento. Vorrei capire in che modo l’Io interviene, e se è possibile per noi incrementare questo intervento dell’Io. Mi dicono che si può riuscire anche con l’aiuto di sostanze che liberano la psiche, ma non l’ho mai provato e non sono sicuro che possano effettivamente giovare senza procurare controindicazioni a livello interiore.
Roberto Liggiani
Anche in questo caso, si parla di “sostanze”. Non sono le sostanze che assumiamo a poterci aiutare, ma la nostra personale sostanza individuale, l’Io, a doverlo fare. Il lavoro dell’Io è continuo durante tutto il periodo della vita dell’uomo, attraverso le vicende quotidiane in cui sperimentiamo i raggiungimenti, le difficoltà, le cadute e i superamenti che il karma ci presenta. Bisogna dire che mentre il carattere riguarda l’anima dell’individuo, il temperamento dipende anche dall’ambito sociale e geografico in cui la persona vive e si forma. L’Io agisce in unione profonda con l’astrale, l’eterico e il fisico, ma se vogliamo incrementare il suo intervento sull’eterico, come richiesto nella domanda, la cosa piú importante è il lavoro che decidiamo di svolgere con l’esercizio del pensiero puro e quello della percezione pura. Oltre quindi ai cinque esercizi fondamentali, in particolare quello della concentrazione, può essere di grande aiuto l’esercizio del percepire puro. Si tratta di avere l’esperienza della percezione sensoria senza che ci sia il moto dell’anima come immediata risposta alla rappresentazione. L’esercizio del “quieto guardare”, di cui ha parlato e scritto nei suoi libri Massimo Scaligero, arriva ad eliminare la rappresentazione e la sensazione. Si tratta di un’esperienza che, se viene fatta con determinate regole, è una via magica, perché porta a cogliere il contenuto del percepire senza la nostra usuale immediata risposta soggettiva. L’Io nel percepire ha già in sé la relazione compiuta con il mondo esteriore. Se sospendiamo volutamente la nostra risposta soggettiva alla percezione, e contempliamo la natura in maniera obiettiva, possiamo cogliere il vero rapporto di profondità dello Spirito mediato da forze extracerebrali. È necessario capire che in ogni percepire c’è un elemento vivente che tende a risuonare in noi come risuonava nell’antico Iniziato, il quale aveva la percezione sensoria e immediatamente aveva il contenuto spirituale che rispondeva alla vibrazione che gli veniva incontro dal mondo fisico. È ciò che dovrà essere riconquistato. Dobbiamo prima di tutto comprendere cosa sia in realtà il mondo fisico: esso ci è davanti per la rinascita dello Spirito dell’uomo. È proprio superando la soglia del percepire sensorio che l’uomo può avere l’esperienza del mondo interiore data dal mondo fisico. Pure se sappiamo che, in un certo senso, il mondo della materia è maya, come ci viene detto dalle dottrine orientali, la materia è lí per l’uomo non per essere ignorata, ma per essere indagata e infine superata. E cosí come abbiamo quotidianamente l’esperienza del mondo fisico, dobbiamo arrivare ad avere l’esperienza del mondo eterico. Questo è il periodo in cui è importante che questa esperienza si attui per l’uomo. Per penetrare la sfera eterica è necessario liberare il pensiero, non certamente però con l’aiuto di “sostanze”, che ci indurrebbero solo a scendere nella sfera del subsensibile. L’esercizio della liberazione del pensiero e quello della percezione pura sviluppano in noi il giusto rapporto fra l’Io e l’eterico, trasformando il nostro temperamento e le nostre caratteristiche animiche, che ne vengono illuminate e fortificate.