Questo “principe dei trovatori” nacque a Blaye nel 1125, nell’antica provincia francese della Saintonge, che faceva parte del ducato di Aquitania, dalla famiglia dei signori del feudo di Blaye. Era perciò un principe per nascita e per statura poetica e scrisse in lingua d’oc.
Non molto si sa di lui se non dalla Vida, biografia redatta da un Anonimo poeta provenzale, che narra dell’amore concepito dal giovane Jaufré per la bella contessa di Tripoli, capitale dello Stato crociato che si stendeva sulle sponde del Mediterraneo orientale, nell’attuale Siria, tra il Principato di Antiochia e il Regno di Gerusalemme.
L’Anonimo ci informa che l’amore di Jaufré fu ispirato dalle descrizioni dei pellegrini provenienti da Antiochia, che decantavano la bellezza e le virtú della contessa. E proprio per vederla partecipò alla seconda crociata, guidata dal re di Francia, Luigi VII, e partí per mare, ma durante il viaggio si ammalò. Riuscí a giungere a Tripoli e fu portato in un albergo in fin di vita. La contessa fu chiamata al suo capezzale e, commossa dall’amore del giovane principe di Blaye, lo strinse fra le braccia per la prima e ultima volta. Poi lo fece seppellire nella casa del Tempio e prese il velo monacale per il dolore della morte di lui.
Questo è il commovente racconto della Vida, ma secondo le ricerche storiche la Dama non poteva essere Odierna, moglie di Raimondo I, conte di Tripoli nel 1148 – anno dopo il quale le notizie su Jaufré sono incerte – poiché la contessa aveva quarant’anni e non si fece mai monaca. E neppure poteva essere Melisenda, sua figlia, a quel tempo bambina.
Si è giunti pertanto alla conclusione che il racconto dell’Anonimo volesse in realtà dare una ragione poetica o giustificazione, razo in provenzale, per questo “amore lontano” (amor de lonh), che è il tema del Canzoniere (Vers) di Jaufré.
Si può tuttavia dire che non ci sia stata alcuna ispiratrice dei sentimenti, cosí intensamente espressi, da questo trovatore francese, che, nonostante la giovane età, fu un grande poeta?
Di certo, il suo breve Canzoniere – sei liriche, otto secondo alcuni – e il suo “amore lontano” ispirarono poeti di varie nazioni, come Heinrich Heine, che in una poesia descrive come Rudel, prima di morire, abbia abbracciato per la prima e ultima volta la Dama che tante volte aveva stretto in sogno. Il drammaturgo francese Edmond Rostand, autore della splendida opera teatrale e poetica Cyrano de Bergerac, scrisse su Rudel La Princesse Lointaine, e il nostro Giosuè Carducci gli dedicò una celebre poesia (in Rime e Ritmi, 1888), che a tanti di noi ricorda i banchi di scuola:
Contessa, che è mai la vita?
È l’ombra d’un sogno fuggente,
la favola breve è finita,
il vero immortale è l’amor.
Il Carducci in realtà, ormai ammalato e vicino alla fine, trasfuse in questi versi il suo grande e intenso amore per la poetessa Annie Vivanti, e dunque s’immedesimò in Jaufré morente. Del resto, in ogni scrittore o poeta l’ispirazione nasce da qualcosa che egli vive o ha intimamente vissuto.
Pertanto, nonostante l’autorità della critica storica contraria a tale ipotesi, non c’è dubbio che questo “amore di terra lontana” sia davvero esistito.
Gli amici e la verità storica
Amici di Jaufré Rudel furono sicuramente il conte di Tolosa, Alfonso Giordano, Bertrando, suo figlio naturale, e Ugo VII il Bruno, di Lusignano, conte della Marche, antica provincia francese oggi corrispondente al Limosino settentrionale. A essi aveva inviato le sue liriche d’amore.
Il trovatore Marcabru, a sua volta, inviò a Jaufré, che si trovava in qualità di crociato in Asia Minore, un componimento (vers), nel quale lodava le due principali virtú dell’uomo di corte: la compitezza del modo di fare (cortesia) e il pieno dominio delle proprie passioni (mesura). Gli inviò anche la melodia (son) che accompagnava il testo, perché tutti i Francesi che stavano con Jaufré di là dal mare potessero rallegrarsi.
Lo vers e’l son vuoill enviar
a’n Jaufre Rudel outra mar
e vuoill que l’aujon li Frances
per lor coratges alegrar…
Questo componimento di Marcabru è databile entro l’anno 1148, al tempo della seconda crociata. Successivamente non si hanno notizie certe su Jaufré.
Il Canzoniere
Prima lirica – La Poetica
Nessuno si meravigli di me, se sono preso
d’amore per ciò che non mi vedrà mai;
poiché il mio cuore non esulta per altro amore
se non di quella che io non vidi mai.
Né di alcun’altra gioia tanto gioisce,
mentre io non so qual bene me ne verrà.
Con questa strofa Jaufré Rudel ci introduce alla sua particolare poetica, dedicata alla Dama che non ha mai visto e forse non vedrà mai.
Un colpo di gioia mi dà, tale che mi uccide:
trafitta d’amore che mi strugge
la persona e mi farà dimagrire;
e mai fui cosí duramente ferito,
né per altro colpo tanto languii,
perché ciò non deve né può accadere.
La gioia che gli dona questo amore è talmente intensa da consumarne il corpo. È una strana gioia, tuttavia, che nasce da una profonda ferita del cuore che lo fa languire.
Seconda lirica – L’Amore Lontano
Poiché l’acqua della sorgente
si è fatta chiara, come al solito,
e la rosa selvatica è in fiore,
e l’usignolo tra i rami
modula e svaria e distende
il suo dolce canto e trilla,
è giusto che io svarii il mio canto.
Amore di terra lontana,
per voi tutto il cuore mi duole…
…Non ci fu mai – né Dio la vuole –
una donna piú bella tra le donne cristiane,
ebree o saracene.
Veramente beato è
colui che si conquista un po’ del suo amore!
Terza lirica – Il Viaggiatore d’Amore
Quando i giorni sono lunghi, a maggio,
mi diletta un dolce canto di uccelli da lontano;
e non appena da quel canto mi sono staccato,
m’assale il ricordo di un amore lontano.
Cammino pensoso e a capo chino,
sí che canti né fiori di biancospino
non mi rallegrano piú del gelido inverno.
Io so che verace è il Signore,
per cui potrò vedere l’amore lontano;
ma per un bene che me ne viene,
mi si raddoppia il dolore,
perché mi è tanto lontano.
Oh, potessi essere là pellegrino,
sí che il mio bordone e la mia schiavina
fossero contemplati dai suoi occhi belli!
Certamente vedrò in volto la mia gioia
…E sarà allora delizioso il colloquio,
ché l’amante lontano sarà cosí vicino
da godere la gioia di dolci parole.
…Mai avrò gioia d’amore,
se non godrò di questo amore lontano.
…Ed è il suo valore cosí nobile e vero
che per lui sopporterei di essere schiavo
laggiú, nel paese dei Saraceni.
Dio, che fece tutto quanto viene e va,
e creò quest’amore lontano, mi conceda
…che io lo veda quest’amore lontano
…e infatti nessun’altra gioia mi diletta
quanto il gaudio di un amore lontano.
Quarta lirica – Desiderio
Maestri e maestre di canto
attorno a me ne ho molti:
prati e giardini, alberi e fiori,
melodie e lamenti e trilli d’uccelli,
per la dolcezza della bella stagione,
mentr’io son chiuso
in un piccolo cerchio di gioia,
dove nulla mi può compiacere tanto
quanto il diletto di un nobile amore.
Le zampogne le abbiano i pastori
e i ragazzini festanti,
e io abbia tali amori
la cui gioia sia uno scambio di affetti!
La mia donna la so buona,
proprio cosí,
verso il suo amico in pena.
…Lontano è il castello e la torre,
dove ella riposa con suo marito;
e se io non sarò sorretto
dal consiglio di buoni consiglieri
– che d’altro consiglio poco m’importa,
tanto è puro il desiderio
che nutro di lei nel mio cuore –
non mi resterà altro che morire,
se alcuna gioia da lei presto non mi verrà.
…Riguardo all’amore che ella tiene
chiuso nel mio cuore
il mio desiderio e la mia volontà
s’ispirano al bene,
e so che ella ne ha chiara coscienza.
Là il mio cuore è tutto,
sí che non ha altrove né cima né radice,
e quando mi addormento nel mio letto
il mio Spirito è là con lei.
E tuttavia questo amore è il mio male,
perché io l’amo tanto
e a lei non importa nulla.
…Il mio amore se ne va là correndo
la notte e quando splende il giorno.
…Il mio amore è buono e molto nobile,
e di questo male mi può guarire
senza aiuto di medico sapiente.
La Ricerca infinita
Amors de terra lonhdana,
per vos totz lo cors mi dol!
In questi due versi della seconda lirica sono racchiusi il senso della vita di Jaufré e il senso del suo poetare.
Sebbene la poesia trobadorica si nutra di amori platonici, piú che del possesso della donna amata, si è detto che vivere per un amore lontano sia un “paradosso amoroso”. In realtà è cosí, ma cerchiamo di capire la ragione profonda di un tale amore.
E la troveremo nella giovinezza del principe di Blaye e quindi nel suo idealismo giovanile. Ma non basta.
Non tutte le anime hanno in sé la capacità di nutrire un tale idealistico amore: è necessario essere Grandi Anime.
Anime antiche, piene di saggezza: anime che, discese sulla Terra, cercano, vita dopo vita, l’altra parte dell’Androgine, per ricostituire l’Unità Primordiale.
Cosí fece J.W. Goethe (1749-1832), che cercò l’“anima gemella” per tutta la vita e, secondo quanto mi disse Massimo Scaligero in un colloquio privato, non la trovò.
Tale privilegio toccò invece a Novalis, Friedrich von Hardenberg (1772-1801), che riconobbe nella giovanissima fidanzata Sophie von Kühn l’altra parte di sé. Ma la perse nel 1797, appena quindicenne.
L’“amore lontano” si identificò, per Jaufré, senz’altro in una Dama realmente esistita, alla quale aveva attribuito una bellezza ideale e ideali virtú, essendo egli, come altre Grandi Anime, alla ricerca dell’Androgine perduto.
Alda Gallerano