Guardate cosa studiano a Strasburgo:
dopo la curvatura dei cetrioli,
il calibro di asparagi e banane,
il diametro di cavoli e piselli,
il “delendi” agli ulivi del Salento
e altri ukase della UE riguardo
alle misure obbligatorie standard
per le derrate agricole prodotte
nei diversi Paesi dell’Unione,
ecco la norma regolante l’uso
che si fa di scenari e monumenti
quando li si immortala con un clic.
Tutto è partito dalla Torre Eiffel,
topica delle foto souvenir.
L’ideatore, Eiffel, è già defunto
da lungo tempo, ma la Torre viene
gestita da una ditta che la illumina
facendo risaltare la struttura.
Ebbene, proprio a causa di quest’onere,
la società pretende che si paghi
un tot per ogni scatto che riprenda
Parigi con la Torre in campitura,
il che vuol dire quasi in ogni foto.
Ecco allora riunirsi intorno a un tavolo
una speciale Commissione che
dovrà legiferare sul problema.
Se mai la tassa per lo sfruttamento
del panorama diventasse legge,
si produrrebbe quindi uno tsunami
di richieste da altri Stati membri,
e dilagando presto in tutto il mondo
ché veloce è il contagio tributario.
Immaginate il Colosseo, la Piazza
dei Miracoli, il Ponte dei Sospiri,
il Duomo meneghino, le Cascate
del Niagara, il Parlamento inglese.
Tra folle di turisti passerebbero
occhiuti controllori digitali
per incassare l’obolo visivo,
ossia il diritto di riproduzione,
lo stesso che Totò in un suo film
esige da una coppia di turisti
che hanno fotografato la Fontana
di Trevi, millantata come sua.
E giapponesi, brasiliani e russi,
farebbero lo stesso a casa loro,
tassando chi riprende il Fujiyama,
il Redentore, i tetti del Cremlino.
Ma allora, concludete, questa grande
umanità globale che dovrebbe
aprirsi alla fraterna libertà
oblativa, ricorre alle gabelle,
e introducendo norme di equità
taglieggia chi fotografa le stelle…
Il cronista