“Topolino” è un cantante neomelodico
non per mestiere ma per il bisogno
di fare qualche spicciolo, costretto
a sbarcare il lunario come tanti
disoccupati. Ebbene, alle quattordici
lui s’affaccia al balcone e intona il vario
repertorio di Napoli canora:
Malafemmena, Chiove, Core ’ngrato,
Tammuriata nera, ’O Sole mio.
Fanno crocchio i passanti, anche i turisti
si fermano a sentire quel concerto
alternativo, ma che due gagliarde
casse di risonanza fanno udire,
per i vicoli e i bassi, amplificato.
Poi lui cala il paniere delle offerte
e chi vuole ci mette una moneta.
Sono venuti già i carabinieri
a dissuaderlo, non per il baccano,
ché Napoli gradisce l’ammuina,
ma fioccano proteste perché ormai
l’orecchio s’è viziato a pop e rock
americano, o a nenie da congrega,
al salmodiare senza melodia,
al fraseggiare senza poesia.
Borrelli Antonio, questi gli anagrafici
di uno che si arrangia a sopravvivere.
È l’impresa di chi tenta comunque
di galleggiare sopra il mare infido
del lavoro precario o inesistente.
Questa è la Bella Italia della gente.
Il cronista (Link all’intervista)