Approssimandosi la piena estate, e con essa il desiderio di apparire abbronzati, ci piace entrare in argomento ricordando uno degli scritti contenuti nel libro Il sorriso degli dèi, edito dalla Tilopa, in cui sono stati riportati brevi articoli di Massimo Scaligero, dal tono leggero e a volte decisamente umoristico. Come nell’approfondita e interessante Prefazione scrive Enzo Erra: «Rompendo l’alta solennità di un discorso condotto e cadenzato per tutta la vita, Scaligero ci mostra in lontananza gli dèi di Esiodo che osservano l’uomo e le sue follie: che osservano e sorridono, felici di aver creato quest’essere dolente e libero, fragile e cosciente, esposto all’errore e capace di amare. Scaligero sorride con loro: e ora, con lui e con loro, ci invita a sorridere».
L’ultima parola in fatto di tintarella è stata detta da Cicciarello Zantasco, pattinatore e corridore sulla sabbia, nonché preparatore di una essenza di olio di cocco che dà il bronzo naturale in quanto – secondo lui – è stata estratta da ciò che l’azione diretta dei raggi del sole ha suscitato sul mallo della noce.
Egli ha detto: «La tintarella è la vernice che dà alla ciccia l’illusione di essere in accordo con le forze del sole, e perciò fiorente: abbronzata, o indorata, o appena rosea. Che in sé cova il ritorno al calore che le compete».
E contro questo ritorno, rientrando in città dal mare e dai monti, lottano strenuamente, con supplementi di gite, tutti coloro che credono alla tintarella come alla buona cera che dia l’illusione di una sana ciccia.
Nella tintarella, infatti, si affaccia l’anima come colore della pelle con la quale essa si dà la forma corporea. Non è la tinta della carne, ma la tinta dell’anima nella sua veste corporea: la tinta con cui l’anima vorrebbe apparire indorata dal sole, come improntata o avvivata di sole. Ma è l’anima che si compiace di apparire nella forma corporea: la cui essenza è, in verità, solare ma tenderebbe ad avere con il sole un rapporto di profondità, o interiore, prima che un rapporto epidermico.
Ma, come disse Aliandro, filosofo alessandrino, la pelle è invero la forma dell’anima. «Conosci la forma della pelle, sentila, sperimentala, e conoscerai come si muove l’anima».
In effetti i confini della propria pelle, secondo la psicologia ultima, sono dati percettivi in cui si può dire che la sensazione del corpo s’incontra con quella dell’anima. Coloro che sono stanchi o malati, difficilmente riescono a sentire i confini della propria pelle, perché hanno difficoltà a sentire inguainata la psiche nel corpo: onde il corpo non sia avvertito.
Del resto che cosa si vede di un altro? Soltanto la pelle. L’apparire di una persona è soltanto l’apparire della sua pelle: che pertanto non è tutta la pelle, perché per quattro quinti di solito è una pelle rivestita di abiti.
Si appare nella pelle. Perciò il colore di essa è importante: perché il colore è anche forma e la forma è un giuoco della luce. E un volto cambia, se cambia colore: diviene piú bello se i suoi colori sono i colori della salute e della vitalità giovanile.
Chi ha la tintarella non solo ha dato un po’ la vernice della giovinezza al suo volto, ma suscita in chi lo guarda l’idea di una vita energicamente vissuta a contatto con la natura anche se ha preso il sole sulla terrazza. Può far pensare a eroiche scalate di ghiacciai oppure a una dinamica esperienza del mare, della vela e del nuoto, mentre può aver preso la tinta nel ritaglio di sole concessogli dalla finestra della sua stanza.
Abbiamo conosciuto un abbronzatissimo cicciardo, o fusto, che, non avendo la propria stanza ben esposta al sole, per abbronzarsi metteva la testa fuori della finestra fingendo di essere attratto da uno spettacolo della strada ora a destra ora a sinistra, inducendo in errore chi, osservandolo, era portato a guardare in quella direzione.
Ma autentica o artificiale, presa in un legittimo contatto con la natura o carpita in ore di immobilità in terrazza o sulla panca di un giardino, la tintarella assolve il suo compito: far apparire piú sani o piú forti o piú giovani. Di un apparire di cui tutti sono paghi: chi guarda e chi è guardato, ben sapendo della effimera realtà di quella patina che in ogni minuto si perde. A meno di non tornare al sole.
Ecco un problema che i neri non conoscono, la loro tintarella essendo l’arte di sbiancare. Ed è noto che i raggi della luna sbiancano la pelle. Per cui mentre noi facciamo la cura del sole, essi indubbiamente fanno la cura della luna. Occorrerebbe fare un’inchiesta per accertarlo.
In romanesco per esempio, si usa dire: «Amico der sole!» per intendere uno che la sa lunga o sta tentando di infinocchiarti. Ed è un’immagine legata alla persuasione della positiva influenza del sole su chi sa essergli amico, ossia abbia un rapporto intelligente con il sole: lo prenda tanto da esserne rafforzato sino ad essere un “dritto”, non sino ad avere un “colpo di sole”.
Perché è noto che il troppo sole stordisce, indebolisce le facoltà psichiche. Ed è ciò con cui spesso si paga la tintarella. E lo si paga senza saperlo, perché chi è veramente stordito non lo sa e opera come se non lo fosse.
La tintarella perciò è una patina la cui presenza e continuità richiedono un minimo di avvedutezza. È noto, per esempio che oltre un certo limite di abbronzamento la pelle sbianca per reazione: sbianca per eccesso di sole, perché ne ha preso un’indigestione e non lo sopporta piú: chiede un po’ della sua naturale vita.
Quindi dura la tintarella che si sappia sospendere o che non si voglia troppo.
Perché il profondersi nella delizia dell’apparire tinti, come in ogni altro apparire è sempre fonte di delusioni: conduce a struggenti amarezze. Le donne lo sanno fin troppo.
La tintarella non può essere che la tintarella della pelle. Non può essere l’anima condizionata dalla pelle ma la pelle in cui traspare l’anima. Solo a tale condizione si può avere la tintarella legittima e mantenere all’anima quella indipendenza che le dà modo di fluire vivida nel sangue.
Non bisogna dimenticare che tutto il processo dipende dal sangue.
Un abbronzato che impallidisca per improvvisa emozione è piú brutto che se non fosse abbronzato.
La tintarella, in effetto, dipende dal sangue, e il sangue dipende dall’anima.
La tintarella vuole essere la “buona cera”, ma non è questione di pelle: è questione di circolazione sanguigna. La quale, tintarella o no, quando funziona, dà la “cera” che si deve avere. E soltanto questa circolazione fa funzionare la tintarella.
Perciò dicevamo che la tintarella non deve condizionare l’anima bensí l’anima la tintarella: ed altre cose che tintarella non sono.
Massimo Scaligero