La Scienza dello Spirito, se è ben capita e approfondita sufficientemente, permetterà all’uomo di ritrovare progressivamente la vita intrinseca delle cose alla quale, contrariamente a quello che si crede, il modo di pensare materialistico, lungi dall’avvicinare, piuttosto allontana.
Questa frase è stata sovente pronunciata qua e là, e in molte occasioni, al fine di caratterizzare la missione del nostro movimento. Ma essa potrebbe apparire strana agli uomini della nostra epoca; in effetti, un buon numero di nostri contemporanei è adesso dell’avviso che la vita reale – quella che loro chiamano la vita – deve essere cercata piuttosto altrove che nell’ambito proposto dalla Scienza dello Spirito. E alcuni sono anche dell’avviso che la conoscenza spirituale non ha assolutamente la vocazione di guidare l’uomo verso una reale esperienza di vita. Sarà invece proprio quello che essa farà, nelle piccole come nelle grandi cose. La Scienza dello Spirito sarà in grado di risolvere le grandi domande dell’epoca attuale nel modo in cui devono esserlo per coloro che si occupano di affari pubblici e altro, a condizione che vogliano lasciarsi guidare da essa, se l’umanità intende condurre una vita reale nel senso completo del termine. Tutti i cambiamenti, tutte le condizioni poco favorevoli della nostra epoca, tutti quelli che sono chiamati i problemi attuali e che si cerca di risolvere da dilettanti secondo un tale o tal altro approccio, tutto questo non sarà veramente risolto con successo se i nostri contemporanei non si prendono la pena d’impregnarsi della verità che la Scienza dello Spirito lascia intravedere. Oggi però il nostro proposito non è di occuparci di questo soggetto, ma soltanto di evocarlo.
Ci occuperemo piuttosto dell’aspetto “sentimento e sensazione” della conoscenza spirituale. L’idea principale che cercheremo di far sorgere davanti alla nostra anima sarà di sapere a quale punto, di fronte ad una concezione piú profonda, piú sensibile della vita, la nostra vita può sembrare astratta, arida, intellettuale, concettuale. Alla nostra epoca, quando una delle feste cardinali, Natale, Pasqua o Pentecoste si avvicina, constatiamo come molto formalismo e certe misure esteriori sono stati conservati. Restano invece pochissime cose di quello che i nostri antenati sentivano in maniera vivente nella loro anima: quel soffio profondo del sentimento che pervadeva la loro anima, che faceva parte della natura dei nostri avi, quale risultato del rapporto che l’uomo intratteneva con l’insieme del cosmo e con il suo substrato divino. È questo soffio che si animava particolarmente in occasione della celebrazione di quelle feste. Perché tali feste erano piú che una realtà per la loro anima, i cui sentimenti erano allora differenti dal resto dell’anno.
Oggi l’uomo non ha piú alcuna idea di ciò che penetrava nell’anima dei suoi antenati, mano a mano che la durata dei giorni diminuiva e che ci si avvicinava alla fine dell’anno e alla festa per la nascita del Cristo, o allorquando si avvicinava la Resurrezione del Cristo Gesú, mentre la neve spariva poco a poco dalla terra, lasciando affiorare alla sua superficie quello che fino ad allora era sepolto. In apparenza, la nostra vita è concreta. In realtà, i sentimenti dei nostri contemporanei sono diventati astratti, intellettuali, si sono svuotati del loro senso. Gli esseri umani vanno a zonzo, fanno compere: per loro la festa del Natale è diventata solo una festa per scambiarsi dei doni. E in ogni caso quello che provano ha un rapporto molto esiguo con le profonde sensazioni che i nostri avi avevano ai loro tempi. In effetti, l’uomo ha perso il suo rapporto con la vita. La riconquista di questo legame sul piano del sentimento è una delle missioni della Scienza dello Spirito.
Chi si occupa solo dei concetti e delle idee di quello che normalmente si definisce la visione cosmica della Scienza dello Spirito, ha compreso solo una infinitesima parte di questa scienza spirituale. L’ha afferrata solo colui che sa che il mondo di sensibilità e di sensazione dell’uomo diventerà tutt’altra cosa il giorno in cui la conoscenza spirituale entrerà nei cuori e nelle anime. Allora, quello che un tempo fu astratto, quello il cui significato fu un tempo dimenticato, vale a dire il senso profondo delle nostre feste, riapparirà rinnovato nelle nostre anime, allorché questo rapporto intimo con il mondo circostante avrà nuovamente affascinato l’uomo, allo stesso modo in cui può essere affascinato da una visione spirituale.
Ci siamo molte volte interessati al senso piú profondo della festa del Natale. Oggi l’esamineremo ancora una volta sotto un altro aspetto. Cominceremo con il chiarire in quale modo i pensieri e le idee antroposofiche agiscono sulla nostra vita senziente, in che maniera esse fanno dell’uomo un essere del tutto differente da quello attuale, uno che sa cosa significa il fatto di provare in modo diretto la pulsione della vita spirituale nella natura, il calore che pervade il mondo, di sentire realmente questo calore che anima tutte le creature. Quando osserva il cielo stellato basandosi sull’astronomia, scienza astratta, l’uomo vede oggi solo un cielo riempito di sfere materiali astratte. Queste sfere cosmiche gli riappariranno allora come dei corpi celesti dotati di un’anima e di uno Spirito. Per lui lo spazio esprimerà nuovamente spiritualità e anima. Sentirà il cosmo tutt’intero come qualcosa di caloroso, come un contatto con la spalla di un amico, troverà con evidenza lo Spirito del cosmo di una maestà ben piú grandiosa.
Sappiamo che l’anima, come la conosciamo nell’essere umano, è un’anima individuale che abita il corpo fisico e che esiste cosí solo nell’uomo. In tutte le altre creature che ci circondano, l’anima si presenta sotto un’altra forma, è di un’altra natura. Gli animali che vivono attorno a noi hanno anch’essi un’anima, ma la cercheremmo invano sul piano fisico. L’Io animale, che definiamo anima di gruppo, si trova sul piano astrale, e in un gruppo di animali della stessa specie, per esempio quello dei leoni, o delle tigri, tutti felini; tutti i differenti gruppi di animali della stessa specie hanno un’anima in comune, un Io comune. Il fatto che gli animali siano sparsi su tutta la Terra non ha alcuna importanza. Non è rilevante che un leone si trovi in uno zoo e un altro in Africa. I leoni hanno tutti uno stesso Io che il ricercatore della Scienza dello Spirito può percepire sul piano astrale. Lí queste anime di gruppo rappresentano ognuna un’individualità intera; l’anima di gruppo è un’entità completa sul piano astrale, allo stesso modo in cui ogni tipo di animale possiede la sua propria personalità sul piano fisico. Tutti i leoni appartengono all’anima di gruppo dei leoni, cosí come le vostre dieci dita appartengono alla vostra propria personalità. Se potessimo conoscere sul piano astrale le differenti anime di gruppo, constateremmo che la loro particolarità piú marcata è la saggezza, anche se i differenti animali ci appaiono qui sulla terra come ben poco dotati di saggezza. Nessuno deve trarre delle conclusioni sulla qualità delle anime di gruppo dell’individualità animale sul piano astrale a partire dalle caratteristiche dei differenti tipi di animali. L’animale isolato è altrettanto poco rappresentativo delle qualità della sua anima di gruppo che le vostre dita lo sono nei riguardi delle qualità del vostro Io individuale.
Queste anime di gruppo agiscono con saggezza, e le differenti anime degli animali sono piú dotate di saggezza di quanto potete immaginarlo. Ciò che conoscete come particolarità degli animali è generato dalla loro anima di gruppo. Queste anime di gruppo vivono nella nostra atmosfera, nell’ambiente circostante la nostra Terra, le si trovano ovunque attorno a noi.
Se seguite il volo degli uccelli, il modo in cui lasciano le nostre contrade quando s’avvicina l’autunno dirigendosi da Nord-Est verso Sud-Ovest e, all’arrivo della primavera, come ritornano sul loro territorio dal Sud-Ovest al Nord-Est potete domandarvi: chi è che guida con saggezza il volo di quegli uccelli? In quanto ricercatori occulti delle diverse entità reggenti, arriverete all’anima di gruppo delle differenti specie. L’Io astrale vive nell’insieme della popolazione animale, ed è sul piano astrale un Io allo stesso titolo dell’Io umano sulla terra, con la sola differenza che è dotato di una piú grande saggezza. Le individualità di gruppo che si incontrano sul piano astrale sono degli Io ben piú avveduti degli esseri umani sul nostro piano fisico. Queste individualità hanno i loro differenti elementi costitutivi sul piano fisico e tutto quello che è organizzato con saggezza nei diversi animali è la saggezza manifestata dal loro Io di gruppo. Ci evolviamo in modo del tutto differente nel mondo quando abbiamo preso coscienza che ad ogni passo o movimento progrediamo in mezzo ad esseri di cui vediamo le azioni.
Se consideriamo il regno vegetale, l’Io del mondo vegetale si trova su un piano ben piú elevato di quello delle anime di gruppo animali. Esso si trova nel Mondo spirituale, o Devachan, dove il numero di questi Io delle piante è molto ristretto; in effetti, ogni Io delle piante include molte piante differenti, numerose nature di piante che si trovano qui sulla terra. E se vogliamo trovare il luogo dove questi Io delle piante hanno eletto domicilio nello spazio, dobbiamo andare al centro della Terra. Gli Io delle piante sono tutti riuniti al centro della Terra.
Domandarsi se tutti questi Io hanno tutti abbastanza posto, significa rappresentarsi lo spirito dell’Io in modo molto rudimentale. Nel campo spirituale tutto si compenetra. Colui che non lo comprende si costruisce una visione che si trova in un libro caldamente e particolarmente raccomandato dai teosofi che parla certo di mondi spirituali, ma in tale maniera che si è portati a porsi la seguente domanda: se nel corso di un millennio fossero vissuti trenta miliardi di individui umani, le anime dei quali si trovassero adesso intorno alla terra, ci dovrebbe essere un tale numero di anime che non potrebbe esserci abbastanza posto per loro. Questo libro è pieno di buone intenzioni, ma è straordinariamente semplicistico.
Cerchiamo dunque l’Io delle piante al centro della Terra, perché essa, in quanto pianeta, è un organismo completo; le piante sono parte dell’organismo della nostra Terra nello stesso modo in cui i capelli e i peli fanno parte del vostro organismo. Esse non sono delle entità autonome, ma degli elementi costitutivi dell’organismo terrestre. Il dolore e il piacere delle piante sono dolore e piacere per l’organismo Terra.
Dovremmo ricordare quello che abbiamo detto qualche settimana fa a proposito del dolore e del piacere del mondo vegetale. Chi è in grado di osservare tutto questo, sa che quando si ferisce una pianta nelle sue parti aeree, questo dolore non corrisponde al sentimento di dolore del nostro organismo Terra, ma ad un sentimento di benessere. Come nel caso del vitello che tetta sua madre e le procura anche piacere.
Perché quello che spunta e germoglia dalla terra partendo dalle piante, anche se è fissato alla pianta, quel verde che spunta dalla terra, è comparabile, per l’organismo Terra, al latte dell’organismo animale. In autunno, quando il mietitore taglia gli steli con la sua falce, non si tratta solo di un processo astratto agli occhi di colui che sa analizzare le idee della Scienza dello Spirito e le fa vivere a livello dell’anima: il taglio della falce corrisponde a un soffio di benessere che percorre i campi, e tutta la mietitura dei cereali inonda la campagna di quelle che possono chiamarsi sensazioni di piacere.
In questo modo impariamo a sentire e a vivere l’organismo Terra e a provare delle sensazioni simili a quelle che nascono a contatto del corpo di un amico. Impariamo a capire il dolore della terra quando sappiamo quello che essa sente appena strappiamo le piante con la loro radice. Il fatto di strappare una pianta con le sue radici rappresenta un dolore per la Terra. Qui non è il caso di obiettare che in certe circostanze sarebbe preferibile trapiantare una pianta con le sue radici piuttosto che coglierne il fiore. Queste circostanze non hanno alcuna importanza. Quando un uomo comincia ad ingrigire e per civetteria strappa i primi capelli bianchi, proverà comunque del dolore.
Impariamo cosí a sviluppare dei sentimenti nei confronti della natura che ci circonda, che si arricchisce per noi progressivamente di anima e di Spirito. E se passeggiando in una cava di pietra e vedendo gli operai staccare dei blocchi di pietra approfondiamo le idee della Scienza dello Spirito per trasformarle in sentimenti dell’anima, questo spettacolo non resta per noi qualcosa di astratto. Non ci limitiamo a vedere i blocchi di pietra rotolare dalle rupi. E neppure quando un masso di roccia è dinamitata, neppure questo resta per noi qualcosa di astratto; impariamo ad entrare in empatia con quello che sente la natura esteriore, impregnata di anima e di Spirito. Quando prendiamo un bicchiere d’acqua e ci versiamo del sale, oppure una zolletta di zucchero, e osserviamo il sale e lo zucchero che si sciolgono, abbiamo il sentimento che dietro il fenomeno si trova un’anima. Se vogliamo sapere di quale genere di anima si tratta, non possiamo adoperare le analogie abituali. Quando il cavatore spacca le pietre con il mazzuolo si potrebbe in effetti credere troppo facilmente che causi un dolore alla natura; invece, avviene il contrario. Nel regno minerale, l’azione che si definisce “ridurre in pezzi” fa nascere una grandissima gioia nella natura, un sentimento di benessere interiore, ed è lo stesso sentimento che nasce quando il pezzetto di zucchero e il sale si sciolgono nell’acqua. L’acqua è percorsa dal sentimento di benessere delle sostanze minerali che si stanno sciogliendo. Ma in altre occasioni avviene tutt’altro.
Ricordiamoci dei primi tempi della Terra, quell’epoca in cui essa era solo un corpo fatto di fuoco e di liquido e dove tutto era metallo e minerale disciolto. La Terra non avrebbe potuto rimanere in quello stato, perché doveva diventare il posto dove noi viviamo, il suolo solido sul quale possiamo andare e venire. I metalli e i minerali si sono dovuti solidificare partendo dall’elemento liquido; sono dovuti diventare solidi, contratti. Quello che era in soluzione nell’elemento liquido ha dovuto subire una contrazione, cristallizzarsi; si tratta di un processo paragonabile a quello che si produce nel bicchiere d’acqua nel quale avete sciolto del sale. Se fate raffreddare l’acqua, vedrete dei cristalli di sale staccarsi dalla massa dell’acqua sotto forma di corpi solidi. Se seguite i sentimenti che entrano in gioco durante questi fenomeni, sono dei sentimenti di dolore in un regno minerale apparentemente morto. Ogni distruzione o frammentazione apparente del regno minerale equivale a un sentimento di benessere per la Terra. Ogni processo di solidificazione, di cristallizzazione si fa nel dolore, ed è nel dolore che si sono formate tutte le rocce, tutti i minerali solidi dei terreni sui quali ci muoviamo. Piú o meno è quello che è avvenuto in occasione della solidificazione della nostra Terra.
Se volgiamo lo sguardo verso l’evoluzione futura della nostra Terra, dobbiamo rappresentarci il fatto che il solido si liquefarà, si dissolverà sempre di piú. La Terra si metamorfoserà infine in quella che chiamiamo la Terra astrale, quando la materia terrestre si sarà affinata sempre di piú. Per questo, nella prima metà del processo di formazione della Terra, dobbiamo considerare gli elementi minerali come qualcosa che è diventato, nel dolore e nella sofferenza, il luogo solido sul quale soggiorniamo; verso la fine, un sentimento di benessere sempre piú sereno si diffonderà nella Terra in divenire, e questa, quando si sarà metamorfosata in un pianeta celeste, astrale, in seno al cosmo, sarà come pervasa da questo sentimento di benessere.
Gli Iniziati, quando si intrattengono su queste cose, esprimono sempre dei profondi misteri nelle loro parole. Formulano d’altronde questi misteri in tal modo che le loro parole possano essere comprese in piú modi, visto che il loro senso è molto complesso. San Paolo, che era un Iniziato, ha pronunciato questo genere di frase dal senso multiplo. Piú progrediremo nella comprensione del cosmo, dei mondi spirituali, piú percepiremo la profondità delle parole di Paolo. Paolo sapeva che i corpi terrestri sono diventati solidi nel dolore e che sospirano, in attesa della propria dissoluzione, la loro metamorfosi in un corpo spirituale e celeste: «Perché noi sappiamo che fino ad ora tutta la creazione fino a quel giorno geme nel travaglio del parto» (San Paolo Lettere ai Romani – 8,22). Con queste parole dal senso profondo Paolo faceva allusione ai minerali che si sono trasformati per diventare ciò su cui noi stiamo e camminiamo, che sono diventati solidi con dolore.
Non conosciamo l’essenziale della Scienza dello Spirito finché non vediamo in essa che un sistema di pensiero. Ma c’è una particolarità nel fatto che le idee si mutano in sentimenti e che noi evolviamo mano a mano che, grazie alle esperienze piú diverse, impariamo a captare e a sentire con i nostri sensi quello che ci appare all’esterno. Tale era anche la convinzione di coloro che avevano delle reali nozioni della dottrina esoterica del cristianesimo. Fino al XVIII secolo potete ritrovare la traccia di scrittori cristiani che erano ancora sensibili all’elemento vivente della natura, ad ogni forma di gioia e di sofferenza. Per questo si esprimono nei loro scritti con parole che per l’uomo attuale sono vuote di senso, o rappresentano tutt’al piú delle allegorie o delle immagini, mentre sono in effetti l’espressione di una realtà: non si tratta di accontentarsi di meditare sulla natura, bisogna avvicinarsi ad essa con i propri sensi, renderla percettibile al gusto e ai sentimenti. Ecco cosa volevano dire gli scrittori cristiani: quando il falciatore si mette a tagliare l’erba dei prati, bisogna sentire, assaporare, provare i sentimenti che nascono e percorrono in quel momento la Terra. Quando vediamo il cavatore fendere le pietre, bisogna poter entrare in empatia con il sentimento di benessere della natura. E quando vediamo un fiume gettarsi nel mare e deporvi i suoi sedimenti alluvionali, bisogna aver coscienza dei sentimenti di dolore che là si depositano insieme a quel fango.
Allora, la natura ci appare interamente riempita d’anima. L’anima dell’uomo si libera dai suoi legami. La nostra sensibilità penetra nel mondo circostante. In questo modo formiamo un tutto con l’insieme della natura che ci circonda. E quando progressivamente ci uniamo ad essa, sentiamo i fenomeni amplificati nella loro spiritualità e la forza d’animo che li muove. Cosí, quando in primavera i giorni si allungano, che la luce si espande sempre piú abbondantemente sulla nostra Terra, quando dalle misteriose profondità del suolo spuntano le piante che dormivano nei semi sotto la terra, allora non sentiamo soltanto l’afflusso dei fenomeni di cui siamo spettatori, la vegetazione che addobba l’ambiente con tinte chiare, ma sentiamo che qualcosa avviene anche sul piano animico.
All’approccio dell’inverno, quando i giorni si accorciano e la quantità di luce che inonda la Terra declina, quando le piante si ritirano a loro volta e la vegetazione cambia colore, sentiamo allora qualcosa di analogo a ciò che proviamo quando, stanchi, ci prepariamo a cadere in un sonno profondo. Come in primavera, di fronte al risveglio della natura, questo stato non è per noi una semplice allegoria, ma un’autentica realtà. Sentiamo il cambiamento della natura, la trasformazione dell’anima e dello Spirito della natura. Sentiamo il ritmo secondo il quale a partire dalla metà dell’estate tutto si avvia verso la propria fine, e come l’anima della nostra Terra si appresti a immergersi nel sonno. Alla sera, quando l’uomo si addormenta a sua volta, ci dirigiamo verso il processo vitale spesso descritto: il corpo astrale e l’Io si ritirano progressivamente dall’essere umano, si liberano e galleggiano, per cosí dire, nel loro proprio specifico mondo. Se l’uomo nel suo attuale stato d’evoluzione avesse le capacità che avrà un giorno, nel momento in cui il corpo astrale si eleva al di sopra di quello fisico ed eterico potrebbe veder brillare in sé una coscienza spirituale; un’attività spirituale e un mondo spirituale circondano allora il corpo fisico dell’uomo. L’uomo uscirebbe del tutto semplicemente dal proprio corpo fisico per entrare in un’altra forma di esistenza. Al suo stato di evoluzione attuale è quello che già fa, ma senza esserne cosciente.
Questo succede ugualmente per la nostra Terra. Il corpo astrale che la circonda nel corso dell’anno vive delle trasformazioni. Questi cambiamenti sono differenti nei due settori della Terra. Ma questo non è quello che c’interessa oggi. Durante il periodo nel quale le piante e la vita spuntano generalmente dal suolo, il corpo astrale della nostra Terra è fortemente implicato nel processo naturale, assicurando l’esistenza di quest’ultima. È lui che fa in modo che le piante spuntino, è lui che fa verdeggiare e prosperare la natura. E quando in autunno una specie di stato di sonnolenza pervade la Terra, il suo corpo astrale passa alla sua attività sul piano spirituale.
Coloro che sentono in modo vivente nella loro sensibilità i processi che vive la Terra, sanno che è la manifestazione esteriore dello Spirito della Terra, che si esprime in maniera diretta in tutta questa vita che germoglia e prospera durante il periodo in cui il Sole descrive la sua curva ascendente, vale a dire dalla primavera all’autunno. All’avvicinarsi dell’autunno, si trovano in presenza diretta del corpo astrale terrestre che si libera; quando i giorni sono i piú corti, cioè quando la vita fisica esteriore è molto vicina al sonno, la vita spirituale si risveglia. In cosa consiste questa vita spirituale della Terra? Chi è lo Spirito della Terra?
Questo “Spirito della Terra” si è definito da solo in quanto tale quando ha pronunciato queste parole «Colui che mangia con me il pane, ha levato contro di me il suo calcagno» (Gv 13,18), e quando da una parte ha fatto allusione a quanto la terra produce in quanto cibo solido destinato agli uomini con «questo è il mio corpo» e dall’altra ai fluidi che pervadono ogni cosa vivente dicendo «questo è il mio sangue», con queste due frasi Egli ha allora designato la Terra stessa come Suo proprio organismo.
Questo si è svolto in modo molto differente durante le epoche precristiane fino all’èra cristiana. Perché le cose si sono presentate come sono nella nostra èra cristiana solo a partire da un preciso momento dell’evoluzione della Terra. All’epoca dei giorni piú corti, allorché si rappresentavano i sacri Misteri dell’antichità, nel giorno che chiamiamo Natale, a mezzanotte, coloro che erano destinati ad essere iniziati si volgevano con tutta la loro anima verso il Sole. Con la pratica di quei sacri Misteri, i discepoli che dovevano essere iniziati si trovavano immersi in uno stato che li portava a vedere il Sole a mezzanotte. Erano infatti allenati per accedere alla chiaroveggenza. Ai giorni nostri, l’uomo non è certo piú in grado di vedere il Sole a mezzanotte, visto che si trova dall’altra parte della Terra. Ma per il veggente, la terra fisica non è un ostacolo che gli impedisce di vedere il Sole. Quello che egli vede è l’Entità spirituale del Sole. E quando nell’ambito degli antichi Misteri i chiaroveggenti vedevano il Sole di mezzanotte, quello che vedevano era il Reggente del Sole, il Cristo. In effetti, per coloro che aspettavano per comunicare con Lui, non c’era alcun dubbio che Egli si trovasse ancora sul Sole.
Quando sul Monte Golgotha il sangue colò dalle ferite del Cristo, questo fu un avvenimento di una significativa importanza per tutta l’evoluzione della Terra. Chi non capisce che il cristianesimo si fonda su una realtà mistica, non può capire questo avvenimento. Una persona dotata di chiaroveggenza che avesse potuto seguire l’evoluzione della Terra attraverso i millenni a partire da un lontano pianeta, avrebbe potuto vedere non soltanto il corpo fisico della Terra, ma anche il suo corpo astrale. E questo corpo astrale gli avrebbe fatto vedere, attraverso gli stessi millenni, certe luci, certi colori e certe forme. In un istante tutto questo si è trasformato. Altre forme sono apparse, altre luci e altri colori si sono messi a brillare nell’istante nel quale il sangue è sgorgato sul Golgotha dalle piaghe del Redentore. L’avvenimento non è stato solo di ordine umano, è stato cosmico. In quel momento, l’Io del Cristo, che si doveva cercare solo sul Sole, ha potuto trasferirsi e penetrare nella Terra. Si è unito alla Terra in modo che lo Spirito della Terra porta ormai l’Io del Cristo, l’Io del Sole. Dall’inizio di questa nuova èra, l’Iniziato che durante gli antichi Misteri a mezzanotte di Natale cercava lo Spirito Solare sul Sole, era in grado di vederlo nel Cristo stesso, come Spirito centrale della Terra. La coscienza dello Spirito del cristiano sta nel fatto che mantiene in maniera costante un legame vivente con lo Spirito del Cristo. E non si tratta unicamente della coscienza del cristiano ordinario, ma della coscienza dell’Iniziato cristiano.
Ecco il processo che avviene ogni anno, quando i giorni si accorciano e la Terra e la sua natura s’immergono nel sonno. Questo processo è allora vissuto come quello grazie al quale possiamo entrare in unione diretta con lo Spirito della Terra. Per questa ragione la nascita del Salvatore è stata posta all’epoca in cui i giorni sono piú corti e le notti piú lunghe, non arbitrariamente, ma secondo il principio dell’Iniziazione. Vediamo dunque che questo avvenimento spirituale infinitamente importante è legato all’accorciarsi dei giorni e all’allungarsi delle notti, e sentiamo anche che esso è portatore di un’anima, quella suprema, della quale possiamo sentire l’impronta sull’evoluzione della Terra. Quando pronunciavano il nome del Cristo, i primi cristiani non si trovavano di fronte ad una dottrina o un insieme d’idee. Sarebbe sembrato loro impossibile chiamare cristiana una persona unicamente perché si basava sulle parole pronunciate dal Cristo Gesú e che formano l’insegnamento cristiano.
A nessuno sarebbe venuto in mente di negare che quelle parole si trovavano ugualmente in altre confessioni religiose, né di considerarle come qualcosa di particolare. È solo ai nostri giorni, nei circoli di gente ben istruita, che si accorda una importanza particolare alla concordanza fra la dottrina del Cristo Gesú e quella di altre confessioni. È un fatto: sarebbe difficile trovare un dogma che non sia già stato insegnato.
Ma adesso questo non ci interessa. Il cristiano non è legato al Cristo dal solo dogma. È cristiano non colui che ha fede nelle parole, ma colui che ha fede nello Spirito del Cristo. Essere cristiano significa fra l’altro sentirsi legati al Cristo come si manifesta per la sua presenza e il suo percorso sempre reali sulla Terra. Riconoscere semplicemente la dottrina del Cristo non significa manifestare il cristianesimo. Confessare il cristianesimo significa vedere nel Cristo lo Spirito che abbiamo caratterizzato come reggente del Sole e che, dall’istante in cui il sangue è colato dalle Sue piaghe sul Golgotha, ha cominciato la Sua azione sulla Terra e l’ha dunque incorporata nella Sua opera solare.
Coloro che per primi hanno propagato il cristianesimo, si sentivano per questo poco inclini a riportare unicamente le parole del Cristo, ma si dedicavano soprattutto a parlare della persona del Cristo Gesú. «Noi l’abbiamo visto quando era con noi sulla montagna sacra». Quello che importava ai loro occhi era il fatto che Egli era là, che L’avevano visto. «Abbiamo messo le nostre mani sulle Sue ferite». Quello che per loro era importante era il fatto di averlo toccato. Da questo avvenimento storico deriva tutta la futura evoluzione dell’umanità sulla nostra Terra. Ecco quello che si percepiva a quei tempi. Per questo i discepoli hanno detto: noi diamo una grande importanza al fatto che eravamo con Lui sul Monte degli Ulivi, ma siamo ugualmente coscienti che la parola dei profeti, proveniente dalla verità e dalla saggezza che si sono realizzate in Lui, è qualcosa di grandioso. Si è realizzato qualcosa della quale i profeti avevano avuto una premonizione. In quei tempi lontani si pensava che i profeti fossero degli Iniziati che potevano predire la venuta del Cristo perché l’avevano visto alla mezzanotte della notte di Natale durante gli antichi Misteri sacri. I primi discepoli del Cristo considerano che l’evento del Golgotha sia il compimento di quello che si era sempre saputo, e che un grande sconvolgimento si sia operato nei sentimenti di coloro che detenevano il sapere.
Quando immergiamo i nostri sguardi nell’èra precristiana e risaliamo sempre piú indietro in quest’èra, constatiamo che ogni tipo di amore è in stretta relazione con i vincoli del sangue. Nel popolo ebraico, dal quale è disceso il Cristo stesso, l’amore continua ad essere possibile solo per i legami della consanguineità. Vediamo che lo stesso sangue scorre nelle vene di coloro che si amano e che è sempre stato cosí: l’amore si basava sul principio naturale di essere dello stesso sangue. L’amore spirituale, che è indipendente dal sangue e dalla carne, è apparso sulla Terra solo con il Cristo. E in avvenire dipenderà dal compimento della parola: «Chi ama padre e madre, fratello e sorella, moglie e figlio piú di me, non potrà essere mio discepolo». Chi farà dipendere l’amore dai princípi naturali del sangue, non potrà essere cristiano nel vero senso del termine. L’amore spirituale che penetrerà l’umanità come un immenso legame di fraternità viene dal cristianesimo.
Grazie ad esso l’uomo imparerà cos’è la libertà suprema, la piú grande armonia interiore che è conferita dal cristianesimo. Uno dei Salmi diceva ancora: «Io mi ricordo dei tempi antichi e mi ripeto tutte le tue opere». In quei tempi antichi, risalire fino agli avi faceva parte di uno stato d’animo normale. Si sentiva che il sangue degli antenati scorreva ancora nelle proprie vene e si sentiva che il proprio Io era legato al loro. Se si cercava veramente di sentire questo, nel popolo ebraico si pronunciava il nome di Abramo, perché ci si sentiva immersi nel flusso sanguigno che risaliva fino a lui, Abramo. Per esprimere nel miglior modo questo sentimento, l’ebreo diceva: «Il padre Abramo ed io siamo una cosa sola». Dopo la morte del corpo fisico, l’anima dell’ebreo ritornava in seno ad Abramo (fatto basato su ragioni molto profonde). L’autonomia introdotta dal Cristo Gesú nella coscienza umana non esisteva ancora. Grazie al Cristo Gesú nell’uomo è stata introdotta la conoscenza cosciente dell’“Io sono”.
Ma c’è una cosa che a quell’epoca non si afferrava ancora con i sensi: il carattere del tutto divino della natura intima dell’essere umano. Gli uomini si rendevano ben conto dell’“Io sono”, ma lo mettevano in relazione con i loro avi; lo sentivano sotto la forma di un solo e stesso sangue che scorreva in loro dall’epoca di Abramo. Poi è venuto il Cristo Gesú e ha fatto prendere coscienza del fatto che un principio molto piú antico, molto piú autonomo si trova nell’uomo e che l’“Io sono” non è soltanto qualcosa che vive come un elemento comune a tutto un popolo, ma che è proprio ad ogni singolo individuo; per questa ragione ogni essere, in virtú di questo “Io sono”, è tenuto a cercare l’amore in sé e da se stesso.
L’Io che oggi è in voi, senza apertura verso l’esterno, cerca l’amore spirituale all’esterno. Questo Io si sente unito non piú al padre che era Abramo, ma al Padre spirituale del Mondo, “il Padre ed io siamo uno”. Ed esiste anche una parola ancora piú profonda di questa, pure se quest’ultima è essenzialmente in grado di permettere di capire meglio da dove veniamo, ed è il fatto che il Cristo abbia fatto capire all’uomo che l’essenziale non è dire: «Io provengo dal seno di Abramo», ha fatto capire che l’“Io sono” è piú antico, che proviene da Dio stesso: «Prima di Abramo c’era l’Io sono». Ma il testo originale è scritto, redatto e reso in modo tale che nessuno possa comprendere qualcosa partendo da esso. Non si tratta di comprendere “prima che venisse Abramo, io ero” ma “ prima d’Abramo c’era l’Io sono”, l’intimo principio spirituale che ognuno porta in sé.
Colui che capisce questa frase, penetra profondamente nella natura della visione cristiana e della vita cristiana, e comprende anche per quale ragione il Cristo ha precisato: «Io sono con voi per sempre, fino alla fine del mondo». Per questo con la nostra sensibilità dobbiamo comprendere la parola il cui vero senso è rivelato dall’antifonario di Natale, che ad ogni vigilia di Natale ci ricorda il mistero originale dell’intemporalità dell’“Io sono”. Questo canto di Natale non ci dice: «Evochiamo oggi il ricordo della nascita del Cristo avvenuto circa duemila anni fa», ma piuttosto di ricordare ogni volta lo stesso messaggio: «Oggi è nato il Cristo». Perché questo avvenimento si situa al di fuori del tempo, e quello che una volta è avvenuto in Palestina, si rinnova ogni notte di Natale per colui che è capace di assimilare con i suoi sentimenti e il suo cuore il senso della dottrina insegnata.
Una nuova concezione spirituale del mondo farà in modo che l’uomo risenta di nuovo in modo vivente il senso profondo di una simile festa. La missione di questa nuova visione dell’universo non è di essere una dottrina, una teoria astratta, ma di condurre l’uomo nel cuore della vita, affinché essa non gli appaia piú qualcosa di astratto, ma come qualcosa impregnato totalmente di anima. Sentiamo quest’anima del mondo quando ci troviamo in una cava di pietre e vediamo la pietra spaccata in due, sentiamo l’anima del mondo quando guardiamo il volo degli uccelli, quando vediamo la falce nei campi, quando guardiamo il levarsi e il tramontare del sole. Piú gli elementi osservati sono profondi e piú ci diventa tangibile questa vita dell’anima in ogni cosa. Percepiamo a livello dell’anima gli avvenimenti piú importanti delle grandi date dell’anno, e dobbiamo imparare ad afferrare di nuovo con i nostri sensi, con il nostro cuore, l’essenziale di quanto ci è dato nei grandi momenti dell’anno, espressi attraverso il rituale delle corrispondenti feste.
Allora le nostre feste riprenderanno vita e vivificheranno le anime degli uomini ricolmandoli di un soffio vitale; durante quei momenti solenni, l’uomo sarà nuovamente in grado di vivere coscientemente l’anima e lo Spirito della natura in tutte le sue manifestazioni e forme. Come un pioniere, l’antroposofo ha per missione di sondare la dimensione che queste feste possono avere se l’umanità sarà nuovamente in grado di afferrarne il senso, di vivere lo spirito che ne emana. Questa presa di coscienza del significato di queste feste con i propri sensi e sensibilità, che oggi permette all’uomo di misurare l’importanza della conoscenza dello Spirito, contribuirà piú tardi a forgiare le energie che gli permetteranno un nuovo incontro con il mondo e la natura. Questi importanti momenti delle feste sono d’altronde propizi per ricordare quanto la conoscenza dello spirituale restituisca all’uomo con questa forma d’insegnamento del senso della vita. La Scienza dello Spirito sarà allora nuovamente una realtà vivente nell’anima, sarà la saggezza della vita o Vitaesophia. Non saprà rivelarsi meglio come tale che in un’epoca nella quale l’anima del mondo si volga in modo del tutto particolare verso noi e si leghi a noi nel modo piú profondo possibile.
Rudolf Steiner
Dalle annotazioni di uditori presenti alla conferenza di Rudolf Steiner.
Berlino, 13 dicembre 1907 ‒ O.O. N° 101. Traduzione di Angiola Lagarde.