Mare di approdi, mare di partenze.
Lo percorrono vele acuminate,
dorsali di sommersi leviatani
dispersi da invisibili correnti,
risibili flottiglie che assecondano
i capricci del vento, imprevedibili
eterei flussi la cui forza libra
voli rasi alle onde che biancheggiano
sotto la sferza di libeccio. Evapora
una nebbia soffusa, ci frastorna
nel vagliare consunti portolani.
Come sanno gli uccelli quando è il tempo
di andare, quando è il tempo di tornare,
e le vie da seguire nel deserto
aereo, quali abbagli e panie eludere,
e sanare con intimi rimedi
le ferite di tanti migrazioni?
Forse hanno appreso, cuore, la sapienza
di non credere a labili miraggi,
a effimeri sollievi inaffidabili.
Ora, planando ai nidi, voli tornano,
ali provate, navi stanche ormeggiano,
a questa riva promettente brevi
soste, fugaci incantamenti, liquidi
richiami che provengono dal mare.
E subito ci prende nostalgia
dell’isola remota da raggiungere,
terra che sarà nostra, terminato
l’incredibile periplo stellare
del nostro avventuroso navigare.
Fulvio Di Lieto