Elementi fondamentali dell'esoterismo

Antroposofia

Elementi fondamentali dell'esoterismo

atlantideLa nostra quinta razza radicale, l’umanità attuale, fu preceduta dalla razza radicale di Atlantide, continente sommerso che si trovava fra l’Europa e l’America. Gli Atlantidi non erano per nulla paragonabili agli esseri umani che oggi abitano il nostro pianeta. Per­ché anche coloro che sono restati di questa antica razza hanno imparato molte cose dagli ulteriori abitanti del quinto continente, e non potremmo ricostituire questa cultura partendo da quella. All’inizio della civiltà di Atlantide non c’erano attrezzi. Erano le forze di chiaroveggenza che permettevano all’uomo atlantideo di mettere la terra al suo servizio. Il lavoro sui metalli è cominciato invece solo verso la fine dell’epoca atlantidea.

Dalla popolazione di Atlantide si distaccò un piccolo gruppo, come se ne deve di nuovo distaccare uno, attualmente, dalla Società Teosofica. Il suo compito era portare una nuova cultura fino alla quinta razza radicale. In Inghilterra e in Irlanda troverete dove hanno abitato coloro che erano destinati a fondare questa piccola colonia isolata dal resto della civiltà. A quell’epoca, era lí che abitavano i proto-Semiti. Furono i primi uomini capaci di pensare intellettualmente. Ogni attività di rappresentazione degli Atlantidi consisteva ancora in immagini. La fronte bombata, la configurazione del cervello in quanto supporto del pensiero, apparvero per la prima volta nella popolazione dei proto-Semiti, che non assomigliavano affatto agli attuali semiti. Questa popolazione proto-semita che, per cosí dire, inventò il pensare, attraversò l’Europa in direzione dell’Asia, ove fondò una civiltà. I proto-Semiti costituivano la quinta sottorazza degli Atlantidi. Le sette sottorazze della razza radicale atlantidea erano le seguenti:

 

1. i Rmoahals

2. i Tlavatlis

3. i proto-Toltechi

4. i proto-Turani

5. i proto-Semiti

6. i proto-Accadi

7. i proto-Mongoli.

 

La quinta razza radicale discende dunque dalla quinta sottorazza degli Atlantidi. Se gettiamo uno sguardo sull’Asia, vi troviamo prima fra tutte la prima sottorazza della quinta razza radicale, la razza degli antichi Indiani, quel popolo che, piú tardi, si spostò di piú verso il Sud e vi costituí gli antenati degli Indiani successivi. La caratteristica essenziale di questo popolo ancestrale, che viveva nel Nord dell’India, era che non sviluppava alcuna vera disposizione per la civiltà materiale. Gli antichi Indiani avevano le piú alte visioni spirituali, mentre il loro senso della cultura materiale non era per niente sviluppato. Si staccavano dal mondo, la loro anima assomigliava ancora completamente all’anima degli Atlantidi, nel senso che questa sapeva manifestare in sé un mondo di immagini di uno splendore infinito. Grazie alla pratica dello yoga, partendo dall’interiorità, in essi si sviluppò piú tardi una concezione del mondo sottile, che oggi ci appare sapiente. Non ne esistono piú che dei frammenti nella tradizione esteriore. I Veda e la Bhagavad-Gita non danno piú una vera immagine delle possenti concezioni degli Indiani, ma ancora soltanto qualche eco.vedanta La stessa cosa avviene nella filosofia Vedanta: non ci si trova piú che un’eco completamente astratta della concezione degli Indiani che all’origine era trasmessa con un insegnamento orale.

Immaginate, nella Kabbalah tardiva, il senso che ha preso una forma riferita ad altre cose, particolarmente la finezza dei dettagli, immaginate questo senso applicato a pensieri universali elevati. Leggendo la Kabbalah tardiva, se l’ebreo poteva rifletterci sopra, era perché questo insegnamento occulto non era piú che un riflesso decaduto, un’eco del sistema di pensiero dalle ramificazioni sottili degli antichi Indiani. E quello che divenne l’insegnamento brahmanico non è assolutamente soltanto religione nel senso dei sistemi piú tardivi, ma scienza, poesia e religione in un solo grande insieme. Tutto questo era come un’essenza floreale, l’estratto di quello che si era sviluppato nell’antica cultura di Atlantide.

Anche i popoli europei erano venuti da Atlantide nell’Europa dell’Ovest e in quella centrale. Lí fu sviluppato un insegnamento del tutto diverso. Vi erano insediate delle popolazioni che non erano ancora destinate a fondare delle nuove culture, pur avendo in germe quello che ebbe una cosí magnifica espressione in India, ma che qui si era fermato ad uno stadio ben piú antico. Ciò che era partito dall’Europa avanzò sempre piú verso l’Asia. Un insegnamento comune, che formava la base di tutto questo, si mantenne qui in Europa in una forma un po’ piú grezza.

L’insegnamento indiano si è espletato nei Veda. Il significato di Veda è lo stesso di Edda, salvo che il contenuto dei Veda è piú raffinato di quello che in Europa è rimasto nell’Edda in una forma piú primitiva, e che fu trascritta solo alla fine del Medio Evo. Dobbiamo immaginare che questo grande insegnamento spirituale delle origini è stato un po’ alterato dai popoli che sono venuti dopo. La sua grandezza iniziale consiste nel fatto di aver afferrato il concetto della potente unità divina riconosciuta dai chiaroveggenti indiani.

Questo non è piú il caso nella razza seguente, quella persiana. Un altro aspetto di questa antica concezione indiana è che la nozione del tempo vi era quasi completamente assente. Nella seconda sottorazza, quella degli antichi Persiani, la nozione di tempo vi apparve immediatamente. L’Indiano riconosceva certo il tempo, ma lo vedeva piuttosto uniforme; gli mancava la nozione della storia, di una progressione dall’imperfetto a qualcosa di perfetto. Il suo pensare era dominato dalla concezione che tutto emana dalla perfezione divina.

Il pensiero persiano era dominato dall’idea del tempo. Una divinità principale persiana, Zurvân-Akarana, in realtà era il tempo. Come si è arrivati alla nozione del tempo? Colui che cerca prima di tutto l’unica divinità primordiale alla maniera dell’antico Indiano deve rappresentarsi questa divinità come il bene assoluto. Per l’antico Indiano il male, ciò che nel mondo è imperfetto, non è che illusione; l’illusione era un concetto molto importante. Quegli uomini antichi dicevano: nell’universo non c’è assolutamente niente d’imperfetto né di male. Se credete che ci sia qualcosa di male, non avete visto il mondo sufficientemente privo d’illusione. Per esempio, la ruggine che corrode il ferro è d’altronde un gran bene, dovete soltanto cercare dove. Se guardate un criminale attraverso il velo dell’illusione, vi apparirà come un criminale, ma se fate astrazione dall’illusione, riconoscerete che il male non esiste. Quest’insegnamento è intimamente legato a un’attitudine di distacco dal mondo.

È tutt’altra cosa nella seconda sottorazza, presso gli antichi popoli persiani, dove il bene fu inserito nel processo universale e fissato come uno scopo. Dicevano: bisogna conquistare il bene lottando duramente, il mondo è bene e male, Ormuzd e Arimane, e colui che supera il male è Zurvân-Akarana, il tempo. È in questo modo che nella visione del mondo da parte degli antichi Persiani il bene e il male diventano princípi dell’evoluzione. L’insegnamento di Zarathustra si fonda su questa posizione del male nel mondo e sulla nozione del tempo: l’uomo è in vita per superare il male. Tale concezione è legata al fatto che questa seconda sottorazza non si distaccava dal mondo, ma si consacrava al lavoro. La seconda sottorazza era attiva; agiva nei diversi settori dell’occupazione umana, lo sguardo rivolto verso il mondo esterno, preoccupata di sapere come creare essa stessa il bene partendo dal mondo. Per questa ragione appare nel mondo dei Persiani una moltitudine di divinità; non le qualità di un solo dio, ma una folla di divinità, perché il mondo, se non lo si considera come un’illusione ma come una realtà, offre un’abbondanza, una moltitudine. Le divinità che veneravano erano piú o meno spirituali/personali.

Gli iniziatori delle origini che fondarono l’insegnamento degli antichi Indiani furono anche gli istruttori della seconda sottorazza degli antichi Persiani. Adattarono il loro insegnamento a una razza che lavorava, e fondarono la religione che fu sviluppata dai vari Zarathustra.

Avanzando verso l’Asia Minore si trova poi un’altra Iniziazione: quella dell’Egitto, dei Babilonesi, Assiri e Caldei, antenati degli Arabi. Vi fu formata la terza sottorazza. Questa cercava di preferenza di armonizzare i due orientamenti dell’essere umano, verso l’interiore e l’esteriore. Se cercate la concezione fondamentale di questa terza sottorazza, sia in Caldea che in Egitto, troverete ovunque una forte coscienza del rapporto fra il lavoro umano e le forze della natura. In confronto alla razza persiana è una differenza essenziale. In Persia vi si trovano due potenze, il bene e il male, che si combattono. Da allora, l’uomo tenta di mettere le differenti forze della natura, o entità, al proprio servizio. Quello che si era sviluppato nella religione persiana era principalmente fondato sulla capacità del lavoro umano. Da allora, nella terza sottorazza apparve la coscienza del fatto che si padroneggia meglio la natura grazie alle proprie conoscenze, e non piú soltanto con la forza fisica e un comportamento morale.

Iside - Oriside - HorusNei paesi come l’Egitto e la Caldea, dove si praticava con cura l’arte dell’agricoltura, si operò una sintesi fra le potenze spirituali celesti e quello che l’uomo compiva con il suo lavoro. Si sviluppò la conoscenza dell’ambiente meteorologico e degli astri. Nella conoscenza della natura l’essere umano cercava la forza di cui aveva bisogno per il suo lavoro. Fu dunque cosí che diresse il suo sguardo verso le stelle, e che l’astronomia fu messa in relazione con l’uomo sulla terra. Si cercava l’origine dell’uomo negli astri. Per la prima volta, in questo senso, gli uomini ebbero quindi a che fare con una scienza. Da allora, nella terza sottorazza, il sapere pratico rimpiazzò la visione interiore.

 

Per questo sentiamo parlare di grandi Iniziati che insegnavano la geometria, la topografia e altre cognizioni tecniche. Nella terza sottorazza ogni attività umana si trova cosí fecondata dalla visione del mondo attinta dal cielo. C’era qualcosa che poneva tutta la concezione della vita umana in una specie di astronomia. Questo si espresse differentemente nei vari po­poli. Osiride, Iside, Horus erano concepiti dagli Egizi come rappresentanti di fenomeni astronomici.

Guidata da Iniziati, una colonia partí da Atlantide per raggiungere l’Asia. Essa è all’origine delle tre sottorazze: prima la civiltà degli antichi Indiani, poi quella dei Persiani e in seguito quella dei Caldei e degli Egizi. Tutte e tre hanno un fulcro iniziatico comune.

In Europa si trovano tuttavia delle vestigia di ciò che si è sviluppato in Asia di queste tre grandiose civiltà. Ciò che di loro rimane, forma ancora degli strati che si mescolano gli uni con gli altri nei modi piú diversi. Anche in Europa, verso la fine del periodo in questione, c’erano degli Iniziati che avevano delle scuole dei Misteri: erano chiamati druidi da “drus” che vuol dire “quercia”. La vigorosa quercia era il simbolo degli antichi saggi sacerdoti d’Europa. Sigfrido e AchillePerché i popoli del Nord erano dominati dall’idea che la loro antica cultura potesse perire. Si inse­gnava il “crepuscolo de­gli Dei”, e l’avvenire del cristianesimo avrebbe trovato una magnifica espressione nei profeti nordici per quanto piú tardi divenne il mito di Sigfrido, da paragonare a quello di Achille.

Achille è invulnerabile in tutto il suo corpo tranne nel tallone; anche Sigfrido lo è, salvo fra le spalle. Essere invulnerabile in questo modo significa essere Iniziato. In Achille troviamo l’Iniziato della quarta sottorazza, che si pone nella curva ascendente dell’evoluzione culturale dell’uomo; per questo tutta la parte superiore del corpo di Achille è invulnerabile. È vulnerabile solo il tallone, la natura inferiore, un po’ come Efesto, che zoppica. Il Sigfrido tedesco era anche lui un eroe della quarta sottorazza. Lui è vulnerabile fra le scapole, nel posto dove si rende invulnerabile solo colui che porta la croce. Con Sigfrido il divino perisce, gli Dei nordici affrontano il crepuscolo degli Dei. San Bonifacio e la sacra querciaQuesto conferisce al mito nordico il suo carattere tragico: non illustra soltanto il passato, ma anche il crepuscolo degli Dei, il tempo che verrà. I druidi davano alla gente l’insegnamento degli Dei nordici in declino. Per questo motivo la leggenda di San Bonifacio, che abbatté la quercia sacra, rappresenta anche simbolicamente il combattimento contro gli antichi sacerdoti.

Ovunque nel Nord si possono trovare le tracce anche di quanto è stato espresso in Asia. Per esem­pio Múspellheim, o Regno del fuoco, e Nifelheim, o Regno del ghiaccio, corrispondono a Ormuzd e ad Arimane. Il gigante Ymir, dal quale è stato fatto il mondo intero, corrisponde allo smembramento di Osiride in Egitto. Nei popoli europei del Nord e nelle altre culture si possono seguire queste corrispondenze nei dettagli. Quando nel Sud del­l’Europa si sviluppò la quarta sottorazza, anche le tribú nordiche erano passate al quarto stadio, cosí che Tacito trovò presso i Germani molte cose che gli erano familiari. Arminio, per esempio, corrispondeva ad Ercole nel Sud. Tacito ci parla anche di una specie di culto di Iside nel Nord. Stadi piú antichi di civiltà coesistono dunque, aspettando quello che si manifesterà sotto la forma del cristianesimo.

Immaginate cosí l’Europa, l’Asia centrale, l’Egitto, fecondati da quello che si era sviluppato sotto l’influenza delle Scuole Iniziatiche. Dai ranghi di queste ultime furono inviati i fondatori della quarta sottorazza che là era stata lungamente preparata. La personalità che la Bibbia chiama Abramo, che proviene da Ur di Caldea, rappresenta una specie di sintesi delle tre antiche civiltà. Il compito di Abramo consisteva nel far entrare nella sfera umana tutto quello che fino ad allora era venerato all’esterno, e a creare degli Iniziati, che attribuissero un grande valore al fattore umano, al fine di fondare dei culti consacrati ad alcune personalità. Per questo si vedono apparire nei profeti ebrei delle qualità personali. A dire il vero, in loro tutto riposa sull’astuzia e la scaltrezza. Come Giacobbe, che prende a suo fratello quello che vuole con astuzia e scaltrezza, e gli diventa cosí superiore. Questa è la realtà nella quale si sviluppa la nostra civiltà attuale: è fondata sull’intelletto e l’avidità. Si vede emergere tutto questo in modo grandioso, come un’aurora, nei racconti dell’Antico Testamento. Non potrebbe esistere una rappresentazione piú potente del­l’origine. Esaú è ancora ricoperto di peli, rappresenta il tipo di umanità che è ancora invischiata nel fisico. Giacobbe rappresenta colui che conta sul proprio intelletto e astuzia, e ottiene cosí quello che, da allora, si sviluppa effettivamente nella natura umana. Si inaugura qui il fatto che l’intelletto supera la forza fisica. Gli Iniziatori non mettono sempre nel mondo qualcosa di grande, ma quello che deve necessariamente venire. Israele vuol dire “colui che conduce gli uomini verso il Dio invisibile che vive nell’interiorità”. Isra-el: el = lo scopo; Isra = il Dio invisibile. Fino ad allora era visibile, sia nelle grandi visioni degli Indiani sia in colui che spinge verso il bene o il male dei Persiani, o ancora in colui che aveva il suo corpo nelle stelle, nell’Universo: era percepito come qualcosa di visibile.

Vedete poi l’Iniziazione ebraica presentata nella Genesi da Giuseppe e i dodici fratelli. È una bella e potente allegoria. Adesso, in effetti, appare l’elemento allegorico. Prima di tutto è descritto come Giuseppe sia stato iniziato: è uscito dalla vita ordinaria, viene gettato in una cisterna dove resta tre giorni e poi è venduto per 20 sicli d’argento. Questa è l’espressione dell’Iniziazione. In seguito Giuseppe arriva in Egitto, e là agisce portando conforto. Avete qui la sottile indicazione della svolta che ebbe luogo all’epoca: dalla teologia all’antropologia: Giuseppe fu espulso perché aveva dei sogni. Aveva sognato che il Sole, la Luna e undici stelle si prosternavano davanti a lui. Le undici stelle sono gli undici segni dello Zodiaco. Egli si sente come il dodicesimo. Il simbolo della religione degli astri è adesso portato nella sfera umana. Con i dodici fratelli, punto di partenza delle dodici tribú, si è fatta scendere la teologia degli astri nella sfera personale. «Ebbene, non pretenderai certo – disse il padre ‒ che i tuoi fratelli si prosternino davanti a te!». Qui abbiamo la svolta: l’astronomia celeste è tradotta in un insegnamento collegato all’elemento personale umano. Questo si sviluppa nella dottrina di Mosè.

Con l’Iniziazione dei patriarchi ebrei, la quarta civiltà, l’elemento ebraico iniziale deriva dalle tre antiche civiltà, e tutto quello che abbiamo come quarta sottorazza proviene allora effettivamente da questo elemento, perché le civiltà degli antichi Greci e Romani fanno ugualmente parte della quarta sottorazza. Discesa e risalitaQuello che è greco e romano (il diritto romano) è cresciuto grazie all’elemento personale, finché quest’idea è apparsa incarnata e ingrandita nel cristianesimo. La vera corrente della quarta sottorazza si manifesta cosí proprio in questa piccola ramificazione. La corrente greco-latina è uno sviluppo piú elevato di quella ebraica; l’elemento personale vi è intensificato. Questa discesa fino al punto piú basso e la risalita non si contraddicono.

Nella quarta sottorazza possiamo osservarlo ovunque. L’elemento personale si è dovuto effettivamente esprimere com’è descritto nel racconto di Esaú e di Giacobbe, per trovare la sua purificazione nel bell’umanesimo dei Greci e nella grandezza della romanità. In Ulisse è ancora l’astuzia che supera l’antica cultura dei sacerdoti.

Soltanto a partire da questa cultura può svilupparsi il cristianesimo, che ingloba veramente in sé tutte le antiche culture e può, di conseguenza, anche riceverle. Per quanto concerne la sua origine, il Cristo Gesú viene dalla Galilea. Galileo significa “straniero”, colui che è a parte; la Galilea è una piccola enclave nella quale poteva essere allevato qualcuno che, nell’ambito del suo popolo, doveva ricevere non solo l’elemento ebraico ma anche tutte le antiche civiltà.

La quinta sottorazza, quella nella quale noi stessi viviamo, si sviluppò nello scontro fra la romanità e i popoli del Nord. Con l’arabismo, venuto dall’Asia con i Mori, essa ha ricevuto anche un impulso delle antiche scuole iniziatiche. Si tratta sempre dell’influenza della stessa scuola di Iniziatori. Possiamo vedere che i monaci d’Irlanda, come anche quelli che fanno un lavoro scientifico, sono completamente ispirati dalla scienza moresca, araba. Questo dona uno stesso carattere fondamentale, ma sotto una nuova forma nella quale poteva essere accolto. Il cristianesimo non trova qui la sua reale espressione. Era soltanto passato attraverso la civiltà degli antichi Greci, mentre la quinta civiltà stava ancora preparandosi, e si installa ora sulla terraferma inserendosi in una serie di nazioni.Elsa di Brabante A quel punto, tutto viene attraversato e ispirato dalla corrente del cristianesimo. La nostra attuale epoca, con la sua cultura materialista, è l’ultima forma, radicale, di quanto fu una volta creato. La nascita di questa nuova cultura è simbolicamente rappresentata nella leggenda di Lohengrin. Lohengrin era colui che iniziava la cultura delle città, e la vita nelle città, che lavora per salire verso una nuova tappa culturale, è simboleggiata da Elsa di Brabante.

Altre correnti ancora, per esempio le tribú mongole, s’inseri­scono in quest’insieme. Quello che era venuto dall’Ovest era al­l’origine imparentato con quanto veniva dall’Est, con gli Unni. È in questo modo che si sono incontrate le tribú mongole e ger­maniche, le due correnti provenienti dall’Est e dall’Ovest. Coloro che all’origine sono venuti dall’Ovest erano anch’essi discendenti degli Atlantidi, e rimasti nei loro luoghi, come i Mongoli venuti dall’Est. In fondo, le due correnti erano imparentate. C’è sempre una corrente che ne incrocia un’altra. Ma tutte e due hanno una sola origine comune, poiché provengono tutte e due da Atlantide.

Ora, qui al Nord, tutto quello che è restato dei tempi piú antichi si è consolidato di piú. Nei secoli a.C., alla stessa epoca dei profeti ebraici, troviamo qui un’indicazione di un antichissimo iniziato di Atlantide, Wod-Wodha-Odino. È lo spirito modernizzato degli Atlantidi sotto una nuova spoglia, un atavismo, un ritorno al loro spirito. Tutto questo avviene ovunque, anche là, in Asia. In Asia la lettera W è una B, Wodha = Bodha ‒ Buddha. Laggiú, in Asia, il buddismo è lo stesso fenomeno che appare come un ritorno verso l’epoca di Atlantide. Per questo vediamo che il buddismo è molto praticato fra coloro del popolo degli Atlantidi che sono rimasti: dai popoli mongoli. È là che la sua apparizione è magnifica; come un pilastro, nel Tibet, abbiamo un’espressione moderna, monumentale, dell’antica cultura atlantidea.

Bisogna conoscere questi rapporti fra i popoli e allora si comprende anche la storia. Quando Attila, il protagonista del monoteismo, apparve in Europa, egli si fermò solo quando si confrontò con il cristianesimo, perché in esso incontrò qualcosa di piú grande di quello che avevano gli Unni. Il monoteismo degli Unni, emanazione di una cultura atlantidea, era di una natura cosí grandiosa che gli altri popoli nel loro cammino non ne trovarono di simile. Soltanto il cristianesimo s’impose sugli Unni. Simili considerazioni permettono di comprendere piú di un dettaglio dell’evoluzione storica.

Carl Peters

Carl Peters

Il celebre viaggiatore Carl Peters ha l’intuizione che l’antica venerazione di Bodha e quella di Wotan possono convergere, ma non sa che noi, in Europa, non dobbiamo rappresentare solo qualcosa di estremamente antico, bensí qualcosa di nuovo, un nuovo turbine. Quello che è il piú nuovo, la saggezza che mostra l’avvenire, aggiunge il suo impatto alla parte antica del vortice. Questa saggezza si rapporta alla saggezza antica come la chiara coscienza diurna si rapporta allo stato di trance. Con una coscienza diurna completamente chiara, i popoli futuri svilupperanno una cultura spirituale che sarà differente da quella antica. Per questa ragione, la Scienza dello Spirito non deve essere una trasmissione di quanto è antico, del buddismo e dell’induismo, altrimenti crollerà. Qualcosa di nuovo deve nascere dai germi che dormono nell’Est dell’Europa, un’unione con tutto il lavoro che qui è stato fatto.

CiviltàLa vera civiltà dell’avvenire è negli elementi che stanno per sbocciare nei popoli dell’Europa dell’Est. Anche noi, dell’Europa centrale, siamo delle avanguardie. Per quanto è fondato qui, come preannuncio, la materia, il materiale umano, deve trovarsi nell’Est dell’Europa.

Le Scuole dei Rosacroce hanno sempre insegnato che l’Europa Centrale e quella dell’Ovest sono le avanguardie di quanto si svilupperà nell’Europa dell’Est, ciò che risulterà dalla fecondazione fra la natura del popolo e il sapere europeo. In Tolstoï, tutto è fecondato dalla cultura del­l’Europa occidentale, ma in modo diverso da altri prima di lui. Enuncia in modo semplice ma potente ciò che né Kant né Spencer avrebbero potuto dire. Quello che appare troppo maturo, si presenta in lui in modo certamente ancora imperfetto. Ma accade sempre cosí con quello che è ancora in germe. La nuova pianta, quella dell’avve­nire, non deriva dalla pianta finemente cesellata, ma dal germe.

In qualsiasi modo si viva, si può guardare al­l’avvenire con una profonda soddisfazione. Per­ché, come il cristallo si forma nella soluzione al­calina solo quando que­sta è stata ben mescolata, qualcosa potrà svi­lupparsi solo per il fatto che ci saranno dei grandi sconvolgimenti.

 

 

 Rudolf Steiner 


Dalle annotazioni di uditori presenti alla conferenza di Rudolf Steiner.

Berlino, 5 novembre 1905 ‒ O.O. N° 93a. Traduzione di Angiola Lagarde.




Allegato I

 

TABELLA SCHEMATICA DELLE TAPPE DELL’EVOLUZIONE DEL MONDO

 

Rudolf Steiner poteva supporre che i suoi uditori le conoscessero e, di conseguenza, ne fa allusione nelle diverse conferenze di questo corso e ne tratta parzialmente:

 

7 stati di coscienza (pianeti):

 

1. coscienza di trance, coscienza universale                             Saturno

2. coscienza di sonno profondo, coscienza senza sogni              Sole

3. coscienza di sogno, coscienza immaginativa                         Luna

4. coscienza di veglia o oggettiva                                              Terra

5. coscienza animica, coscienza immaginativa cosciente           Giove

6. coscienza super-animica, coscienza di sogno cosciente         Venere

7. coscienza spirituale, coscienza universale cosciente             Vulcano

 

Ogni stato di coscienza ha 7 stati di vita (ronde, regni):

 

1. primo regno elementare

2. secondo regno elementare

3. terzo regno elementare

4. regno minerale

5. regno vegetale

6. regno animale

7. regno umano

 

Ogni regno di vita ha 7 stati di forma (globi):

 

1. arūpa

2. rūpa

3. astrale

4. fisico

5. plastico

6. intellettuale

7. archetipale

 

Ogni stato di forma passa, a sua volta, per 7 x 7 stati. Per esempio, il nostro attuale stato (il Quarto stato di forma del regno minerale nell’ambito del Quarto pianeta, la Terra) passa in quelle che sono chiamate le 7 razze-madri o ère principali. Ogni razza radicale passa a sua volta per 7 sottorazze, per esempio, le epoche di civiltà della nostra Quinta razza radicale attuale.

 

Dopo ogni «regno» ha luogo un piccolo Pralaya (stato di sogno) e dopo ogni “stato di coscienza” un grande Pralaya.




Allegato II

 

Secondo delle note di un ciclo di conferenze sull’“evoluzione planetaria” fatto a Berlino in ottobre/novembre 1904 – dunque prima del presente ciclo – Rudolf Steiner fece il seguente schema accompagnato dalla spiegazione che segue

Schema evoluzione

 

L’essere umano passa dunque per la seguente evoluzione:

 

Primo pianeta

Poi, per il II, III, IV, V, VI, VII pianeta, con i relativi stati di coscienza, i regni (o ronde) si ripetono come nel primo pianeta.

Il 25° stadio è sempre il piú profondo, il piú denso, lo stadio centrale. Siamo attualmente sul IV pianeta alla 25a tappa, dunque allo stato piú denso. La piú grande perfezione dell’evoluzione umana sarà raggiunta sul VII pianeta, nel VII regno (quello umano) e nella VII forma, quella archetipale. L’uomo sarà allora veramente simile a Dio e avrà una coscienza universale, spirituale.

 


Berlino, 29 ottobre 1904, Beiträge zur Rudolf Steiner Gesamtausgabe – N° 69/70.