Scuole di sci, di danza, di scrittura,
corsi di canto e di gastronomia,
palestre in cui imparare il taekwondo,
praticare la boxe e il karatè.
Non si è salvato nulla che sfuggisse
alla necessità di frequentare
istruttori, maestri, masterchef
e tutor, sparring partner, consigliori
che inculcassero, a chi ne difettava,
le regole e i segreti del mestiere,
che fosse un’arte creativa o un semplice
esercizio sportivo, un trafficare
con pialla, sega, trapano e martello.
Insomma, quel daffare per cui torna
necessario il righello e la misura,
il calcolo, la formula e il teorema
per innalzare cupole e palazzi,
gettare ponti, scrivere un poema,
scolpire marmi, stendere colori
ed operare con sensori e pixel.
Era rimasto solo il cogitare,
che a sentire Cartesio è il vero modo
per ritenersi uomini e campare
in ossequio a natura e libertà
per credere, sentire e corrispondere
coi simili a imbastire civiltà.
È l’estro innato di congetturare
non per codici, libri e vademecum,
algoritmi, morfemi e paradigmi,
ma per l’abilità di sceverare
dal male il bene, il bello dall’orrore,
grazie a un criterio naturale che
è uguale in ogni specie dell’umano.
Capacità da esercitare in proprio
senza che interferisca chicchessia.
E invece no, non è cosí. Lo dicono
senza riserve i teacher della Scuola
di Economia Politica di Londra.
In quella prestigiosa Facoltà,
canalizzando alcune piattaforme
mediatiche, s’insegna come usare
il cervello per spremerne il pensiero
secondo quanto pensano gli esperti,
anche loro soggetti alla struttura
didattica. Sarà la dittatura
estrema e folle dell’umanità.
Ma come conseguenza prevedibile,
realizzerà, quell’alto Magistero,
non il pensiero libero dai sensi
ma i sensi liberati dal pensiero.
Si salveranno forse i trafficanti
clandestini di eterico mistero,
svincolando la mente dal concetto
astratto, sublimando l’intelletto.
Il cronista