Ho vissuto da ottobre mesi dedicati alla elaborazione di nuovi sentimenti di riconciliazione con mia madre scomparsa, e ogni giorno le ho dedicato pensieri di perdono e di affetto. Nessuna nostalgia e nessun rimpianto occupavano il mio cuore, ma soltanto l’augurio che trovasse una sua pace finalmente… Venerdí scorso mi è capitata una cosa che mi ha colpita moltissimo. Una nuova paziente di 65 anni è venuta da me e forse, sí, aveva qualche tratto dei lineamenti che poteva ricordare il viso di mia madre, ma questo mi è sembrato visibile solo dopo diversi minuti dall’inizio della seduta. Poi all’improvviso, dopo circa un quarto d’ora, il suo volto si è trasformato esattamente in quello di mia madre, ed essa era davanti a me in carne ed ossa. Esattamente lei… Ho distolto lo sguardo, pensando ad una suggestione, e l’ho nuovamente guardata cercando di scacciare quella che credevo essere appunto una trasposizione di fantasia. Ma immediatamente il suo volto si è di nuovo stabilmente trasformato in quello di mia madre. Non mi sono deconcentrata dal ragionamento che facevo con la signora, e la sua storia intanto (ma già il fenomeno era avvenuto) si mostrava identica a quella di mia madre… Una donna schiava della bellezza, una figlia che la ama e la odia per i maltrattamenti subiti, un padre suicida… Nel frattempo io distolgo lo sguardo altre volte, ero come su due binari paralleli, e vedevo davanti a me mia madre senza alcun dubbio, in carne ed ossa, ogni volta che ripoggiavo lo sguardo sul viso di quella paziente. Inoltre per due volte ha pronunciato frasi con la voce di mia madre e non con la sua. Le frasi erano: «È troppo tardi» e: «Non voglio essere aiutata». Ho chiesto alla signora se fosse credente e mi ha risposto: «Moltissimo», la quale cosa mi ha consentito di avviare un discorso sul significato piú profondo di quanto le stesse accadendo e sulla potenzialità trasformativa che il male che sta vivendo racchiude e le offre. Ha pianto molto e ha osservato quanto la maschera di leggiadra bellezza le avesse rubato l’anima. Eravamo in contatto. Ero lucida, ma nel frattempo accadeva che io vedessi il suo viso trasformato, e mia madre mi guardava con lo stesso sguardo colmo di disprezzo e disperazione che innumerevoli volte avevo incontrato. Ad un certo punto ho accettato che fosse proprio lei davanti a me, e ho smesso di concentrarmi sul “recupero” del viso della mia paziente… Ho dunque guardato, senza piú oppormi, mia madre, e ho pensato come se le parlassi: «Ti vedo, bene… Sei qui davanti a me», e senza alcuna paura ho accettato questa strana e inattesa visita. Devo aggiungere che nel pomeriggio un pensiero, da me giudicato strano e altrettanto inatteso, aveva attraversato la mia mente per un attimo. Avevo pensato: “potrei anche vedere mia madre… o sentirla”. Preciso che come orfana di padre ho sempre sentito la sua presenza vicino a me, ma mai ho fatto pensieri che riguardassero il “vedere” verso di lui, e tantomeno verso mia madre, della quale non provo nemmeno la nostalgia, che invece di lui mi riempie spesso il cuore. Ecco, questo è tutto. Confesso che dopo un’ora trascorsa cosí, ero davvero impressionata. Nei giorni successivi, ormai dieci, ho rivolto a lei piú spesso e piú volte al giorno pensieri di speranza e preghiere. Ho pensato che ne abbia bisogno, e di certo è sincero il mio rivolgerglieli. Il mio stato psicologico è sereno e la mia vita scorre nella dedizione ai pazienti e allo studio, nonché alla pratica continua degli esercizi che amo sempre piú. Mi domando però come interpretare questa visita che so non essere una suggestione e come assumermene la responsabilità.
L. M.
Molto particolare e di grande interesse questo incontro “per interposta persona”. Una madre che torna, tramite una paziente, per sanare un problema pregresso evidentemente nel Kamaloca difficile per lei da superare. Gli esercizi eseguiti con regolarità hanno permesso un simile evento, e bisogna essere grati al Mondo spirituale di poter fare un’esperienza di una tale portata. Giusto l’atteggiamento di non resistere alla sovrapposizione, ma considerare come reale l’affacciarsi di quella immagine e di quella voce. Da professionista, occorre dire le parole giuste e soprattutto ascoltare con amorevole attenzione la paziente. In questo caso, però, oltre all’aspetto terapeutico è necessario un lavoro personale da fare, che non si ferma all’incontro, ma prosegue nella revisione del vissuto: per operare quella liberazione che non si era potuta attuare in precedenza. La frase pronunciata dall’insolita paziente: «È troppo tardi», non deve certo essere presa in considerazione: il tempo per rimediare c’è sempre, se non in un’epoca, in quella seguente; se non in una vita, nella successiva. Meglio però subito, senza indugio, quando la richiesta viene, magari per interposta persona.
Seguo da anni l’Antroposofia, leggo, studio e faccio anche gli esercizi con una certa regolarità, soprattutto la concentrazione, ma non sono ancora riuscita, forse a causa della vita lavorativa che faccio, molto attiva e dinamica, a risolvere il problema delle tensioni, che sono per me un fattore molto negativo sia nella vita quotidiana che in campo lavorativo. Come risolvere il problema?
Annalaura M.
Possiamo dire che la tensione è una contraddizione che nasce tra la coscienza e il corpo. Noi sappiamo che il corpo fisico è formato dalle forze eteriche, dall’astrale e dall’Io. Le forze eteriche lo penetrano a un determinato grado, intervengono e lo sollevano a una natura piú alta di quella animale. Il processo prosegue quando interviene l’Io, che modifica tutto, dal fisico all’eterico, all’astrale, perché tutto possa esprimere l’Io. Si tratta di un processo creativo, vitale, di edificazione. L’Io vive nel Mondo spirituale, ma si affaccia al mondo fisico attraverso la presa di coscienza. La coscienza è un’attività dell’Io che vuole conoscere ciò che fa. E per saperlo deve entrare con un atto cosciente nell’astrale, e da questo poi nell’eterico e giungere fino al fisico. Questo processo del fisico si svolge mediante la sua penetrazione nell’eterico e nell’astrale. L’accordo però cessa quando l’Io entra nel fisico, dove nasce la coscienza, e poi l’autocoscienza. Quando l’Io arriva al fisico, questo deve essere preparato, per far sí che divenga adatto a farvi abitare l’Io, che è del Mondo spirituale, quindi è un organismo superiore. La mancanza di questo accordo era necessario per far giungere l’uomo a una coscienza autonoma. Ci insegna Rudolf Steiner che la coscienza si realizza a condizione che vengano distrutte delle forze di vita. In passato questa distruzione aveva una compensazione, perché l’uomo non era entrato ancora completamente nel fisico Fino a tutto il diciannovesimo secolo, gli uomini avevano ancora una forma compenetrata dallo spirituale. Il vero abbandono dell’uomo da parte del Mondo spirituale è avvenuto solo alla fine di quel secolo. Alla distruzione delle forze di vita operato dall’Io, l’uomo in passato poteva reagire con processi ricostruttivi, ma dall’inizio del secolo ventesimo è necessario ritrovare in maniera volitiva e cosciente la possibilità di uscire dal contrasto tra coscienza e corporeità. Dobbiamo ricongiungerci con le forze creatrici dell’Io, superando quelle distruttrici, ritrovando una capacità di formazione della corporeità secondo l’Io. Noi ci troviamo all’inizio di un’epoca di trasformazione degli individui e dei popoli. Nostro compito è cominciare a trasformare la natura umana per poter in futuro mutare il male in bene. La nostra epoca conosce il massimo dell’egoismo. Da questo nasce la tensione nervosa, che ci contrappone gli uni agli altri. Il nostro pensiero è in continua lotta per trovare l’equilibrio dell’anima. Devono essere riequilibrate fra loro le forze del pensare, del sentire e del volere. Lo squilibrio della coscienza dipende da un guasto tra il pensare, il sentire e il volere. Per riequilibrare la coscienza è necessario passare attraverso una azione del pensare. Questo è ciò che ci fa capire qual è la via per il superamento delle tensioni. Ogni tipo di tensione avviene quando il pensare, non essendo libero, è afferrato dal fisico. Un discepolo della Scienza dello Spirito che lavora per liberare il pensiero, magari effettuando “con una certa regolarità” gli esercizi, può avvertire una difficoltà nel tentare di riequilibrare le tre forze – del pensare, del sentire e del volere – rispetto a chi si tuffa nell’agire senza porsi il problema, aiutandosi a volte, o spesso, come si dice molti facciano, alternando stimolanti a tranquillanti. Non c’è persona che segue la disciplina interiore che non conosca una lotta per dominare gli eccessi di una zona sull’altra e riportarne il rapporto alla giusta misura. Attraverso tutti gli esercizi, e in particolare quello della concentrazione, lavoriamo ad ottenere la forza di dominare le tensioni, pur continuando una normale vita lavorativa. Parliamo però di una “normalità” che è sempre da ricercare, perché se diamo eccessiva importanza all’esteriorità, alla carriera, all’affermazione personale, rischiamo di non trovare il tempo necessario per il lavoro interiore. E allora il fattore negativo delle tensioni non si riverbererà solo nel nostro quotidiano e nel campo lavorativo, ma impedirà il corretto e sano sviluppo del nostro astrale, che inciderà a sua volta negativamente sull’eterico, che non permetterà al fisico di essere il tempio in cui il nostro Io superiore dovrà venire ad abitare.