Negli anni Sessanta,
quando la canicola estiva opprimeva Roma, Massimo emigrava a Isola Farnese,
nella frescura della campagna. Nel borgo rurale, austero e raccolto, sovrastante
le rovine di Veio, la sorella Adelina e suo marito, lo scrittore esoterista
Paolo M. Virio, lo ospitavano alla “Torre”, una originale casa rotonda
ricavata nei bastioni del maniero medievale che costituiva un tempo il
nucleo originale del paese.
Il “mastio”, che
era servito a difendere per secoli i beni terreni della casata nobiliare
padrona del feudo, ora difendeva i valori dello Spirito attraverso l’opera
del Maestro.
Questi interrompeva
le sue meditazioni e l’intenso
lavoro di stesura dei libri, solo
per i pasti frugali preparatigli da Angelino, il gestore della locanda
poco distante dalla casa, per le visite frequenti ma discrete di un passero
che aveva il nido proprio sotto la gronda del torrione e per le lunghe
passeggiate nel regno degli Etruschi.
Lasciato il Borgo,
Massimo raggiungeva il torrente Cremera a monte della cascata, seguiva
il serpeggiare dell’acqua
tra boschi, radure e campi, fino ai Bagni della Regina. Qui sostava, lasciando
che il magnetismo dei luoghi che avevano ospitato il grande popolo cui
la gloria di Roma tanto doveva, emanando ancora possente dalla natura incontaminata
e dalla solennità dei ruderi, lo permeasse nel profondo.
|
|