La
nota rivista palermitana «Vie della Tradizione», che lo aveva
avuto come prestigioso collaboratore sotto lo pseudonimo Antonio Massimo,
ebbe a ricordare Massimo Scaligero con brevi ma significative righe in
cui, tra l’altro, si diceva: “La sua dipartita alle prime luci dell’alba
ci pare un segno ed un simbolo secondo quanto ci insegnano certe Tradizioni
sulla morte che avviene in una determinata ora del giorno”. La redazione
voleva cosí evidenziare che non era mancato semplicemente un Uomo
d’impareggiabile umanità, bensí che un Iniziato - per dirla
con Pio Filippani Ronconi - “penetrava cosciente in quel mistero che già
piú volte aveva indicato come l’unica realtà, con cui ha
a che fare l’operatore dello spirito”.
Accade, invece, frequentemente
di incappare in termini come “Iniziato” o “Maestro” elargiti con grande
generosità o, comunque, non nello stretto senso tecnico dell’esoterismo.
Vengono generalmente usati per indicare qualcuno ben avviato a una qualche
disciplina o un esperto in grado di insegnare e trasmettere ciò
a cui è introdotto. E in effetti ciò sarebbe anche il caso
dell’esoterismo, non fosse che la conoscenza del mondo spirituale non è
paragonabile a quella che si può acquisire in relazione a dottrine
riguardanti il mondo ordinario.
Ci si dimentica, infatti, che
mentre la percezione del mondo ordinario è cosa data, quella del
mondo spirituale è da conseguirsi. Per cui definire frettolosamente
“Iniziato” o “Maestro” chi è erudito di esoterismo è un errore.
Vi è differenza tra la
conoscenza astratta, l’apprendimento di una sintesi altrui che implica
scarsa o nulla partecipazione del nostro essere, e la conoscenza cui si
giunge tramite l’attraversamento di un processo.
Per chi ricerca lo spirituale
e non l’erudizione spiritualistica o simbolistica, la conoscenza non può
essere semplicemente quella fornita dal pensiero ordinario, che pensa tutto
e non possiede nulla: non può essere una ricetta appresa da applicare
secondo automatismo o un atteggiamento esteriore da indossare come un vestito
o uno schema mentale da appiccicare ai vari aspetti della realtà,
bensí quella trasformazione di sé che si attua mediante le
tecniche che Massimo Scaligero non si è mai stancato di indicare
e sottolineare.
Vi sono anche coloro che credono
di essere spirituali perseguendo una via al miglioramento di se stessi:
ma con l’arricchimento della propria anima, non si esce dall’anima. Non
si esce dal pensiero ordinario pensando Dio piuttosto che una mosca: la
qualità del pensiero è la medesima.
Bisogna trascendere il pensiero
ordinario: tutto deve diventare occasione di trasformazione di sé
grazie alla sagacia di usare (possedere) tutto, senza esaurirsi in nulla.
Ma nulla è possibile senza
quella operazione chiave che è la concentrazione, richiamata dallo
Scaligero in ogni suo libro, forse in ogni suo scritto. Concentrazione
che poi da esercizio diviene canone, modus operandi da estendersi
nell’affrontare le diverse forme della vita.
Anche per esser stato inesauribile
indicatore di questa direzione, nel caso di Massimo Scaligero possiamo
legittimamente parlare di un “Iniziato” e di un “Maestro”.
Massimo Scaligero a quarant’anni
Il Maestro durante le sue passeggiate nella
campagna intorno a Veio
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